L’antica Tarquinia svela nuovi tesori:
lo scavo Unimc riporta alla luce
parte di un isolato urbano

ARCHEOLOGIA - Il progetto internazionale guidato dalla docente Giulia Baratta racconta la vitalità della città in epoca imperiale. Scoperti un incrocio caratterizzato da uno slargo, edifici pubblici e privati con pavimentazioni ben conservate e suggestive pitture parietali

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Si è conclusa la campagna di scavo 2025 alla Civita di Tarquinia, condotta dall’Università di Macerata sotto la direzione della professoressa Giulia Baratta. L’intervento, avviato nel 2024, fa parte di un progetto internazionale che coinvolge anche l’Universitat Jaume I di Castellón de la Plana e l’Università di Verona, rappresentate rispettivamente dai professori Josep Benedito Nuez e Attilio Mastrocinque. I lavori si svolgono su concessione del Mic e sotto la tutela della Sabaè per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, con il sostegno del Comune di Tarquinia e del sindaco Francesco Sposetti.

Il Tarquinia Archaeological Team concentra le proprie ricerche sulla fase romana dell’antica Tarquinia, un vasto insediamento di circa 160 ettari. Le indagini hanno interessato un’area vicina all’Ara della Regina, il grande tempio che domina il pianoro della Civita, che costituisce il centro della città e si caratterizza per la presenza di importanti strutture pubbliche.

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La campagna di quest’anno è stata particolarmente ricca di risultati: gli archeologi hanno riportato alla luce parte di un isolato urbano, un incrocio caratterizzato da uno slargo, edifici pubblici e privati con pavimentazioni ben conservate e bellissime pitture parietali. Inoltre si sono scoperti elementi architettonici tra cui colonne e un capitello, riconducibili a importanti edifici civili e sacri, forse collegati alla stessa Ara della Regina, e un piedistallo di statua. I reperti più importanti sono stati messi in sicurezza grazie all’ausilio della Protezione Civile di Tarquinia.

I numerosi reperti rinvenuti testimoniano la vitalità economica e culturale della città romana, con intensi contatti commerciali anche marittimi attraverso il vicino porto di Gravisca. Le scoperte confermano come, dopo la fase etrusca, Tarquinia si sia trasformata in una fiorente città romana, capace di adattare il proprio impianto urbano ai nuovi stili di vita e alle esigenze di una società in costante mutamento. I dati raccolti trovano riscontro nelle indagini geomagnetiche condotte negli ultimi anni dall’Università di Verona, che hanno rivelato una città estesa e complessa dal punto di vista urbanistico.

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Gli scavi riprenderanno nel 2026, ancora una volta con la partecipazione attiva degli studenti dei tre Atenei e di altre Università, dei volontari di Archeotuscia e dei ragazzi dell’istituto Cardarelli con l’obiettivo di approfondire la conoscenza di Tarquinia romana e restituire il giusto valore a una fase storica finora poco esplorata e decisamente meno conosciuta rispetto al suo celebre passato etrusco.

 



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