Giulia Ranzuglia batte la Death valley.
Maratona epica a 50 gradi:
traguardo tagliato dopo 39 ore

IMPRESA - L'atleta di Treia completa in California i 217 chilometri della corsa più estrema del pianeta, tra asfalto rovente e salite infernali. Gli organizzatori: «Che debutto incredibile»

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Giulia Ranzuglia nella Death valley

di Leonardo Giorgi

L’oro non disseta. Eppure sono stati avvertiti: non fate i furbi, non passate da quella parte per arrivare in California. Ma la corsa all’oro, nel 1849, premia anche e soprattutto chi fa un passo in più degli altri, anche a costo di risultare folle. Meglio folli che poveri, pensano. E in effetti, in quella vallata a diverse decine di metri sotto il livello del mare, quel gruppo di pionieri lo trova per davvero l’oro. Ma oltre a quello? Nulla, se non una temperatura che oscilla sui 50 gradi. Nulla, se non la morte. Uno dei sopravvissuti alla traversata, superata la valle, non può far altro che guardarsi indietro e dire le parole che daranno per sempre il nome a quel posto così maledetto che per secoli un nome non ce l’ha mai avuto: “Addio per sempre, Death valley”.

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Giulia Ranzuglia al traguardo

Chissà se l’avrà pensato anche Giulia Ranzuglia, 47enne di Treia, dopo aver tagliato il traguardo della Badwater 135, l’ultramaratona più dura del mondo, che si corre proprio tra le temperature estreme della valle della morte, in California. Ci ha impiegato 39 ore, 15 minuti e 14 secondi la maratoneta a superare la Death valley, attraverso un percorso di 135 miglia (circa 217 chilometri), partendo dal bacino di Badwater, a 85 metri sotto il livello del mare, per arrivare al portale del monte Whitney, a 2.530 metri di altitudine. Un dislivello complessivo che supera i 3.960 metri in salita e oltre 1.400 in discesa, attraverso scenari infuocati, desertici, e passi di montagna che mettono a dura prova ogni singolo muscolo e ogni volontà.

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Il team di Giulia Ranzuglia (la seconda da sinistra)

Durante la corsa, gli atleti devono affrontare lunghi tratti d’asfalto infuocato (la temperatura può arrivare a 55 gradi) che si estendono infiniti verso l’orizzonte, alternati a salite interminabili. Il percorso tocca luoghi simbolici come Furnace Creek, il passo di Townes, il passo di Panamint, Lone pine e il lago di Owen, prima dell’ultima, estenuante ascesa verso Whitney portal.

Giulia Ranzuglia, sola con i suoi pensieri e un’inenarrabile fatica per 39 ore, una volta arrivata alla fine della corsa è stata accolta dall’abbraccio dei componenti del suo team, consapevoli di aver assistito al culmine di un’impresa epica, sotto tutti i punti di vista. Così impressionante da aver colpito anche gli organizzatori: «Che debutto incredibile», hanno commentato – in inglese – sulla pagina Facebook della gara, accompagnando i complimenti al video dell’arrivo e dando appuntamento al 27 luglio 2026 per la prossima edizione. In tanti ogni anno tornano nella Death valley, anche solo per il gusto di dire un’altra volta addio.

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