di Gabriele Censi
L’Ai, intelligenza artificiale, è il tema più caldo di questi tempi e lo è anche per l’informazione e per i giornalisti, che hanno accolto con grande partecipazione la proposta di Unicam di un corso di comunicazione scientifica a loro dedicato: “Media e scienza. Informazione, comunicazione e innovazione: dal taccuino all’intelligenza artificiale”.
La terza delle quattro giornate di full-immersion, in calendario oggi, è stata dedicata alle nuove frontiere aperte della tecnologica che sta cambiando il mondo, con opportunità e criticità. Relatori di alto livello invitati dal direttore del corso, Claudio Pettinari, in sinergia con l’Ordine dei giornalisti (presente il presidente regionale Franco Elisei) hanno stimolato la riflessione su etica, impatti sociali e giuridici dell’Ai.
Tra questi Paolo Benanti, frate francescano, teologo e docente della Pontificia Università Gregoriana che lo scorso dicembre ha inaugurato il 689mo anno accademico Unicam ricevendo il dottorato honoris causa in “Computer Science and Mathematics”.
«Stiamo vivendo un cambio d’epoca e abbiamo bisogno di qualcuno che sappia controllare la macchina, che sia in grado di giudicare se ciò fa l’Ai sia giusto o meno – sintetizza padre Benanti ripercorrendo le ere dello sviluppo tecnologico dal passaggio dai cavalli alle automobili fino a Chat Gpt -. Come ogni cambiamento ci sono delle possibilità e le possibilità non è detto che vengano colte da tutti nella stessa maniera.
Da sinistra: Claudio Pettinari, Paolo Ortolani e Franco Elisei
Quando ci siamo resi conto che il petrolio poteva aiutare nella produzione di energie, chi se ne è reso conto prima ha avuto il controllo del petrolio ed ha avuto una posizione di vantaggio economico e geopolitico. Siamo nella stessa condizione, il digitale e l’intelligenza artificiale consentono senz’altro una serie di vantaggi da un punto di vista economico e geopolitico bisogna mediare questa serie di vantaggi anche per una questione di giustizia sociale, di possibilità di coesistenza pacifica nello scenario attuale».
Lo ha prededuto il filosofo Paolo Ercolani, docente all’università di Urbino, che ha affrontato in particolare le criticità del nuovo strumento in mano a poche multinazionali private: «Nei nativi digitali si riscontra per la prima volta nella storia un’inversione di tendenza nella crescita della media del quoziente intellettivo, l’inizio del declino cognitivo nel XXI secolo coincide con il graduale affermarsi di internet». Gli aspetti giuridici sono stati trattati da Gabriele Mazzini, Team Leader – Artificial Intelligence Act della Commissione Europea.
Sollecitato sull’impatto nel lavoro del giornalista il presidente dell’ordine Franco Elisei: «Dovremmo essere coloro che verificano la qualità della notizia, diciamo che dovremmo essere coloro che mettono un cosiddetto bollino blu sulle notizie, che devono diventare certificate, quindi a maggior ragione il ruolo del giornalista diventa assolutamente importante in un momento in cui nei social e anche con l’intelligenza artificiale si rischia che le fake news possano moltiplicarsi, addirittura con il fenomeno della deepfake che quindi è anche molto più preoccupante. Se vogliamo intendere l’intelligenza artificiale come uno strumento in mano al giornalista, direi che è essenzialmente utile. Se vogliamo invece preoccuparci come un possibile sostituto, la cosa diventa differente, anche perché oggi sappiamo che l’intelligenza artificiale è già consolidata nell’ambito di alcune testate giornalistiche e addirittura c’è stato anche un telegiornale creato interamente dall’intelligenza artificiale, una testata nazionale fa un inserto creato interamente con l’intelligenza artificiale. Il problema però che si solleva è un altro, cioè il problema del diritto d’autore e della privacy e su chi si assume la responsabilità, soprattutto se c’è una testata completamente realizzata dall’intelligenza artificiale. L’informazione scientifica oggi ha una grande importanza perché ha un grande impatto anche nell’opinione pubblica, ma io direi che questa è solamente una prima tappa, diciamo, perché poi abbiamo intenzione di continuare con l’università specializzandoci come giornalisti anche in settori ben specifici e quindi aumentare la qualità della nostra professione».
Il direttore del corso Claudio Pettinari esprime soddisfazione per la grande partecipazione: «Soddisfazione anche per la qualità delle lezioni che sono state erogate da persone veramente competenti nel loro settore, che ne possono parlare con grande consapevolezza, che sanno esattamente di che cosa stanno parlando. Questo è qualcosa che si sta perdendo in un momento in cui le fake news ci sommergono e diventiamo tutti quanti esperti e tuttologi. Ringrazio l’Ordine dei giornalisti perché per noi è stata una grande opportunità, una grande crescita per il nostro ateneo, quella di poter mostrare che la nostra scienza può essere diffusa nella maniera corretta e c’è tanto bisogno di scienza».
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