Una nuova cura per l’osteosarcoma:
1,5 milioni per la ricerca targata Unicam

CAMERINO - Roberta Censi, docente della Scuola del farmaco e prodotti della salute, ha ricevuto il finanziamento ministeriale per portare avanti il suo progetto di ricerca su questo tumore osseo molto aggressivo: «Molto soddisfatta, ma anche orgogliosa di aver investito tutta la mia carriera in ateneo»

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Roberta Censi

Fornire nuove nanoformulazioni per la veicolazione di farmaci biotech, che hanno lo scopo di riprogrammare il microambiente tumorale dell’osteosarcoma, rendendolo oncosoppressivo: è questo l’obiettivo del progetto “OsteoTher” (Local nanoparticle-mediated drug delivery for effective osteosarcoma- targeted therapy), coordinato da Roberta Censi, docente della Scuola del farmaco e prodotti della salute, che ha ottenuto un finanziamento di 1,5 milioni di euro nell’ambito del bando “Fondo Italiano per la Scienza II, Schema Consolidator”, promosso dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

Il progetto, della durata di tre anni, è l’unico finanziato su scala nazionale nel settore Erc Pe5 ed è stato valutato con punteggio massimo consentito di 50 su 50. Il risultato è ancora più entusiasmante se si considera che il success rate su questa tipologia di schema è stato di circa il 4%. Il finanziamento è un “personal grant”, ovvero un premio attribuito alla singola ricercatrice per consolidare le proprie tematiche di ricerca e il proprio gruppo scientifico: Roberta Censi ha scelto Unicam come sua “host institution”, pertanto l’ateneo sarà unico beneficiario del  finanziamento. Collaboreranno con Censi anche altri ricercatori e ricercatrici Unicam, in particolare Maria Giovanna Sabbieti, Consuelo Amantini e Dimitrios Agas, della Scuola di bioscienze e medicina veterinaria. «Sono naturalmente molto soddisfatta – ha sottolineato la docente – perché questo risultato premia non soltanto la mia attività di ricerca, ma anche l’ateneo che mi ha permesso di formarmi, prima come studentessa e poi come ricercatrice. Sono infatti molto orgogliosa di aver investito tutta la mia carriera in Unicam: mi sono laureata ad Unicam in Chimica e tecnologia farmaceutiche, ho conseguito il dottorato di ricerca qui e in co-tutela con un’università straniera; dopo aver effettuato un periodo di studio e di ricerca all’estero, sono rientrata ed ho portato in ateneo le competenze acquisite. L’innovatività del progetto sta nel fatto che non si vanno a colpire direttamente le cellule tumorali, come succede per la maggior parte delle terapie attualmente utilizzate, ma si va a modulare, con farmaci a base di acidi nucleici, quello che è il microambiente tumorale, andando a cambiare il fenotipo dei macrofagi da pro-tumorale ad anti-tumorale, aiutando quindi l’organismo a difendere se stesso. Tutto ciò è possibile grazie alla sintesi di nuove nanoparticelle che vengono veicolate in maniera mirata al sito tumorale».

Il modello tumorale prescelto è l’osteosarcoma, un tumore osseo aggressivo che colpisce soprattutto giovani e adolescenti, con poche opzioni di cura efficaci, soprattutto nei casi metastatici. Il progetto OsteoTher propone un’innovativa terapia basata su nanocarrier di mRna, piccole particelle capaci di riprogrammare specifiche cellule del microambiente tumorale (macrofagi) per trasformarle da alleate del cancro a difensori dell’organismo. Questa tecnologia mira a colpire il tumore in modo mirato e potenziato, combinando il rilascio controllato dei farmaci con avanzate tecniche di biostampa 3D. Test su modelli preclinici aiuteranno a verificare l’efficacia della terapia, aprendo la strada a nuove possibilità di trattamento per migliorare la sopravvivenza dei pazienti. «Mi congratulo a nome dell’intera comunità universitaria con Roberta Censi – ha affermato il rettore dell’Università di Camerino Graziano Leoni – per questo importante riconoscimento che conferma l’eccellenza della ricerca scientifica del nostro ateneo e ne conferma la competitività, consentendo anche di incrementarla. Si sottolinea inoltre ancora una volta quanto le attività di ricerca svolte nei nostri laboratori universitari non siano fini a stesse, ma cerchino di apportare il maggior contributo possibile per la risoluzione di problematiche importanti in questo caso relative alla salute pubblica».



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