La squadra di Willy Giannubilo
di Luca Patrassi
Pugliese di San Severo, Willy Giannubilo, 48 anni, dirige dal gennaio 2022 il reparto di Urologia dell’ospedale di Civitanova. Laurea e formazione specialistica alla Politecnica delle Marche, primo incarico a Jesi nel reparto allora guidato dal dottor Vincenzo Ferrara. Da Jesi a Civitanova: «Dopo una lunghissima esperienza di chirurgia laparoscopia a Jesi, sperimentando nel frattempo tutta la tecnologia a disposizione come sistemi di visione 3D/4k, dopo essermi confrontato nel corso di questi anni con i massimi esperti di chirurgia laparoscopica italiani ed esteri, ho accettato l’incarico della direzione di Urologia di Civitanova mettendo a disposizione dell’utenza e dei colleghi l’esperienza acquisita in questo lungo percorso di circa 16 anni».
Willy Giannubilo
Presenti il reparto, struttura organizzativa e risorse umane.
«L’organigramma, oltre al direttore è costituito dai dottori Angelo Marronaro (vice-direttore), Alessia Maria Grazia Costa, Daniele Mazzaferro, Luigi Quaresima e Camilla Capretti. Inoltre collabora con l’equipe la dottoressa Luciana Mariani, in qualità di urologo territoriale. La dottoressa Mariani è presente tutti i svolgendo visite urologiche, ecografie dell’apparato urinario e l’ambulatorio operandi. Alla coordinatrice, dottoressa Silvia Carlocchia sono affidati il coordinamento del corpo infermieristico e l’onerosa organizzazione logistica del reparto, delle attività di ricovero e pre-ricovero. Pur trattandosi di uno staff medico giovane, ho trovato, al mio insediamento, un gruppo capace, coeso, formato ed entusiasta al quale cerco di manifestare quotidianamente la mia gratitudine».
L’attività svolta.
«Si eseguono interventi chirurgici urologici in elezione e in urgenza. La patologia oncologica – ovvero i tumori della prostata, del rene e della vescica – rappresenta la fetta più cospicua e impegnativa dell’attività chirurgica in elezione. L’approccio nella stragrande maggioranza dei casi è mini-invasivo, in particolare laparoscopico. I vantaggi di questo tipo di approccio sono rappresentati dall’accuratezza chirurgica (chirurgia di precisione, ovvero rimuovere il tumore, salvaguardando le funzioni: potenza sessuale, continenza urinaria, funzionalità renale), ridottissime perdite ematiche intra e post-operatorie e notevole riduzione della degenza ospedaliera con significativa riduzione dei cost). Inoltre una più rapida restitutio ad integrum ha anche delle ripercussioni positive sul profilo psicologico del paziente. Molta attenzione viene posta anche alla cura della patologia benigna, come l’ipertrofia prostatica, con tecniche sempre più innovative e mini-invasive: già nelle prossime settimane potrebbe essere a disposizione del reparto un nuovo laser molto potente che, oltre al trattamento dei calcoli, consente di asportare agevolmente anche grossi adenomi della prostata per via endoscopica. La calcolosi urinaria rimane un pesante background dell’attività chirurgica in un’area endemica come la nostra, dovendo essere spesso trattata in regime di urgenza/emergenza se associata, all’esordio, a quadri clinici di sepsi (infezione che coinvolge tutto l’organismo)».
Non solo chirurgia.
«Vengono erogate circa cinquemila prestazioni ambulatoriali l’anno tra consulenze per il Pronto soccorso, cistoscopie, visite urologiche, biopsie prostatiche. Già nel 2023 sono stati riattivati e potenziati due ambulatori ultra-specialistici e multidisciplinari interrotti durante la pandemia: l’ambulatorio di Andrologia con finalità diagnostiche e riabilitative e l’ambulatorio di uro-ginecologia (responsabile dottoressa Alessia Costa) dove si eseguono diagnosi anche con l’ausilio di esami urodinamici, delle principali problematiche femminili come incontinenza urinaria, prolasso degli organi pelvici, cistiti ricorrenti e dolore pelvico cronico e si effettuano moderni protocolli riabilitativi. Un’attività fondamentale è quella svolta dai team multidisciplinari: sono operativi il team uro-oncologico e il team uro-ginecologico. Nuovi sviluppi sono attesi per il team di Andrologia e il servizio di Onco-fertilità».
Quanto lo sviluppo della tecnologia incide nella sua professione?
«Se in ambito medico il progresso tecnologico risulta indispensabile, l’Urologia è una di quelle branche che più di tutte ha ricevuto un enorme input proprio grazie allo sviluppo di nuove tecnologie. Si pensi che fino a non molti anni fa alcuni casi di calcolosi renali complesse, potevano richiedere addirittura una chirurgia a cielo aperto con incisioni della parete addominale molto ampie ed invalidanti. Oggi disponiamo di ogni tipo di tecnologia che, attraverso le vie naturali o semmai praticando un piccolo foro di accesso sulla parete addominale accedendo direttamente alle cavità renali, la nefrolitotrissia percutanea, consentono di trattare con diverse fonti di energia (laser, elettroidrauliche, ultrasuoni) ogni tipo di calcolo, indipendentemente dalla sua durezza e dalle sue dimensioni, con minime degenze.
Con l’avvento della laparoscopia e poi ancora delle piattaforme robotiche, che hanno ulteriormente abbattuto le curve di apprendimento per gli operatori e consentendo di effettuare una chirurgia ancora più precisa, è possibile asportare il solo tumore renale anche se di grosse dimensioni, conservando il rene, il tutto attraverso procedure rapide, senza perdite di sangue significative e con dimissioni precoci (3-5 giorni). Si possono asportare tumori prostatici con buona preservazione della potenza sessuale e della continenza urinaria, attraverso 4 o 5 piccole incisioni sotto l’ombelico. L’avvento dei laser di nuova generazione ha cambiato il management della ipertrofia prostatica benigna, rendendo l’enucleazione laser endoscopica il trattamento di scelta, da preferire ai vecchi interventi di asportazione della prostata per via chirurgica, ovvero attraverso una incisione cutanea dall’ombelico al pube. Ancora si pensi a tutti i sistemi di intelligenza artificiale, sistemi di visori 3D che rendono i trattamenti chirurgici sempre più sicuri ed efficaci».
Le soddisfazioni maggiori?
«Tante sono le soddisfazioni che si possono raggiungere in questo lavoro: prima fra tutte la gratitudine dei pazienti, la creazione di un team affiatato ed efficiente. Così come pure molto soddisfacente è assistere alla crescita dei singoli professionisti e l’autonomia professionale che giorno dopo giorno conquistano».
Gli obiettivi?
«L’obiettivo principale rimane sempre quello di garantire una risposta ottimale alle necessità di salute dell’utenza. Ma attenzione, l’utenza non ha bisogno di un buon servizio sanitario, richiede il miglior servizio possibile. Questo si ottiene sostanzialmente attraverso 3 strumenti: l’integrazione tra unità operative o implementando percorsi di cura già tracciati che pongano il paziente al centro, così come già avviene all’interno dei team multidisciplinari. In secondo luogo, è necessario, all’interno dell’equipe, che ogni dirigente medico abbia una formazione eccellente in un determinato ambito della propria disciplina: non è più accettabile uno specialista che “sappia fare un po’ di tutto”. Deve essere l’equipe a garantire una risposta eccellente al paziente e non il singolo specialista che potrebbe garantire al massimo una buona risposta o, peggio, una risposta mediocre. Questo comporta che noi dirigenti medici partecipiamo costantemente a master, congressi e corsi in sala operatoria. Il terzo aspetto, ma non meno importante, è la comunicazione medico-paziente. Comunicazione intesa come consenso informato, il momento in cui il paziente viene informato, con un linguaggio comprensibile, sul suo reale stato di salute, sulle opzioni terapeutiche, sugli obiettivi che si possono raggiungere. In questo modo si “umanizza” il rapporto medico-paziente, si condivide un percorso e in questo modo il paziente diventa parte attiva nel percorso di cura. Questo potrebbe ridurre la diffidenza del paziente nei confronti della struttura e il contenzioso medico-legale. Un altro obiettivo non più procrastinabile è l’integrazione tra ospedale e territorio: questo crea le premesse per una efficace gestione dei pazienti con patologie croniche e/o dei pazienti fragili, evitando di congestionare gli ospedali, soprattutto i reparti di Urgenza/emergenza come i Pronto soccorso, senza sottrarre risorse di personale e di spazi per i pazienti acuti. Tutti questi obiettivi ovviamente si raggiungono attraverso una attenta pianificazione puntualmente condivisa con la direzione generale che è sempre molto attenta alle esigenze dell’utenza e degli operatori».
Mancano gli specialisti in alcuni ambiti, i giovani vanno all’estero per una serie di motivazioni. Come se ne esce?
«Credo che questo stia cambiando perché la sanità italiana è ricca di eccellenze. I giovani non hanno bisogno di emigrare per trovare maestri eccellenti e disponibili ad insegnare. Anzi le principali società scientifiche di Urologia stanno mettendo a disposizione dei giovani programmi di divulgazione e di diffusione delle conoscenze urologiche e chirurgiche. Inoltre anche il mondo accademico sta cambiando: le Università sono più vicine alle esigenze pratiche degli studenti con programmi di tirocini che coinvolgono sempre di più gli ospedali periferici con la rete formativa, di cui anche il nostro reparto di Urologia fa parte. L’unico motivo per cui un giovane medico potrebbe essere indotto ad emigrare è l’aspetto economico, sicuramente più gratificante all’estero, ma anche questa mi sembra una motivazione debole considerato che la stragrande maggioranza dei giovani medici sceglie ancora questa professione per una grande passione ed empatia».
«Grandi progressi nella cura dell’ictus, e sulle cefalee risultati eccezionali»
Fibrillazione atriale, in due anni eseguite cento procedure col cryopallone
Roberto Procaccini e la “sua” Ortopedia «La nostra eccellenza il capitale umano»
Complimenti a tutta l, equipe del Dottor Giannubilo e buon lavoro a tutti Voi.
Complimenti Dottor Giannubilo
Grazie mille per tutto Dott. Giannubilo
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Spero che la chirurgia laparoscopica, in campo urologico, abbia risalito il Chienti poichè con il vecchio primario non veniva praticata.
E’ meglio avere un buon servizio sanitario che il migliore possibile, infatti nel primo caso si garantisce il ‘risultato’ mentre nel secondo si garantisce solo la ‘prestazione’. Caso mai allora andrebbe detto che un ottimo risultato è migliore di uno solo buono. Infine andrebbero precisati i tempi di attesa.
Manuale della QUALITÀ OSPEDALIERA della Regione Marche:
https://www.comune.macerata.it/wp-content/uploads/2021/03/Manuale-Autorizzazione-Strutture-Ospedaliere-L.R.-21-2016.pdf.
Questo è un importante riferimento.