L’altra faccia della Turandot
svelata agli Aperitivi Culturali

MACERATA - Agli Antichi Forni focus sulla gelida eroina Pucciniana capace però anche di dolcezza. A discuterne il magistrato e scrittore Eduardo Savarese e la giornalista Simonetta Sciandivaschi

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L'appuntamento agli Antichi Fornidi Marco Ribechi

Turandot non solo donna di ghiaccio ma anche capace di dolcezza. Il sesto appuntamento agli Antichi Forni di Macerata con gli Aperitivi Culturali ha avuto come protagonista la gelida eroina pucciniana che però, come la Luna simbolo scelto ad emblema della 60a stagione lirica, possiede due facce antitetiche e non sempre comprese fino in fondo. A discutere con Cinzia Maroni nell’incontro dal titolo “Il disgelo (im)possibile di Turandot” il magistrato e scrittore esperto d’opera Eduardo Savarese e Simonetta Sciandivaschi, responsabile della pagina cultura del quotidiano La Stampa. «Gli enigmi di Turandot, e quello successivo di Calaf – dice Sciandivaschi – mettono sul piatto il tema dell’identità e del suo mantenimento. Turandot infatti è una donna implacabile che rifiuta l’amore. In questo è estremamente attuale poiché racchiude alcune delle rivendicazioni della contemporaneità, ovvero che si può essere libere e indipendenti senza essere madri o mogli. Il fatto che lei poi, almeno nel finale di Alfano, ceda all’amore, può essere letto o come simbolo di libertà ma anche di schiavitù in quanto viene riportata all’interno del normale ordine delle cose comunemente accettato».

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Eduardo Savarese

Un interrogativo che ha sicuramente tenuto sveglio Puccini per molte notti e che potrebbe anche essere alla base dell’incompiutezza, o presunta tale, del melodramma. «Siamo di fronte a un personaggio che può essere ambivalente – aggiunge Savarese – normalmente viene interpretata in maniera tremenda e malvagia ma può anche essere capace di tenerezza oltre la rabbia, come ad esempio emerge dalla straordinaria interpretazione di Maria Callas, che esordì proprio con Turandot». Analizzando il libretto con le letture di Gabriela Lampa e ascoltando le registrazioni della Callas il tentativo è stato proprio quello di disgelare la principessa, come in fin dei conti farà anche Calaf nella messinscena. «C’è la leggenda che chi interpreta troppo Turandot perda la voce – prosegue Savarese – significa che è un personaggio che deve essere compreso e vissuto, altrimenti lo sforzo vocale diviene eccessivo. La Turandot, attraverso il richiamo alla maledizione della sua antenata Lou-Ling, legittima il suo rifiuto del maschile. Ė come se volesse preservare la dolcezza e la serenità dal contatto con gli altri, che hanno apportato sofferenza al mondo femminile».

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Simonetta Sciandivaschi

Una Turandot quindi che da un lato è costretta, per solidarietà femminile, a onorare il ricordo della principessa uccisa dallo straniero e che per questo cerca di essere inarrivabile. Allo stesso tempo però, pur accettando il suo destino, tradisce anche una nota dolente in quanto è consapevole della sua scelta. «Un personaggio fuori dagli schemi del tempo – conclude Savarese – come in parte lo era anche Puccini, spesso criticato in patria. Credo invece che la grande modernità di quest’opera, sia per i contenuti che per l’aspetto musicale, sia forse l’ultimo grande lascito di questo compositore. Oggi vediamo sempre più persone arroccarsi nel castello della loro intimità, in fin dei conti Turandot è questo che desidera rifiutando il contatto con l’esterno». L’appuntamento si è concluso tra gli applausi e con il consueto aperitivo quest’oggi in tema con i contenuti della rappresentazione serale allo Sferisterio. Padrone della cucina infatti il Dumpling Bar di corso della Repubblica che ha offerto sfiziosi assaggi dei suoi insuperabili ravioli cinesi.

Gli aperitivi ritorneranno la prossima settimana ma di giovedì, con l’incontro “Morricone visto da Morau. Effetto notte” che introdurrà lo spettacolo Notte Morricone già andato tutto esaurito da settimane.

 

Fabio-Salvi

I gestori del Dumpling Bar

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