Un momento della Bohème di Leo Muscato
di Marco Ribechi (foto di Luna Simoncini)
Terza prima allo Sferisterio con una pioggia di applausi per la Bohème tutta italiana. Ha letteralmente entusiasmato ed emozionato il pubblico il capolavoro di Giacomo Puccini, ultimo titolo a debuttare al Macerata Opera Festival anch’esso capace di registrare il tutto esaurito.
Rodolfo e Mimì
Il coloratissimo e vivace allestimento firmato Leo Muscato, ancora molto attuale e per nulla invecchiato, continua ad essere acclamato dal pubblico maceratese candidandosi a divenire un potenziale nuovo classico dell’arena così come è avvenuto per la celebratissima Traviata degli Specchi.
La Bohème in questione forse non avrà lo specchio magico, e forse nemmeno un soprannome tanto accattivante ed identitario, ma è già arrivata alla terza felice replica dopo il debutto del 2012, quando Francesco Micheli la propose nel suo primo anno da direttore artistico a Macerata.
Vincitrice del prestigioso premio Abbiati nel 2013 ha anche lanciato la fortunata carriera di Leo Muscato che proprio quest’anno, il 7 dicembre, aprirà la stagione del teatro alla Scala di Milano con La forza del destino di Giuseppe Verdi.
Marcello al Momus
Insomma, una proposta di lunghe vedute che anche nel 60° anno di Festival ha saputo conferire quel tocco in più ad una stagione lirica fin qui molto apprezzata.
La Bohème di Muscato, sotto alcuni punti di vista, con il suo forte dinamismo sia scenico che recitativo, va un po’ a contrapporsi alla solennità e alla staticità degli altri due titoli, entrambi caratterizzati da dei quadri decisamente più stazionari, in particolare per quanto riguarda la Norma della regista Maria Mauti.
La Bohème di Muscato, assente in arena ma sostituito da Alessandra de Angelis che aveva già curato gli allestimenti precedenti, brilla in particolare per il reale clima di scapigliatura e di allegria che riesce a comunicare.
Quello di creare un sentimento di nostalgia attraverso gli scapestrati personaggi sul palco era, fin dal 2012, uno degli obiettivi dell’allestimento ambientato in un ‘68 francese dominato da rivolte giovanili e manifestazioni di protesta. La scelta temporale permette anche di conferire allo spettacolo un caleidoscopio di colori, in accordo con lo spirito della generazione figlia dei fiori.
Una delle divertenti scene canzonatorie
All’interno della soffitta fredda e povera, ma ricca di amicizia e di desiderio di gustare la vita fino all’ultimo goccia, avvengono le vicende dei quattro amici Rodolfo il poeta, Marcello il pittore, Schaunard musicista e Colline filosofo e delle due protagoniste femminili, Mimì e Musetta.
Gli attori scelti per impersonare i protagonisti fanno parte di un cast tutto italiano, voluto in particolare dal direttore artistico Paolo Gavazzeni per valorizzare il paese simbolo del melodramma. Scelta decisamente apprezzata dal pubblico che ha fortemente applaudito tutti i cantanti.
Mimì-Mariangela Sicilia spia Rodolfo che discute con Marcello
Grande attesa soprattutto per Mimì-Mariangela Sicilia capace di incantare i presenti con una prova vocale di alto livello, accompagnata anche da un recitativo estremamente convincente e in grado di esprimere al meglio il tormentato amore giovanile del suo personaggio.
Anche Musetta, impersonata da un’ottima Daniela Cappiello, riesce nella felice operazione di mostrare le due anime del suo personaggio, da un lato civettuola e bersaglio della poco gradita gelosia di Marcello, dall’altro donna dotata di una grande bontà e umanità, come traspare dalla scena della preghiera finale.
Daniela Cappiello nei panni volubili di Musetta
Molto applauditi infine, sia al termine dello spettacolo che durante la rappresentazione, anche Rodolfo-Valerio Borgioni, Marcello-Mario Cassi e Colline-Riccardo Fassi che ha particolarmente brillato nell’ultimo quadro al momento della vendita della vecchia zimarra necessaria per raccogliere soldi a favore della Mimì morente.
Nell’appuntamento mattutino agli Aperitivi culturali, in cui era presente anche il direttore Valerio Galli (leggi l’articolo) si era soprattutto discusso sullo stile conversativo che rappresenta una delle maggiori difficoltà in Puccini, in particolare in un teatro all’aperto come lo Sferisterio.
Uno degli aspetti di modernità del compositore è infatti proprio quello di far cadere la musica sulle parole in una tecnica quasi pre cinematografica. Il direttore Galli nel dettaglio spiegava anche la sensibilità necessaria per creare un insieme coerente di parole, canto e musica, in maniera tale da bilanciare le tre componenti senza che una sovrasti le altre.
La commovente morte di Mimì in ospedale
Nella notte di ieri questa particolare attenzione è stata pienamente soddisfatta. L’animo festaiolo dei protagonisti è trapelato con grande naturalezza mostrando un clima di amicizia giovanile davvero credibile e sincero, accompagnato da momenti di canto carichi di emozioni amplificate anche dalla componente scenica. Ne è un esempio la scena finale in cui Mimì è sul palco distesa su un letto del pronto soccorso, circondata da medici e infermieri.
Un ultimo plauso, meritatissimo, va a tutti i tecnici di scena incaricati di cambiare la scenografia tra i diversi atti.
Se la Bohème appare fresca e movimentata è anche grazie alla loro abilità di trasformare in pochi minuti il palco, che cambia drasticamente per ben quattro volte, evidenziando ancora una volta la professionalità delle maestrie dello Sferisterio.
In conclusione lo spettacolo si sposa perfettamente con gli altri due titoli in programma, conferendo alla stagione lirica un ulteriore elemento di attrattività, nella speranza che presto possano andare esaurite alla biglietteria anche le altre repliche.
Questa notte sarà la volta di Turandot e poi gli occhi andranno al calendario. Il primo agosto infatti andrà in scena la Notte Morricone dedicata al grande compositore, coprodotto con la Fondazione Nazionale della Danza a cui hanno partecipato ben 12 teatri. I biglietti sono ormai introvabili.
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