Da ortopedico a paziente
«Medici e personale troppo spesso
maltrattati da noi “impazienti”»

MACERATA - Stefano Cecconi è caduto un mese fa durante un giro in bici sui Sibillini e ringrazia tutta la catena del soccorso e della cura che ha ritrovato in ospedale. «L’essere passato dall'altra parte mi ha fatto capire molti aspetti che sottovalutavo e spero che questa esperienza mi potrà rendere un medico migliore»

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Il dottor Stefano Cecconi con i colleghi

Dev’essere stata un’esperienza straniante quella di Stefano Cecconi, ortopedico con la passione per il ciclismo. Un mese fa, insieme ad alcuni amici che condividono con lui entrambe le passioni, durante un giro in bici al cospetto dei monti Sibillini, un brutto incidente. «A pochi chilometri dal traguardo, che prevedeva un conviviale e meritato pasto a base di carbonara, purtroppo sono finito a terra – racconta l’ortopedico – l’impatto con l’asfalto, la difficoltà a muovere la spalla e la sensazione di fame d’aria mi hanno fatto subito capire di essere passato “dall’altra parte”, da medico a paziente».

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Il gruppo dei ciclisti con Stefano Cecconi davanti al monumento dedicato a Michele Scarponi a Sassotetto

Da quel momento, quello in cui è a terra dolorante, inizia il percorso di soccorso, cura e recupero all’interno dell’ospedale di Macerata, per il quale Cecconi spende solo parole di elogio. «Ritengo doverosi alcuni ringraziamenti – rimarca Cecconi – per primi vorrei ringraziare gli infermieri del blocco operatorio Carucci e Tirabasso. che erano con me nel giro in bici e senza il loro aiuto nell’attivare i soccorsi e nel farmi compagnia i giorni successivi del ricovero sarebbe stato tutto molto più difficile. Poi i soccorritori del 118 Carlos ed Olga che mi hanno confermato l’importanza di ciascuna maglia della catena del soccorso. Tutto il personale, medico, infermieristico, sociosanitario, tecnico ed ausiliario, del pronto soccorso dell’ospedale di Macerata che con la loro competenza e gentilezza sono il più bel biglietto da visita di un ospedale, troppo spesso maltrattati da noi “impazienti”. Il personale del blocco operatorio e gli anestesisti Nespeca e Donzelli, quest’ultima che si è trattenuta oltre il suo orario di servizio perché la professionalità e le capacità in ambito sanitario superano spesso l’importanza del cartellino. Tutto il reparto di chirurgia che mi ha accolto i primi giorni di ricovero ed in particolare i dottori Speranza, Tranà e Cardinali, per essersi presi cura del mio torace e che non mi hanno mai fatto sentire un appoggio (termine sanitario molto efficace ma poco empatico) ma alla stessa stregua dei loro pazienti. Il reparto di ortopedia in tutte le sue figure professionali che mi ha accolto, curato e fatto compagnia. Con enorme piacere, ho avuto la possibilità di rivedere colleghi con cui ho condiviso il percorso durante la specializzazione e sono ben felici di far parte di questa bella realtà. Un ringraziamento particolare al dottor Sogari che era di guardia il giorno del trauma e che si è dovuto pure sobbarcare l’intervento chirurgico la sera stessa».

Le ultime parole il ciclista-ortopedico le lascia al primario del reparto di ortopedia, il dottor Procaccini. «Per me è e rimarrà sempre semplicemente Roberto – sottolinea affettuosamente – molto più di un collega con cui ho avuto il piacere e l’onore di poter lavorare in clinica ortopedica ad Ancona, ma soprattutto un amico. La fortuna e forse anche lo stato di allenamento ha fatto sì che si fosse staccato dalla nostra ruota il giorno del giro in bici non rimanendo coinvolto nella carambola della caduta. Si è fatto immediatamente carico della responsabilità di operare un collega ed amico e non ha mai dubitato un secondo sulla necessità dell’intervento così come gli ho visto fare tante volte durante il periodo di lavoro insieme. L’essere passato dalla parte del paziente mi ha fatto capire molti aspetti che sottovalutavo e spero che questa esperienza mi potrà rendere un medico migliore. Vorrei infine ringraziare tutti i miei colleghi di Senigallia, per la vicinanza che mi hanno mostrato sia durante il periodo di ricovero ma soprattutto durante tutto il periodo di convalescenza necessario per riprendermi».

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