«Ore di lavoro in carcere non pagate»,
detenuto vince la causa col ministero

ANCONA – L’uomo faceva assistenza ad un altro carcerato (invalido al 100%) e ha ottenuto dal tribunale del lavoro di Roma il pagamento di 12mila euro ad integrazione della retribuzione percepita

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Il carcere di Montacuto (Archivio)

Detenuto vince la causa contro il ministero della Giustizia: gli dovranno pagare le ore di lavoro che non gli sarebbero state riconosciute mentre si trovava nel carcere di Montacuto, ad Ancona. A spiegare la situazione è il legale del detenuto, l’avvocato Giorgio Marchetti del foro di Macerata.

Il suo assistito per 16 mesi, tra il 2021 e il 2022, ha assistito un altro detenuto, disabile al 100%. Gli faceva da assistente, aiutandolo ad alzarsi dal letto, a lavarsi, a cucinare, mangiare e per questo lavoro da badante gli «venivano retribuite 3 ore di lavoro al giorno, ma il servizio si protraeva oltre questo orario, sovente anche la notte» spiega il legale. Da qui la richiesta di una paga che gli riconoscesse anche le ore in più che diceva di aver svolto. «Nonostante le rimostranze per l’ingiusto trattamento retributivo, l’amministrazione penitenziaria faceva orecchie da mercante» dice il legale a cui il detenuto si è rivolto per ottenere «la giusta retribuzione per le ore effettivamente lavorate».

C’è stata una causa di lavoro al tribunale di Roma, competente per le cause contro il ministero. Il giudice «con una sentenza coraggiosa – dice l’avvocato Marchetti – ha condannato il ministero della Giustizia al pagamento di 12.636 euro ad integrazione della retribuzione per le ore effettivamente lavorate e non pagate oltre alle ferie maturate» dice il legale.
Il giudice nella sentenza scrive: «Va posto in rilievo che il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo, ma va remunerato secondo quanto previsto dalla legge 354 del 1975».

Il legale aggiunge che La riforma dell’ordinamento penitenziario dice che «nelle strutture dove siano eseguite misure privative della libertà devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. Viene fissato il principio per cui il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo, non è obbligatorio ed è remunerato; l’organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale».



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