«Il cratere del sisma 2016
capitale europea della cultura»

L'INTERVENTO di Ugo Bellesi - La proposta l'ha avanzata il fondatore del Censis Giuseppe De Rita durante un seminario a porte aperte a Roma alla presenza dei vertici di molte aziende. Un progetto ambizioso cui bisogna credere, perché la situazione economica non lascia molte speranze

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Ugo Bellesi

di Ugo Bellesi

Si è svolto a Roma un seminario a porte chiuse, in cui si è discusso del futuro del Centro Italia e quindi anche delle Marche. L’iniziativa era finalizzata a far sì che «l’Italia centrale diventi punto di interconnessione tra le potenzialità industriali, manifatturiere, culturali, digitali e turistiche delle varie zone dell’Appennino delle Marche, dell’Umbria, della dorsale adriatica fino all’Abruzzo e includendo ovviamente il Lazio». E questa ovviamente risulterebbe anche una grande chance per lo sviluppo dell’Italia.

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Giuseppe De Rita, fondatore del Censis

A dimostrazione del fatto che si sta facendo sul serio al seminario c’era la partecipazione di Anci, Poste italiane, Coldiretti, Telespazio, Università La Sapienza, Confagricoltura, Ministero della cultura, Europa Finanza, Hamu, Symbola, Cna e varie aziende private. È emersa anche la proposta di candidare l’area terremotata umbro-marchigiana a capitale della cultura europea nel 2033. In prima linea su questo progetto c’è il Censis con il suo fondatore Giuseppe De Rita, il quale ha sottolineato tra l’altro che «l’Italia centrale ha tutte le potenzialità per fare questo salto ragionato e lungimirante che è nell’interesse di tutti». Intervistato dal giornalista Mario Ajello, De Rita ha rivelato che dopo il terremoto del 2016 «ci siamo attivati come Censis, insieme alla fondazione Merloni e ai commissari Legnini e Castelli, per il potenziamento di questa parte importantissima della penisola». Adesso l’impegno si concentra sulla finalità di attivare energie sul cratere e verso una piattaforma comune per l’Italia centrale. Bisogna integrare maggiormente l’Umbria e le Marche per il potenziamento dello sviluppo orizzontale delle infrastrutture. Si potrebbero creare delle “alleanze” tra le università dell’Umbria, delle Marche, dell’Abruzzo e del Lazio. «Cominciamo – ha sottolineato il fondatore del Censis – con una piattaforma di integrazione tra atenei, fra politiche idriche, politiche del legno e del bosco, le politiche imprenditoriali e commerciali e soprattutto del turismo. Alle università romane spetta un ruolo di guida del processo». Il punto di forza dovrebbe essere Orte per i suoi collegamenti con Roma e con Civitavecchia. De Rita non l’ha ricordato ma è da evidenziare che le Marche hanno da sempre pensato al grande vantaggio economico che si avrebbe con un collegamento infrastrutturale tra i porti di Ancona e Civitavecchia. Come è evidente si tratta di un progetto ambizioso e l’uomo della strada non può fare che un solo commento: “se son rose… fioriranno”.

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Riccardo Battisti, presidente dell’Ebam

Nel frattempo esaminiamo la situazione dell’oggi, anzi del 2023. In questo anno le famiglie hanno toccato il livello più basso di sempre della loro capacità di risparmiare, che infatti è sceso al 6,3% contro il 7,8% del 2022, cioè il minimo dal 1995. A causa dell’inflazione anche il potere di acquisto delle famiglie si è ridotto dello 0,5%. Invece è cresciuta la spesa per i consumi, salita al 6,5% ma soltanto perché “gonfiata” dall’aumento dei prezzi. Le imposte pagate dalle famiglie italiane sono aumentate di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto a 2022), con un +10,2% di Irpef e un +23% per le ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito. Dai dati forniti dall’Istat risulta che il saldo degli interventi redistributivi nel 2023 ha sottratto alle famiglie 118,8 miliardi di euro, 16,5 in più rispetto al 2022. Per le imprese le imposte sulla produzione segnano un aumento di 2,2 miliardi di euro (cioè +7,5%). Il taglio del cuneo fiscale riduce i contributi pagati dai lavoratori dipendenti (-2,2%) ma non degli autonomi i cui contributi sono aumentati del 7,3%, due punti in più rispetto all’aumento dei rispettivi redditi.

L’Ebam (Ente artigianato Marche) ha reso noto che nel 2023 tra piccole aziende e botteghe hanno chiuso 1.119 attività, pari al 2,7% del totale dell’artigianato. E si tratta di un crollo più vistoso di quello nazionale che è stato pari allo 0,6%. Ci troviamo quindi in un momento congiunturale delle Marche che vede la nostra regione distante circa 20 punti in termini di Pil per abitante rispetto alle regioni del Centro nord e questo, sottolinea l’Ebam, per gli scarsi investimenti per agganciare la transizione digitale. I prestiti alle piccole imprese nelle Marche a settembre 2023 sono risultati in diminuzione del 9,4% rispetto allo stesso periodo del 2022; la variazione tendenziale è superiore alla media nazionale (che è pari a -7,6%) e colloca le Marche al terzultimo posto in Italia.

benzinaLa Federconsumatori Macerata ha denunciato che sono stati praticati sovrapprezzi di 6 centesimi al litro per la benzina e di 9 centesimi per il diesel. La benzina da sei mesi ha raggiunto il livello massimo attestandosi a quota 1,90 al self mentre il costo medio per il diesel è di 1,81. Sono costi allarmanti che rischiano di riaccendere l’inflazione che a marzo è salita all’1,3% rispetto al +0,8% di febbraio. La preoccupazione per questi aumenti è forte perché in Italia le merci sono trasportate su gomma per l’84% per cui di conseguenza si provoca l’aumento del costo di moltissimi prodotti anche di prima necessità.

C’è poi da segnalare che con la liberalizzazione del mercato di luce e gas molti consumatori sono stati ingannati da call center fasulli che, promettendo un ribasso delle tariffe, li hanno indotti a cambiare fornitore e accettare un nuovo contratto. Si calcola che sono stati truffati cica 80mila marchigiani con un danno pari a 9,5 milioni di euro. Floro Bisello, segretario nazionale dell’Associazione a difesa dei Consumatori, ha sottolineato: «Purtroppo la liberalizzazione della telefonia e dell’energia elettrica (il 10 gennaio) e del gas (fra pochi mesi) stanno scatenando operatori truffaldini che cercano di appioppare un nuovo contratto a tanti malcapitati». Il danno risulta in media di 120 euro a persona. Si può però inviare un reclamo formale alla nuova società per disconoscere il contratto intimando la procedura di ripristino alle condizioni del contratto interrotto. Un caso singolare è capitato a Ripe San Ginesio, dove una famiglia ha ricevuto da una società di luce e gas di Verona la richiesta di pagare due bollette di marzo per 10.200 euro e altre bollette di gennaio per 2.162 euro.

E veniamo a parlare delle pensioni. In sei casi su 10 le pensioni delle Marche sono sotto la soglia di povertà. Elaborando i dati dell’Inps 2024 l’Ires-Cgil ha accertato che l’importo medio mensile delle pensioni nelle Marche è di 956 euro lordi con una cifra di 1.244 euro per le pensioni di vecchiaia e di 489 euro per le pensioni di invalidità civile. Rispetto a quelle nazionali le pensioni di vecchiaia regionali sono inferiori di 224 euro lordi medi mensili in meno. Le pensioni dei lavoratori dipendenti nelle Marche sono pari a 1.445 euro, e quindi al di sotto di 264 euro mensili rispetto ai valori medi nazionali e di 358 euro rispetto alle altre regioni del Centro Italia. Risultano infatti inferiori a quelle di Campania, Sicilia, Sardegna e Puglia. Inoltre mentre gli uomini percepiscono una pensione di vecchiaia di 1.530 euro lorde alle donne spettano 902 euro e cioè 628 euro in meno al mese. Addirittura le pensionate ex lavoratrici dipendenti percepiscono solo 815 euro. Le pensionate di altre regioni hanno 123 euro in più. La segretaria della Cgil Marche, Loredana Longhini, ha così commentato tali disparità: «questa situazione preoccupa perché ci racconta di quanto la nostra regione si stia impoverendo e stia scivolando inesorabilmente verso sud».



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