«Rinuncia al Rossini di Civitanova
o annullo tutti i contratti»
Condannato il direttore dell’Amat

SENTENZA - Era sotto accusa per tentata violenza privata al tribunale di Ascoli: un mese e 10 giorni per Gilberto Santini. A presentare denuncia la Synergie Teatrali. Lui si difende: «Rammarico per l’esito del processo. Farò appello. Continuo a confidare nella giustizia»

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Gilberto Santini

Tentata violenza privata, condannato a un mese e 10 giorni il direttore dell’Amat Gilberto Santini, 54enne di Ancona. La sentenza è stata emessa dalla giudice del tribunale di Ascoli Barbara Bondi Ciutti.

Tutto era iniziato con la denuncia presentata nel 2019 da Synergie Teatrali. Secondo l’accusa, il direttore dell’Associazione marchigiana attività teatrali avrebbe minacciato Danila Celani, socia accomandataria di Synergie Teatrali, di cancellare tutti i contratti sottoscritti con l’Amat se Synergie Teatrali non avesse rinunciato alla stagione del teatro Rossini di Civitanova.

Sempre secondo l’accusa, sostenuta in aula dal pm Donatella Di Bernardino, l’intento poi non sarebbe andato a buon fine ma non per volontà di Santini. La giudice ha accolto le tesi della difesa e ha dunque condannato Santini anche al risarcimento danni e al pagamento delle spese legali in favore di Celani, che si era costituta parte civile con l’avvocato Giulio Natali. Annunciano ricorso in appello gli avvocati difensori di Santini Alessandro Lucchetti e Matteo Magistrelli, che rigettano le contestazioni.

«Non posso che esprimere rammarico per l’esito del procedimento di primo grado conclusosi nell’udienza di oggi avanti al Tribunale di Ascoli – dice Santini -. Dichiaro sin d’ora che interporrò rispettoso appello avverso la sentenza, non appena pubblicate le motivazioni. Intendo precisare da subito che il verdetto odierno interviene nel momento in cui il sottoscritto ancora non sa quali proprie presunte parole siano all’origine dell’addebito, né con quali finalità – sia pure nella sola prospettiva accusatoria – siano state pronunciate. Continuo comunque a confidare nella giustizia e nel fatto che l’esito finale del procedimento possa, in ultimo, rivelare l’infondatezza di ogni addebito a mio carico».

 



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