Le autorità ed il reparto a cavallo della polizia di stato
di Monia Orazi
“Rispetta le donne, diciamo no alla violenza. Questo non è amore”. Risuonano ancora più tragiche le parole dell’evento tenutosi questa mattina all’Abbadia di Fiastra, per sensibilizzare sul tema della violenza contro le donne, all’indomani dell’ennesima giovane vita, quella di Giulia Cecchettin, spezzata dalla furia omicida di un uomo. Si è tenuta questa mattina aprendosi con una passeggiata a cavallo, l’iniziativa organizzata dalla consigliera di parità della Provincia Deborah Pantana, con il patrocinio della Provincia di Macerata, i Comuni di Tolentino e Urbisaglia, consigliere al lavoro Woman at work e con la partecipazione della Pro Loco Tct di Tolentino e Artemisia Lab di Treia.
Il vicequestore Patrizia Peroni
Tutto è iniziato con una passeggiata a cavallo della “Casa dei Cavalli”, reparto della polizia di stato con l’atleta delle fiamme oro Giulia Mattioli, per poi spostarsi allo stand allestito dalla Questura di Macerata, in collaborazione con le operatrici del Centro provinciale antiviolenza. E’ stata per tante persone l’occasione di conoscere la rete istituzionale e delle associazioni in campo per supportare le donne, dal numero istituzionale 1522, a chi negli sportelli territoriali del centro antiviolenza, si occupa di dare loro sostegno nel difficile percorso di uscita dalla violenza. Da sempre in prima linea il vicequestore Patrizia Peroni: «Il messaggio importante da dare ad ogni donna è quello uscire dall’isolamento, di parlare, anche con un’amica, con un familiare, di rappresentare quello che si sta vivendo. Noi abbiamo tutte le strategie di prevenzione e di repressione che possiamo mettere in campo, ma se le donne non raggiungono i nostri uffici o i centri antiviolenza non siamo nelle condizioni di poterle aiutare. La situazione nella nostra provincia non sembra particolarmente allarmante, ma ci sono ancora tante persone che non si sentono pronte a presentare denuncia o a raggiungere i nostri uffici. I numeri dei centri anti violenza sono più alti, perché tante persone si rivolgono per chiedere informazioni, auspichiamo che vengano nei nostri uffici a segnalare perchè così ci consentono di dare una corretta tutela. La storia di oggi ci testimonia l’importanza di parlare ai primi segnali, non è un percorso semplice ma è l’unico per uscire dalla violenza».
A dare i numeri di un fenomeno che tocca anche la provincia di Macerata è Elisa Giusti, coordinatrice dei servizi antiviolenza della cooperativa sociale il Faro, che per conto dell’Ambito territoriale sociale 15 gestisce il Centro provinciale antiviolenza: «La cosa più difficile è il reinserimento sociale, mantenere il lavoro per chi ce l’ha, o andare a trovare un nuovo lavoro, su 29 domande per il reddito di libertà 28 non sono state accolte per mancanza di risorse. Il consiglio che diamo alle donne è di non restare in silenzio, a raccontare a qualcuno di cui ci si fida, di rivolgersi al centro anti violenza perché ci sono professioniste in grado di dare aiuto e supporto. Quest’anno al Centro antiviolenza provinciale, da gennaio ad ottobre 227 donne si sono rivolte a noi, la maggior parte sono madri, tanti bambini sono presi in carico tramite i servizi sociali, l’età media delle donne è tra i 30 ed i 50 anni, anche se si è abbassata notevolmente l’età delle giovanissime. La metà di loro sono occupate, per la maggior parte con lavori part time e con lavori non regolari, le altre sono non occupate, in cerca di lavoro, studentesse o pensionate. Il 90% di loro sono italiane, le altre nazionalità maggiormente rilevate sono marocchine, tunisine, albanesi, rumene. La maggior parte sono madri, i figli hanno le stesse difficoltà delle madri, difficoltà di relazione a scuola, a livello psicologico, con la genitorialità paterna, quando poi crescono e diventano adolescenti, molti accompagnano le madri a fare le denunce». Uscire dal silenzio è solo il primo passo, ma a questo non sempre segue una denuncia, spiega Giusti: «Moltissime chiedono il supporto psicologico, l’assistenza legale, solo una minoranza presenta denuncia, non perché non si fidano delle forze dell’ordine, ma perché hanno paura di perdere i figli, hanno paura di avere a che fare con il tribunale, del processo. Paura che si verifichi la cosiddetta vittimizzazione secondaria, la violenza subita da chi denuncia abusi e non viene creduta o subisce domande pesanti, dove le si ridicolizza o si usa violenza. Siamo riusciti ad ampliare la nostra rete di relazione, agiamo in forte sinergia con comuni, forze dell’ordine, facciamo progetti, gestiamo una casa rifugio e una per la semiautonomia. L’appello è quello di non restare in silenzio, di chiamare il 1522 o di venire ad uno dei nostri sportelli, anche solo per farsi ascoltare».
Spiega Deborah Pantana consigliera di parità della Provincia: «Siamo qua per sensibilizzare le donne, a rivolgersi ad enti ed istituzioni che possono aiutare chi è in difficoltà, per questo abbiamo deciso di organizzare questo evento, per incontrare direttamente le persone. Le istituzioni sono a disposizione di chi è in difficoltà, per cogliere i primi segnali, se c’è qualcosa che non va nel rapporto di coppia, è fondamentale rivolgersi al centro anti violenza, alla polizia, al mio ufficio in provincia. Diciamo sempre “Mai una di meno”, ma ogni giorno purtroppo si registra un femminicidio, dobbiamo fare in modo che non succeda mai più. I nostri dati ci dicono che anche in provincia stanno aumentando gli episodi di violenza, specie a Macerata e Civitanova».
Le fa eco Sabrina De Padova, presidentessa del consiglio delle donne di Macerata: «Dal titolo di oggi questo non è amore, perché l’amore è qualcosa di positivo, non di negativo, quando c’è una violenza sulle donne, violenza psicologica, fisica vuol dire che non è amore e bisogna avere la forza di allontanare questo amore tossico. Donne prima di tutto fatevi aiutare, denunciate e non tollerate, è questo il principale messaggio da dare. La formazione principale è a livello familiare e scolastico, se si farà questo probabilmente vediamo un raggio di sole».
Presenti anche i sindaci di Tolentino Mauro Sclavi e di Urbisaglia Paolo Giubileo. Ha detto Giubileo: «Questa è una battaglia culturale, dobbiamo fare in modo che iniziative come questa si moltiplichino, per lanciare un messaggio di solidarietà ed uguaglianza, di rispetto nei confronti delle donne, ma che ha una valenza globale, il rispetto delle persone. Si deve educare e sensibilizzare a partire dalle scuole, abbiamo bisogno di vivere in un mondo in pace». Ha concluso Sclavi: «Ogni giorno lanciamo un messaggio di tragica attualità, ma dobbiamo fare mente locale. Non è possibile che ogni giorno ci sia violenza sulle donne, non si può lasciare che accada quotidianamente, è una follia. Oggi si mette in evidenza con questa manifestazione che si può denunciare ed affidarsi a delle istituzioni competenti, come sindaco mi metto a disposizione di persone che vengono a riferire cose molto dolorose nelle carni e nella mente. Dobbiamo trovare un sistema di cura, non si può prescindere dall’educazione scolastica, familiare e sociale».
Giulia Mattioli ed il reparto a cavallo della polizia di stato
L’atleta delle fiamme oro Giulia Mattioli e la consigliera Pantana
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