Sarà Lorenzo S., entrato in carcere per la prima volta a 10 giorni e protagonista di una bella storia di speranza, uno dei protagonisti di “Un altro sguardo sul carcere”, l’incontro promosso dall’associazione ConTesto di Macerata e la Biblioteca di Urbisaglia. Si svolgerà domani, giovedì 16 marzo alle 21, al teatro comunale di Urbisaglia.
Introdurrà Lina Caraceni, professoressa associata in diritto processuale penale, docente di diritto penitenziario, già membro della Commissione Ministeriale per la riforma in tema di ordinamento penitenziario minorile e di modelli di giustizia riparativa in ambito esecutivo. A seguire Lorenzo S. racconterà la sua storia. A 12 anni ha compiuto il primo furto, a 14 la prima rapina. Per oltre 40 anni è vissuto da fuorilegge, passando gran parte del tempo in carcere. A 33 anni ha ricevuto una condanna a 57 anni di carcere, ma la sua vita ha preso un’improvvisa svolta, fino al lieto fine più inaspettato. La storia è stata raccontata nel podcast “Io ero il milanese” di Mauro Pescio, disponibile su Raiplay, ora diventato anche un libro.
Sarà poi la volta del criminologo Adolfo Ceretti autore con Lorenzo Natali del libro “Io volevo ucciderla. Per una criminologia dell’incontro”.
«La realtà del carcere – scrivono gli organizzatori – è qualcosa che di norma sfugge al nostro sguardo, è qualcosa che non vogliamo vedere; e anche quando la osserviamo ne ricaviamo un’immagine deformata, distorta dalle lenti dell’ignoranza, del pregiudizio, della vergogna, della paura. Nell’immaginario collettivo il carcere è un luogo abitato da mostri che vanno tenuti rinchiusi perché non facciano del male.
Ma così non è: se abbandoniamo ogni preconcetto e indossiamo lo sguardo di chi vuol vedere, conoscere, capire l’immagine che ci torna indietro è quella di un pezzo di mondo tanto simile a quello di fuori, un mondo sofferente, spaventato, disorientato e soprattutto abitato da persone. In carcere c’è un’umanità che ha commesso errori, ha fatto scelte sbagliate, ha provocato dolore e ne sta pagando il prezzo; in carcere ci sono vite che, con un altro sguardo, forse si possono ancora salvare».
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