«Mio padre è un alcolista e non lo riconosce
Ho dovuto fargli io da genitore
poi ho imparato il “distacco con amore”»

MACERATA - E' la testimonianza di una donna che si è rivolta all'associazione Al-Anon che sostiene anche i familiari: «L'alcolismo è solo la punta di un enorme iceberg. Non vergognatevi, chiedete aiuto»

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alcolista
di Mattia Nepa

«L’abuso di alcool è la malattia della famiglia, la punta di un enorme iceberg». E’ un’affermazione forte quella di Maria, la referente delegata per le relazioni esterne della Al-Anon, l’associazione che si distingue dall’organizzazione degli Alcolisti Anonimi ma che, comunque, ha un’importanza notevole per il recupero dell’alcolista e non solo. A dar forza alle sue dichiarazioni sono le testimonianze, per ovvii motivi anonime, dei familiari di persone alcoliste.

«Mio marito quando tornava dal lavoro era sempre più stressato, tanto da cominciare una cura con un neurologo a causa di un’ipotetica depressione. Il vero problema è che lui trovava rifugio nell’alcool». Lo racconta una donna e moglie maceratese.  «Chi gli stava accanto sbagliava sempre tutto, cercavo di correggere i suoi atteggiamenti ma niente, quasi sembrava mi facesse dei dispetti. Naturalmente tutto ciò aveva delle ripercussioni anche sulla mia salute, avevo sbalzi di umore, varie crisi e così via. Quando gli effetti della malattia si facevano notare, mi si abbassava l’autostima, ero distrutta e mi saliva un’ansia terrificante. L’Al-Anon mi ha aiutato tantissimo, mi sono sentita in una famiglia e ho cominciato a cambiare l’atteggiamento; ho cominciato ad amare me stessa e se il mio cambiamento può aiutare anche mio marito, allora ben venga».

Un’altra testimonianza è quella di una figlia: «Mio padre è un alcolista attivo e lui non lo riconosce. Sono entrata a far parte dell’Al-Anon anche per una prevenzione. Noi figli, spesso, ci ritroviamo a fare da genitori ai nostri genitori e ad affrontare problemi più grandi di noi. Ho sempre lavorato per provvedere economicamente alla famiglia, perché mio padre continuava a perdere lavori e usava i soldi, anche i miei, i nostri, per comprare l’alcool. Il gruppo mi ha appunto insegnato il “distacco con amore“, cioè capire se prendere le distanze dal bevitore per aiutarlo. Mio padre all’inizio minacciava di togliersi la vita e vi assicuro che da figlia, non è assolutamente facile. Il gruppo Al-Anon mi ha fatto sentire, sin da subito, in famiglia. Il loro aiuto è stato ed è fondamentale».

Al-anonTorniamo all’associazione. Maria cos’è per voi l’alcolismo?

«Non parliamo solo di una malattia fisica, essa è anche psichica e spirituale. Molto spesso il fattore psichico viene trascurato ma forse è proprio quello il più importante. L’alcool è solo la punta di un enorme iceberg, proprio perché non è malato solo l’alcolista ma può verificarsi anche quella che viene definita come: la malattia della famiglia. Molto spesso – continua la referente – i familiari, gli amici o i conoscenti cercano di risolvere il problema in maniera spasmodica, con ansia, ma la malattia è progressiva e stando con il fiato sul collo dell’alcolista, facciamo solo peggio; andiamo a creare una comunicazione malata in famiglia, o nel contesto in cui ci si trova». 

Cosa fa quindi la vostra associazione?

«La nostra associazione non fa altro che portarci a conoscenza degli effetti di questa malattia, delle varie bugie, degli sbalzi di umore. Bisogna capire che l’alcolista non è colui che beve tanti quantitativi di alcool ma è quella persona che beve per una determinata condizione, perché è disperato/a o perché lo/a rende felice. L’alcolista è una persona fragile che con una maschera copre la propria sensibilità, i propri punti deboli. Noi non abbiamo dei veri e propri mezzi concreti per farlo smettere, ma essendo a conoscenza degli effetti di questa malattia, cerchiamo di comprendere il paziente ed incoraggiarlo. Cerchiamo di dare forza e speranza ai familiari, agli amici, a tutti i conoscenti di bevitori problematici. Chi arriva da noi ha le lacrime agli occhi, vi assicuro che non è assolutamente facile. Però siamo una grande famiglia, c’è uno spirito d’amore e ci sosteniamo anche telefonicamente». 

Com’è organizzata la Al-Anon?

«Noi siamo un’associazione di auto mutuo aiuto, rispettiamo l’anonimato, non facciamo distinzioni di alcun tipo e all’interno non esistono capi; ci dividiamo in gruppi ognuno guidato da un rappresentante. Seguiamo – continua la referente – una letteratura approvata dalla conferenza mondiale (LAC) e il nostro è, soprattutto, un percorso spirituale. Utilizziamo molti slogan come: “Un giorno alla volta” oppure “Vivi e lascia e vivere” e molti altri. Spesso la parte psichica e spirituale viene trascurata ed è per questo che il nostro focus è proprio quello. Ci rechiamo nelle scuole per parlare con le nuove leve per sensibilizzare sull’alcolismo e per renderli consapevoli della malattia. Collaboriamo con varie cliniche come la “Clinica Villa Silvia” di Senigallia e la “Clinica San Giuseppe” di Ascoli Piceno, inoltre abbiamo un protocollo di intesa con i Sert». 

La referente delegata ha voluto inoltre parlare di un’altra associazione, strettamente collegata alla Al-Anon, la “Alateen”: «É stata ideata per gli adolescenti dai sei ai diciannove anni, dove utilizziamo lo stesso programma per la principale associazione, ovvero costituito da “dodici passi”, i quali servono per guardare dentro noi stessi, da “dodici concetti”, per definire la leadership dei nostri fiduciari e da “dodici tradizioni”, che, non essendoci dei capi all’interno, servono per regolare il gruppo».

Come contattare l’associazione e dove possiamo trovarla?

«Il numero verde è 800 087897 e a chiunque chiami verrà dato un contatto del gruppo più vicino in base alla propria localizzazione. Ci troviamo a Macerata, in Vicolo Santa Croce 13, il martedì alle 19 e il sabato alle 17.30. Siamo a Tolentino, in Viale Brodolini, il giovedì alle 18.30 ed infine siamo a Civitanova Marche, in via Ginocchi , il lunedì alle 21 e il venerdì alle 19». 

Per concludere, Maria, ha voluto sottolineare e ricordare un aspetto fondamentale: «Dobbiamo trovare il coraggio di informarci riguardo questa terribile malattia, perché anche i familiari che la vivono con vergogna, cercando di nascondersi, fanno solo peggio, alimentano questo stato patologico progressivo. La malattia non guarda in faccia a nessuno; sensibilizziamoci e aiutiamoci gli uni con gli altri. Chiedete aiuto».



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