«Ho ancora da fare qua»
«A ogni giorno la sua pena»
Come arrivare ai 100 e superarli

FESTA nel Maceratese per due centenarie. Auguri a Tullia Memè, di Pioraco, che ha spento 102 candeline e a Rosa Cocilova Morici, di Apiro, che ne ha spente 100. Ecco le loro storie. A entrambe gli omaggi dei rispettivi sindaci
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Tullia Memè con i parenti e il sindaco Matteo Cicconi

di Monia Orazi

Una ha “appena” tagliato il traguardo, l’altra l’ha sorpassato “già” da un paio d’anni. Il Maceratese festeggia due centenarie: Tullia Memé, 102 anni di Pioraco e Rosa Cocilova Morici, 100 anni, di Apiro. 

Questa mattina la piorachese Tullia Memè ha ricevuto la visita del sindaco di Pioraco Matteo Cicconi, per spegnere le candeline in sua presenza, insieme alla figlia Mariella Ciciani con cui vive a Civitanova e agli amati nipoti. Ironica e tenace, la donna ha accolto con il sorriso gli ospiti, mettendosi brillantemente a conversare con loro, raccontando i ricordi di una vita, frammenti di quella Pioraco che oggi non esiste più, ma è presente e viva nei suoi ricordi. «Finché il Signore non me se rpglia, vuol dire che non mi ci vuole – ha scherzato – vuol dire che ho da fare qua». Una vita non facile quella di Tullia Memè, unica centenaria di Pioraco, una vita trascorsa a lavorare in cartiera, nata il 23 gennaio del 1921. Ha perso la mamma a sette anni, una vita difficile segnata dalla guerra, con la paura dei tedeschi, il lavoro di ogni giorno in cartiera per 50 centesimi l’ora, dove all’epoca lavoravano circa 300 donne su 700 operai complessivi, la paga che veniva data una volta alla settimana.

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La pergamena regalata a Tullia dall’amministrazione comunale

«Ci prendevamo il gelato, costava una lira, mi ci voleva un giorno intero per guadagnarla, allora gli stipendi erano bassissimi, non era come oggi, spendevamo anche meno per vivere», ha spiegato Tullia Memé. Il matrimonio a vent’anni, il viaggio di nozze con il marito in macchina a Macerata, l’incontro casuale con un fotografo per strada, che li immortalò nell’unica foto dell’epoca. La nonnina ha raccontato della prima camera presa in affitto dalla cognata, poi un appartamento preso in affitto a 40 lire al mese. Per scaldarsi un fornello antico a carbone, in cui da sotto si toglieva la cenere. «Dove la trovavi la cena, la carne ce la sognavamo, ma non stavamo mai male, oggi stiamo tutti male. Il pane doveva durare sei giorni, ma a volte ce ne bastava anche sette», ha detto convinta. Dopo la guerra la famiglia della donna era riuscita ad avere una casa, quella vita costruita lottando con le unghie e con i denti, con la determinazione antica e la voglia di non arrendersi, la stessa che ancora oggi mostra la tenace nonnina. Dopo il taglio della torta il sindaco Cicconi le ha regalato una pergamena, con gli auguri dell’amministrazione comunale: «102 anni vissuti con quell’entusiasmo e quella forza che ci affascina e ci ammalia, 102 pagine di vita vissute con la semplicità e la genuinità di un tempo ormai lontano, ma che può essere di ispirazione per le nuove generazioni, a recuperare quella ricchezza umana che magari aiuti tutti a tornare migliori».

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Nonna Rosa spegne le candeline della torta

A ogni giorno la sua pena”. È questa invece la filosofia di vita di nonna Rosa, al secolo Rosa Cocilova Morici, che oggi ha raggiunto il traguardo del secolo di vita.

Li ha festeggiati nella sua casa di Apiro, in contrada Sant’Andrea, dove vive da sola con qualche aiuto nelle faccende domestiche. Intorno a lei il figlio Dino Morici, già primario ortopedico a Torrette, la nuora Laura Belardinelli, i nipoti Francesco e Stefano, il fratello Giovanni e la sorella Annetta, più giovani di dodici anni, e il sindaco della cittadina Ubaldo Scuppa. Un secolo di sacrifici, di amore per la famiglia e passione per la campagna (allevava le sue galline fino a qualche tempo fa), condivisi con il marito Giovanni, scomparso da diversi anni, e di storie, racconti e buona cucina. Perché Rosa è una cuoca sopraffina. Famosi i suoi vincisgrassi, il coniglio in porchetta, la polenta e i cavallucci.

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Nonna Rosa col sindaco Ubaldo Scuppa



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