I vizietti del potere sul palco,
risate e applausi al Lauro Rossi

LA RECENSIONE dell'appuntamento domenicale della rassegna Perugini con "La presidentessa" non delude. Ottima la regia e magistrale l'interpretazione di Alessandro Tognetti nei panni del ministro. Una interprete assente per Covid è stata sostituita da una attrice esordiente che ha recitato con il copione in mano

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La compagnia Teatrale Soggetti Smarriti di Treviso sul palco del Lauro Rossi

di Fabrizio Cortella

Dall’enciclopedia Treccani: “Vaudeville, termine francese che indica una leggera e brillante commedia di una comicità tutta esteriore”. Ed è esattamente ciò che i tipi della Compagnia Teatrale Soggetti Smarriti di Treviso hanno presentato ieri nell’ambito della rassegna Perugini  al pubblico del Lauro Rossi, né più né meno: “La presidentessa”, opera del duo francese Hennequin e Veber, molto acclamato a inizio Novecento, e messo in scena per la prima volta esattamente 110 anni fa, al Palais-Royal di Parigi.
presidentessa-8-267x400Una pochade, questo è il nome con cui il genere è meglio conosciuto in Italia, che si sviluppa in un intrigo traboccante di sotterfugi e di complotti irresistibili, dove gli equivoci diventano parte fondamentale di una realtà burlesca, persino surreale. Protagonista ne è Gobette (Maria Rosa Maniscalco, regista della pièce), navigata soubrette della capitale che, giunta in provincia, piomba nel salottino borghese, dominato dall’alto da un gigantesco corsetto rosso, sexy ed allusivo, di Tricointe (Gino Trevisiol), l’integerrimo presidente del tribunale di Gray, che ha ordinato di espellerla dall’albergo in cui ha fatto bisboccia notturna con il locale giudice istruttore.
Gobette, in casa Tricointe, viene scambiata per la moglie di costui nientemeno che dal ministro della Giustizia (Alessandro Tognetti), ufficiosamente in visita per accertare la moralità nella magistratura, e lo seduce nottetempo, giustificandosi che ella “ama per missione e non per passione”. Il secondo atto si svolge a Parigi, nel Ministero e, qui, i vari protagonisti sono costretti a districarsi tra una doppia e forse tripla tresca, attraverso un notevole scambio di personaggi e di “letti”. Ma tutto termina con il lieto fine di prammatica che risistema nel giusto ordine le coppie e che risarcisce il povero Tricointe, “due-volte-becco”, anche se soltanto per finta, con l’agognata promozione a magistrato nella capitale.
Il testo non reca traccia di alcuna satira sociale né tantomeno politica, sebbene la descrizione dei vizietti (sessuali) del potere sia la stessa dacché esiste l’umanità: semmai ciò che ha fatto ridere molto ed applaudire spesso il pubblico, anche a scena aperta, è stato il meccanismo frenetico e perfetto delle entrate e delle uscite degli attori, praticato senza la minima sbavatura – e non era affatto facile con ben tredici personaggi da orchestrare: brava la regista.
presidentessa-7-267x400Nonostante la compagnia abbia solo quattro anni di vita, quasi tutti gli attori vantano precedenti esperienze e, taluni, anche carriere di un certo prestigio. Perciò, l’ensemble è ben collaudato ed affiatato e i tempi comici ne risultano rispettati con cronometrica precisione. Tutto bene, dunque? Non esattamente: a parte il terribile inconveniente di perdere appena due giorni prima un’interprete, a letto con il Covid – l’ha sostituita egregiamente l’esordiente assoluta Giada Bettiol, costretta a recitare con il copione in mano: coraggiosa fino all’incoscienza! – alcuni personaggi secondari sono apparsi un po’ sotto le righe e, talvolta, l’eccessiva foga di mantenere alto il ritmo ha reso la declamazione delle battute confusa e poco comprensibile in sala, complice anche il leggero, ma evidente accento veneto di taluni; inoltre, la trovata del corsetto rosso è sì originale e scenografica ma, sovrastando proprio il centro del palco, lascia troppo in ombra colui che recita la battuta del momento. Una menzione speciale, peraltro, va all’ottimo Alessandro Tognetti, davvero magistrale nell’interpretare l’intrigante, ma ingenuo ministro, in una parte che fu di Maurizio Micheli nella mise en scène che ne curò l’indimenticabile Gigi Proietti (la Presidentessa era una certa Sabrina Ferilli). Forte di una notevole mimica facciale e fisica, abile nel modulare la voce, calda e potente, dal comando imperioso fino al borboglìo più incomprensibile, si è rivelato il vero mattatore della scena, capace di concentrare su di sé l’attenzione e di reggere con grande efficacia il ritmo di lunghe parti della commedia.

 

La rassegna Perugini  è organizzata da Compagnia “Filarmonico drammatica A. Caldarelli” e associazione culturale “Teatro O. Calabresi”.

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