Crac Calamante e Sielpa, processo da rifare:
documentazione non trasmessa alle difese

IN AULA - Il Tribunale ha deciso di accogliere l'istanza in cui si chiedeva di rendere nullo il capo di imputazione. Gli atti tornano in procura. Quattro le persone finite sotto accusa per bancarotta

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Il tribunale di Macerata

 

di Gianluca Ginella

Tutto da rifare per il processo per bancarotta legato al fallimento della Calamante, della Sielpa e della ditta Valpotenza srl. Il Tribunale di Macerata ha dato ragione alle difese che hanno fatto istanza di nullità sul capo di imputazione. Il motivo è che – lamentano – non è stata messa a disposizione la documentazione contabile relativa al fallimento per potersi difendere dalle accuse. Le carte del procedimento tornano al pm.

La decisione è stata presa oggi nel corso della prima udienza in cui si doveva proprio decidere sull’istanza presentata dagli avvocati dei quattro imputati. Al processo si prendono in esame le presunte somme distratte dal fallimento e milioni di euro di patrimonio che sarebbero stati dissipati nel fallimento delle aziende Calamante, Sielpa e Valpotenza srl.

Il grosso delle contestazioni del procedimento viene rivolto a Enrico Calamante, 53, di Appignano, procuratore generale e amministratore di fatto, dice l’accusa, sia della Calamante srl (fallita nel 2014) che della Sielpa srl (fallita lo stesso anno). Sotto accusa anche le sue sorelle, Annunziata, 63 anni, e Laura, 60, anche loro di Appignano. La quarta imputata è Orietta Cappelletti, 65 anni, treiese, legale rappresentate e amministratore unico della Valpotenza srl (fallita nel 2015). Gli avvocati degli imputati, Paolo Carnevali, Paolo Giustozzi, Massimo Bertola hanno presentato la scorsa udienza una eccezione lamentando che non è stato messo a disposizione documenti contabili per potersi difendere. Hanno sostenuto che il capo di imputazione fosse nullo e da rifare. Il giudice ha dato loro ragione e gli atti tornano al pm. Ora dovranno essere trasmessi i documenti alle difese e il capo di imputazione dovrà venire riformulato.

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L’avvocato Paolo Carnevali

I FATTI CONTESTATI – Prima dello stop del processo di oggi, la procura aveva redatto un lungo capo di imputazione con accuse che erano da vagliare nel corso del processo.

Per quanto riguarda la società Calamante srl, fallita il 25 giugno del 2014, Enrico Calamante, è accusato, in qualità di procuratore generale e amministratore di fatto, di aver distratto somme e dissipato l’attivo fallimentare. Lo avrebbe fatto, sostiene l’accusa, in molti modi. Dal 2003 al 2013 avrebbe concesso finanziamenti infruttiferi a società collegate, senza contropartita compensativa, in particolare alla società Aneto srl, per circa 1 milione e 590mila euro, e alla società Set srl per circa 84mila euro.

L’accusa parla poi di un preliminare di compravendita di un terreno, nel 2011, di proprietà della ditta Valpotenza srl, riconducibile alla Calamante, di cui legale rappresentante era Orietta Cappelletti, e del versamento di acconti e caparre per un prezzo di acquisto di 357mila euro. Ancora, si parla di prelievi dai conti della ditta per 90mila euro a scopi non legati a fini aziendali, e di aver dissimulato la vendita a se stesso, il 30 maggio 2014, di una Audi Q7 della ditta fallita, omettendo di versare il relativo prezzo di acquisto di 500 euro, che era ben inferiore al valore commerciale del veicolo (circa 20mila euro). E ancora, dice l’accusa, avrebbe alienato alla società Capità srl un lotto di terreno edificabile a Montelupone, pattuendo quale corrispettivo la somma di 770mila euro, che venne pagato in parte con quote di una società e in parte in contanti. Secondo l’accusa il pagamento del terreno, regolarmente effettuato dalla Capità srl, non risulterebbe essere finito sul conto della ditta fallita. Per quanto riguarda la Sielpa srl, fallita il 22 gennaio 2014, Enrico Calamante avrebbe distratto beni strumentali e risorse. L’accusa dice che avrebbe effettuato prelievi personali e non giustificabili tra il 2011 e il 2014, di 348mila euro circa.

Tra le contestazioni anche l’aver dissimulato operazioni commerciali per la realizzazione di lavori della Sielpa in favore dello stesso Calamante e della sua famiglia, in particolare delle sorelle Annunziata e Laura, allo scopo di emettere fatture, di fatto mai incassate, sottraendo all’attivo fallimentare ulteriori risorse per 1 milione e 900mila euro. Si parla poi di aver dissipato risorse della Sielpa per 1 milione e 235mila euro destinandole al pagamento di canoni di locazione finanziaria, sottoscritta dalla società Alen srl, riconducibile alla Sielpa (Calamante ricopriva la veste di socio e amministratore di fatto di questa società), e riferiti ad uno yacht, senza alcuna contropartita compensativa per la Sielpa. Ancora secondo l’accusa Calamante e le sue sorelle Annunziata e Laura avrebbero dissipato risorse finanziarie per 2 milioni e 291mila euro utilizzando il pagamento di forniture per la costruzione di immobili personali per le due sorelle.

Per quanto riguarda la Valpotenza srl, sono accusati di bancarotta sia Enrico Calamante che Cappelletti: lui come amministratore di fatto e lei come legale rappresentante della Valpotenza srl dall’11 settembre 1999 fino al fallimento (avvenuto nel 2015). Secondo l’accusa avrebbero distratto l’attivo fallimentare rilasciando garanzie fideiussorie per 2 milioni 379mila euro in favore di società collegate e in particolare alla Sielpa srl, che sono ritenute eccessive rispetto alla capacità patrimoniale della Valpotenza e prive di una ragionevole funzione economica, secondo l’accusa. Si parla di operazioni di finanziamento infruttifero per 1 milione e 630mila euro circa, in favore di due ditte partecipate dalla Valpotenza, senza contropartite né contratti di finanziamento. E infine della vendita di un terreno di 331mila euro per la cessione del credito residuo vantato dalla Valpotenza, che era di 630mila euro, sottraendo così ai creditori 347mila euro.

 



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