Dopo li jorni de la merla
no’ scordamoce febbrà

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

 

di Mario Monachesi

“Se li jorni de la mèrla (29, 30 e 31 gennaio)
da veatu voi passà’
focu, porcu e pulenta
non te devi fa’ mancà’.
Adè quisti li tre jorni
dell’inguèrno più jelati
cuscì armino lu proverbiu
dice sia li più ‘mpestati”.

Pure Dante nella Divina Commedia cita questi tre noti giorni. Nel canto XIII del Purgatorio fa dire all’anima di Sapia: “Ormai più non ti temo! / Come fè’ ‘l merlo per poca bonaccia”.

“Se l’ape jira de jennà’, teni da cuntu lu granà'”

Nonostante tutto ciò, occhio al mese che segue, il corto febbraio:
“Febbrà’ curtu pegghjo d’un turcu”.

“Febbrarittu curtu è lu mejo de tutti, ma se sse remmè’ (rinviene) è lu pegghjo che c’è”.

“Calenna (1 febbraio) chjara, mese truvudu” (Se il primo di febbraio farà bel tempo, tutto il mese sarà pessimo e viceversa).

“Se calenna se ne rvè’, de l’inverno simo da pè’ (da piedi).

“Cannela Cannelora (2 febbraio) de l’inverno semo fora; se cce negne e cce pioe ce ne sta quarandanove; se cce dà sole e solellu c’è quaranda dì d’inverno”.

“Madonna Cannelora dell’inverno scimo fora; se cce pioe se cce negne pò durà fino a vellegne (vendemmia), se cce dà sole e solellu quaranda dì per tembu vellu”,

Non va dimenticato che “li niù” (nevoni) piu importanti, quello del 1583, quello del 1929 e quello del 1956 sono avvenuti nel mese di febbraio.
Nel febbraio del 1583 nevicò per cinque giorni e cinque notti di seguito, “cascò tanta nè'” che fu necessario “scarcà’ tutti li titti de Macerata”. Inutile dire che la città rimase bloccata a lungo, ma i maceratesi, anziché perdersi d’animo, pensarono, dato “che adèra tempu de carnevale, de sfruttà’ ‘st’occasció de la nenta (nevicata) ‘bbondante, pe’ spassasse moccó (un po’). Co’ tutti quilli fiocchi vinuti jó”, costruirono nell’attuale piazza Mazzini (allora piazza del Mercato) un imponente castello che venne subito usato per simulare un cruento combattimento tra turchi e cristiani. I numerosi partecipanti provenivano quasi per intero dalle famiglie nobili. Numerosi e illustri anche gli spettatori. Il castello, in mano ai turchi, venne distrutto dai cristiani vincitori.
Sarà per questa voglia maceratese, anzichè disperarsi, di tradurre tutto in gioco ironico che poi nel 1857 Massimo D’Azeglio ebbe a dire: “A Macerata si sanno divertire più che in tutto il Piemonte riunito”.

“Quanno te pizzica sotto le piante (dei piedi) lu neó’ te copre all’istante”.

“La nèe che non va via, ‘spetta la compagnia”.

Febbrarittu scorteca l’asinu e lu caprittu”.

“Febbrà’ curtu e tristu”.

“La né’ de febbrà’ adè come lo strutto de carnevale”.

E per fortuna che adesso febbraio è corto perché ci sono stai tempi che “ci-auto trenta jorni”: In Svezia nel 1712, in Unione sovietica nel 1930 / 31. Secondo il “De Anni Ratione” di Giovanni Sacrobosco (1235) anche Roma ha avuto, a cavallo tra il I secolo a. C. e il I secolo d. C.,un febbraio di 30 giorni.

Si dice che se febbraio avesse tutti i giorni di gennaio, farebbe gelare persino il vino nelle botti.

“San Flavià’ (21 febbraio) la né’ pe’ li pià’ (anche in pianura).

“A Sanda Mattia (24 febbraio) la né’ pe’ la via”.

Però, come sempre bisogna augurarsi, la speranza è l’ultima a morire. Un ulteriore proverbio dice: “Se negne li jeci (dieci) de febbrà’, l’inguernata se ‘ccorcia de quaranda jorni”.
Niente non è!



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