di Gianluca Ginella
Cinquantotto appalti finiti nel mirino della Guardia di finanza, due funzionari comunali, entrambi responsabili del proprio settore, indagati (uno nel frattempo è andato in pensione), oltre 300mila euro di danno erariale, il tutto commesso nel comune di Gagliole dove i funzionari avrebbero – questa la tesi degli inquirenti – messo a bilancio delle determinazioni in bianco in modo da poter ottenere una copertura economica da usare quando c’era da affidare un appalto.
Gli indagati sono Paolo Paoletti (responsabile del Servizio finanziario, ora in pensione) e Bruno Carovana (responsabile dell’Ufficio tecnico). I reati contestati sono diversi, tra la sessantina di capi di imputazione: principalmente si tratta di abuso d’ufficio, falso, turbativa d’asta. Ci sono anche un paio di episodi di peculato e per uno dei funzionari anche un presunto episodio di corruzione. L’inchiesta è dalla Guardia di finanza di Camerino (diretta dal tenente Francesco Di Prinzio), coordinata dal pm Enrico Barbieri. In sostanza i funzionari sono accusati di aver utilizzato un meccanismo con cui compilavano in bianco delle determinazioni. Così facendo avrebbero messo a bilancio degli impegni di spesa, creando dei budget fittizi da usare in seguito nell’affidamento di appalti. Appalti che finivano ad alcune imprese i cui nomi sono ricorrenti nell’indagine. Un modo di operare che avrebbe portato alla violazione delle norme sull’impegno di spesa.
I funzionari, oltre a evitare i controlli che prendono le mosse dalla redazione dell’impegno di spesa, avrebbero ostacolato la funzione dell’organo elettivo del Comune, gestendo, attraverso le proprie condotte, le risorse pubbliche – sostengono gli inquirenti – a propria totale discrezione (da qui il nome dell’operazione: Hybris). I budget fittizi costringevano la giunta e il Consiglio a modificare il proprio indirizzo economico finanziario e a reperire i fondi necessari attingendo da altri capitoli di spesa. A presentare l’esposto in procura è stato un sindaco del Comune, che aveva avuto dei sospetti. In tutto sono 58 gli appalti finiti sotto la lente, e che sarebbero stati assegnati irregolarmente per un ammontare complessivo di oltre 2 milioni di euro.
Di questi, una ventina (valore 650mila euro) riguardano lavori post sisma (puntellamenti, demolizioni, ripristini e delocalizzazioni di attività produttive). Nel corso delle indagini delegate sono emerse, condotte di peculato. In questo caso si parla di somme destinate a privati, a seguito del sisma del 1997, usati per altri scopi (circa 6mila euro). Ad uno degli indagati (Paoletti) viene inoltre contestato un episodio di corruzione: avrebbe ricevuto 5mila euro per favorire una ditta nell’aggiudicazione di un appalto. Agli indagati viene contestato anche un danno erariale di oltre 300mila euro, e sono stati segnalati alla procura della Corte dei conti di Ancona.
«Riteniamo le accuse non fondate, se ci sarà un rinvio a giudizio sarà la sede più opportuna per dimostrare l’estraneità dei nostri assistiti alle accuse mosseci. Ripeto, sosteniamo fermamente l’estraneità dei due funzionari alle accuse – dice l’avvocato Paolo Carnevali che assiste gli indagati insieme al legale Mario Cavallaro -. A suo tempo la procura di Macerata aveva chiesto le misure cautelari per entrambi, il gip aveva respinto e avevano presentato ricorso. La procura di Ancona non aveva accolto la richiesta di misure cautelari».
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