Milzio e Maila Lattanzi de La Camelia Pasticceria e Diego Ciciliano con la moglie Claudia Branchesi del ristorante Lo Smeraldo
C’è chi ha deciso di reinventarsi, investendo nonostante tutto. O chi fa squadra con i colleghi per superare questo difficile momento. Arrivano da Cingoli e Civitanova due esempi di come il mondo della ristorazione sta provando ad andare avanti in questo drammatico momento segnato dalla pandemia. Sono loro a pagare il prezzo più alto delle misure restrittive, tra chiusure anticipate o totali, parlare di veri e propri guadagni al momento è ancora utopia per molti del settore, ma la passione per qualcuno è un motore inesauribile.
Diego Ciciliani e Claudia Branchesi
E’ così per esempio per Diego Ciciliani e Claudia Branchesi, marito e moglie, del ristorante Lo Smeraldo, sul lago Castreccioni di Cingoli, con 20 anni di storia. «Possiamo fare poco – racconta Branchesi – anche l’asporto vista la posizione in cui siamo è difficile. Così abbiamo deciso di reiventarci e investire, comprando un furgone refrigerato per la consegne a domicilio. Un’idea che prima avevamo sempre accantonato, ma che ora ci permette di stare a galla. Ci siamo allargati verso l’Anconetano con le consegne, e lo abbiamo fatto anche per i ragazzi che lavorano con noi, per non lasciarli a casa. Siamo aperti da 20 anni e abbiamo sempre cercato di reinventarci, quindi non ci è pesato più di tanto. Poi c’è da dire che veniamo da un’altra esperienza drammatica che ci ha travolto, quella del terremoto – continua Branchesi – da cui ne siamo usciti rafforzati e, anche se non starebbe a me dirlo, penso migliorati». E come sta andando con questo nuovo modo di approcciare il lavoro. «Diciamo che a noi piace questo lavoro e piace il rapporto con il pubblico – sottolinea Branchesi – quindi con le consegne a domicilio diventa tutto un po’ più “freddo”. Però abbiamo avuto un buon riscontro. Magari nei primi giorni della settimana ci sono poche chiamate, che aumentano nel week-end. Alti e bassi insomma. Abbiamo notato che i clienti ci chiamano per piatti particolari che magari a casa non riescono a preparare, perché adesso con lo smart working forse c’è più tempo anche per cucinare. Quindi preferiscono ordinare qualche sfizioseria, magari che hanno già provato e conoscono. Quello che chiediamo? Che ci lascino lavorare».
Milzio Lattanzi
Dalla montagna alla costa, cambia lo sfondo, ma la sostanza è pressoché identica: stessa voglia di non mollare. Come dimostra Milzio Lattanzi della pasticceria La Camelia di Civitanova, che gestisce con la sorella Maila e la madre Donatella. «Adesso facciamo asporto principalmente di dolci e torte – spiega – qualcosina a colazione, anche se la colazione non è proprio adatta all’asporto, qualche coraggioso c’è. Poi ci siamo attivati sui social con menu online dove è possibile prenotare. Certo non è quel tipo di lavoro che ti permette di andare avanti, ma riusciamo comunque a gestire perché è a conduzione familiare, anche se abbiamo dovuto mettere in cassa integrazione due dipendenti. C’è comunque una passione che ci muove quindi restare fermi è difficile, ma siamo lontani da quello che può essere definito un guadagno. E di aiuti fino ad oggi ne sono arrivati pochissimi, qualcosina di aprile e basta, mentre le spese vive restano impossibili da abbattere. Quindi diventa vitale la collaborazione con i colleghi. Noi per esempio collaboriamo con la pizzeria Duca26, che è costretta a restare sempre chiusa e s’è reiventata facendo diversi tipi di pane che mettiamo in vendita da noi. Cerchiamo di darci una mano l’un l’altro e andiamo avanti».
Maila Lattanzi
E’ chiaro però che con questa situazione programmare è impossibile e soprattutto a spaventare è l’incertezza, il non sapere cosa sarà domani. Se arriverà un nuovo Dpcm più restrittivo o meno. «Noi – continua Lattanzi – avevamo anche investito in macchinari nuovi e si pensava di ammortizzarli, ma adesso c’è solo incertezza. Anche per il Natale, che per le pasticcerie è un momento molto importante. Quindi per noi è massacrante a livello psicologico non conoscere la fine, perché così tutto ti spiazza, e non puoi muoverti in anticipo o programmare. Cerchiamo semplicemente di lottare con quello che abbiamo. Quello che chiediamo alle istituzioni – sottolinea – è solo un po’ di chiarezza, una visione lungimirante, un programma. Certo capiamo che la situazione è difficile, che c’è un virus da combattere e che non è semplice, però per esempio passare in zona arancione da un giorno all’altra senza preavviso forse è stato proprio irrispettoso. Ti fa pensare che questi problemi non vengono presi in considerazione, perché non puoi dire a un ristoratore il venerdì che la domenica non lavorerà. Si fa brutto e cattivo tempo sulla nostra pelle ed è difficile andare avanti, ma lo facciamo perché non abbiamo alternative».
(Redazione Cm)
I fratelli Lattanzi al lavoro
La Camelia Pasticceria
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