Fase 2 in corso d’opera, la città prova ad uscire fuori dal lockdown tentando di riconquistare la normalità. Se il privato riprende a correre, o almeno ci prova, il fronte pubblico ha tempi di reazione un pochino più lenti. Ora che la Fase 2 è partita i bus dell’Apm continuano a girare con un orario ridotto. Non ci sono indicazioni ufficiali sulla percentuale dei tagli apportati al servizio normale, si parla di una cifra attorno al 50%. Tutto bene? Pareri discordanti, del resto ci sono quelli che a prescindere hanno di che criticare e quelli che fanno l’esatto contrario. Le segnalazioni però ci sono e vanno registrate, iniziando da quanti hanno ripreso a lavorare nei vari uffici e nei negozi ed hanno cercato di utilizzare i bus pubblici. Alcune corse raddoppiate – due mezzi a distanza di pochissimi minuti l’uno dall’altro – per rispettare l’esigenza del distanziamento sociale ma il problema sono gli orari che non coincidono con le richieste del lavoratori.
A protestare, in particolare sono quelli che cercano di arrivare nei luoghi di lavoro partendo dalle frazioni di Sforzacosta e di Piediripa. Al momento non si conoscono le prossime mosse dell’Apm, trattandosi però di una azienda pubblica ci si attende un sollecito esame delle esigenze che si sono manifestate già in questi giorni di ripartenza. Esigenze degli utenti da un lato e riscontri di bilancio per l’Apm che ha messo in cassa integrazione alcuni addetti in questo periodo di lockdown: ora si tratta di trovare un punto di mediazione, magari aumentando un po’ la frequenza delle corse. Mesi fa, quando non era così drammatica l’emergenza Covid 19, l’associazione Strada Comune presentò programmi elettorali e il candidato sindaco Alberto Cicarè con un giro su un bus urbano per sottolineare la necessità di un trasporto pubblico efficace e sostenibile. Questioni legate all’emergenza che si sommano ai problemi strutturali: dai milioni di euro spesi per la nuova sede, senza parcheggi, in viale don Bosco alle migliaia di chilometri in più annualmente percorsi da bus perché il deposito è al confine tra Macerata e Montecassiano.
(l. pat.)
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