Fellini in visita alla Biennale dell’Umorismo nel 1991
di Alessandro Feliziani
Tra pochi giorni ricorreranno i cento anni della nascita di Federico Fellini (Rimini, 20 gennaio 1920) e da alcune settimane si stanno intensificando iniziative per ricordare il regista romagnolo, unico italiano a vincere quattro volte l’Oscar per il miglior film straniero (“La strada”, “Le notti di Cabiria”, “8½” e “Amarcord”). Tra i primi a rendere omaggio a Fellini, in vista dell’apertura del centenario, è stata la Biennale internazionale dell’umorismo nell’arte di Tolentino, che in occasione dell’apertura della sua trentesima edizione (ancora in corso a palazzo Sangallo fino al 26 gennaio), ha dedicato al “più influente dei maestri del cinema italiano” una mostra nel foyer del Politeama dal titolo “Surreale, poetico e visionario – Federico Fellini e la Biennale”.
Bozzetto originale “Lo zio matto” del film Amarcord, donato da Fellini al Museo della caricatura di Tolentino
Oltre a caricature di Fellini realizzate da diversi artisti, sono state esposte – purtroppo per soli pochi giorni – un famoso disegno realizzato dallo stesso Fellini come bozzetto del personaggio di Amarcord, “Lo zio matto” e diverse foto che documentano la presenza del regista a Tolentino il 7 settembre 1991, in occasione dell’inaugurazione della 16^ Biennale. Quell’anno la rassegna di Tolentino, che – caso rimasto unico – assegnò entrambi i premi maggiori a due artisti marchigiani, Giulio Bartolomei (Premio Marcorelli per il disegno umoristico) e Antonio Bellesi (Premio Mari per la caricatura), ospitava due eventi promossi dal direttore artistico Melanton cui Fellini (intervenuto insieme a sua moglie Giulietta Masina) non poteva mancare: un’antologica del caricaturista ligure Nino Za e una mostra dedicata al Marc’Aurelio, il famoso giornale satirico fondato nel 1931. Fellini, infatti, benché noto a tutti come regista, in gioventù fu anche un “fumettista”. A fargli scoprire questa passione che da ragazzo covava dentro di sé fu proprio Nino Za incontrato la prima volta al Grand Hotel di Rimini, ma che – come scrisse Fellini stesso in un ricordo pubblicato nel catalogo della Biennale di Tolentino del 1991 – già era diventato “il mio artista ideale attraverso le caricature che vedovo risplendere nelle copertine all’edicola della stazione”. Il Marc’Aurelio, invece, rappresenta il primo lavoro di Fellini, che all’età di 18 anni lascia Rimini per andare a Roma dove viene assunto nel giornale fondato da Oberdan Cotone e Vito De Bellis, inizialmente come segretario di redazione e poi come redattore ordinario. “Il Marc’Aurelio – disse Fellini in un’intervista rilasciata al giornalista Renato Pallavicini alcuni mesi dopo la sua partecipazione alla Biennale di Tolentino – è stato una scuola, un seminario, una fucina straordinaria anche per il cinema. Ci lavoravano Steno, Scola, Marchesi; moltissimi sceneggiatori e registi”.
Fellini con il direttore artistico della Biennale, Antonio Mele (Melanton)
Il regista riminese ebbe sempre un forte legane con l’umorismo. E questo lo si può comprendere anche da molti suoi film in cui non mancano aspetti grotteschi (Lo sceicco bianco, I vitelloni, La città delle donne, 8½). Molti suoi personaggi sono anche umoristici e pensati anche nella loro fisicità per far ridere, come il Teo (Ciccio Ingrassia) di Amarcord, nato dalla matita dello stesso Fellini e il cui bozzetto originale, “Lo zio matto”, è stato donato al museo della caricatura di Tolentino. Un gesto che dimostrò concretamente la grande amicizia nata in quel mese di settembre 1991 tra Fellini e Tolentino e soprattutto tra Fellini e la Biennale dell’umorismo, “la cui scoperta” – come dichiarò il regista al microfono di Edoardo Mattioli – gli aveva fatto “rivivere gli anni giovanili”. Purtroppo quel sodalizio si spezzò appena due anni più tardi con la morte del Maestro.
Fellini con Nino Za
Fellini con alcuni amministratori locali di Tolentino
Caricature di Fellini conservate nel Museo della Caricatura di Tolentino
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