di Maurizio Verdenelli
Non tutti i mali vengono per nuocere. Dall’esilio di un patriota risorgimentale nella ‘dolce’ Francia nacque, non solo un matrimonio, ma sopratutto un’eccellenza per l’agricoltura italiana. «Sia chiaro. A meta’ dell’800, i vini italiani erano quasi imbevibili. Si deve al modenese Giuseppe Tirelli, senatore del Regno e prefetto di Macerata (ma lo sarebbe stato in quasi tutti i capoluoghi dell’Italia Centrale) se per la prima volta nelle Marche, e primissime nel Belpaese, se fosse introdotto dalla Francia l’ottimo cabernet sauvignon e il malbec», ha rivelato a Palazzo Lazzarini il fermano professor Carlo Vernelli concludendo il convegno su Giuseppe Tirelli.
Che, in esilio dopo l’infausto esito del Primo Risorgimento, era stato confinato a Signe, Oltralpi. Nella ‘douce France’ aveva conosciuto e sposato una giovane aristocratica, apprezzando, insieme con tanti aspetti della giovane sposa, anche l’ottimo vino prodotto dalle tenute del suocero. Così, nel 1872, abitando in una bella villa nelle ubertose campagne di Morrovalle, spinto ad acquistare una grande vigna da conoscenti del luogo, il Tirelli impiantò il cabernet sauvignon e il malbec. Per questi vitigni migranti, splendidi cavalieri di ventura (da una definizione personalmente offertami anni fa da Gianni Mura, grande giornalista ed enogastronomo) fu un enorme successo. Che tuttora dura. Subito dopo il convegno, i numerosi partecipanti ne ha potuto godere gli attuali nella splendida tenuta di Paolo Capinera. Che dopo aver offerto pesce abbinato a Ribona, Fontelata, Bianco Capinera, ha fatto servire gli eredi tirelliani. Che rispondono alle denominazione fi Giacopetto e Beato Masseo. In barriques, maturati dopo 16/18 mesi: 50% di cabernet sauvignon e 50% di sangiovese. Altro nobile vitigno ques’ultimo, giunto come Giuseppe Tirelli, dall’Emilia Romagna, introdotto nelle Marche da un altro illuminato agrario, Paolorosso (in merito esistono studi e ricerche di Piero Giustozzi) la cui sepoltura si segnala nel cimitero monumentale di Macerata, da una alta piramide sofferente per l’inesorabile passare del tempo e dunque bisognosa di urgente manutenzione.
La giusta attenzione sulla figura del Tirelli si deve alla professoressa Gabriella Almanza Ciotti che vive nella proprietà che fu del prefetto. E di cui ha man mano scoperto una copiosa documentazione storico-letteraria-scientifica presente ancora in villa. E’ stata lei ad aprire il convegno morrovallese, dopo i saluti del professor Alberto Meriggi, presidente del Centro Studi maceratesi (che ha fatto propria, vieppiù valorizzandola, la ‘scoperta’ della professoressa Almanza Ciotti) e del sindaco di Morrovalle, Stefano Montemarani. A seguire, gli interventi del professor Riccardo Piccioni (Tirelli e l’esilio), del professor Pasquale Cucco (Tirelli prefetto e senatore) ed infine del professor Vernelli. Concluso l’affollatissimo convegno, tutti in ‘cantina’ ospiti di Paolo Capinera. Tra questi Angelo Serri, patron di Tipicità, la storica Gabì Saretto Parrino (anche da parte sua, residente in un sito storico maceratese, la riscoperta degli antichi ed illustri predecessori: la famiglia Pantaleoni e dell’ultima loro erede, la star di Hollywood, Tia Leoni), Nazzareno Gaspari, Corrado Vanella, Ivano Palmucci insieme con Alberto Meriggi e gli stessi relatori.
(Foto Marco Serri)
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