«La quota di contributi attribuita agli immigrati non raggiunge neppure la metà della spesa». E’ quanto emerge dall’analisi del consigliere comunale di Macerata Andrea Marchiori che fa le pulci ai dati relativi all’accoglienza degli immigrati in città. «Il confronto tra i numeri degli anni passati con quelli attuali, – scrive il consigliere di opposizione – nonché la gestione delle politiche sociali, offrono interessanti spunti di riflessione. L’amministrazione comunale ha avviato politiche di accoglienza dei migranti aumentando nel corso degli anni le quote del progetto Sprar giungendo ad acquisire anche il progetto Mosaico dismesso dalla Provincia, senza operare alcun coordinamento con le politiche d’accoglienza poste in essere dalla Prefettura e senza preoccuparsi delle conseguenze determinate dall’uscita o esclusione dei richiedenti asilo, una volta terminato il sostegno, per scadenza o per accertamento dell’insussistenza dei requisiti. Ogni anni sono stati riversati nel territorio centinaia di immigrativi privi di ogni forma di sostentamento, spesso senza documenti regolari, che hanno alimentato attività illegali quali, in particolare, spaccio di stupefacenti, favoreggiamento alla prostituzione e accattonaggio molesto. I numeri indicavano una prevalenza di immigrati provenienti dal continente africano (circa il 70%) i quali hanno costituito una rete organizzata dedita ad attività criminosa, con un avvicendamento di persone in strada in modo da rendere più difficoltosa l’attività di controllo e repressione da parte delle Autorità di pubblica sicurezza».
Per quanto riguarda la provenienza marchiori rimarca il pericolo di formazini di clan: «Attualmente il 50% circa degli immigrati proviene dal Pakistan. Così come accaduto per la mafia nigeriana, la cui diffusione nel territorio nazionale è ormai una emergenza riconosciuta anche dalla Dia, che trova riscontro in numerose operazioni di polizia, non deve essere sottovalutata anche la formazione di clan dediti ad attività criminose provenienti dall’Asia. Oggi, però, la situazione a Macerata è in parte cambiata e non certo per effetto dell’adozione della clausola di salvaguardia con la quale l’amministrazione avrebbe voluto aumentare il numero dei soggetti da assegnare al progetto Sprar diminuendo quello del Cas. I numeri, infatti, dimostrano l’inconcludente cambio di rotta dell’amministrazione. Quando si dovevano coordinare e limitare i flussi in città (ad ottobre del 2017 in città vi erano 373 dimoranti tra Cas e Sprar!), hanno fatto diventare Macerata un centro di prima accoglienza senza regole, ora, dopo che a marzo del 2018 la Giunta ha deliberato di contenere il numero degli accolti a 139 (adozione della clausola di salvaguardia), ne arrivano la metà perché sono calati gli sbarchi di oltre il 95% (dato Viminale: da gennaio al 7 giugno 2019 ne sono sbarcati 1.878; nello stesso periodo del 2017 ne erano sbarcati 61.201. I minori stranieri non accompagnati sono 251 contro 15.779 dello stesso periodo dell’anno precedente). Insomma, strategie intempestive e scoordinate della politica locale che, peraltro, hanno determinato una forte crisi occupazionale anche all’interno del Gus il quale ha dovuto licenziare diversi dipendenti, dopo averli lasciati senza stipendio per vari mesi».
Un calo costante di persone accolte viene registrato dall’analisi di Marchiori: «Nel primo semestre 2018 i richiedenti asilo accolti nel progetto Sprar oscillavano tra 94 e 111 (le femmine tra 3 e 5) con una presenza di quasi il 50% di pachistani e del 10% di nigeriani. Nel secondo semestre 2018 le presenze si sono via via ridotte sino a 79 di dicembre. Nel primo quadrimestre 2019 le presenze si sono attestate tra i 67 di febbraio e gli 93 di aprile, con la consueta presenza di sole 4/5 donne. Infine ci sarebbero da affrontare le questioni inerenti la destinazione dei proventi pubblici e, quindi, la rendicontazione delle spese che, però, per volontà del Comune e del Gus anche quest’anno non verrà resa pubblica, nonostante il Decreto sicurezza entrato in vigore a gennaio 2019 lo preveda espressamente. Visto, però, che tali contributi passano per il bilancio comunale con vincolo di destinazione che i Consiglieri sono chiamati ad approvare, anche quest’anno ho ritenuto opportuno e, direi doveroso, chiederne l’acquisizione per esaminarli. Per la verità non ho rinvenuto sorprese rispetto agli anni precedenti; infatti su oltre 1,5 milioni di euro la quota di spesa per il personale impiegato, per le consulenze esterne e per gli uffici dell’associazione assorbe quasi il 50%, le spese per l’assistenza degli immigrati (vitto, abbigliamento, igiene personale, sanità, trasporto, scolarizzazione, poket money, fitto e manutenzione dei locali) sono pari al 40% circa, le spese per l’integrazione (corsi di formazione, borse lavoro, contributi alloggio in uscita) sono pari al 7%. Come dimostrano i numeri, la quota di contributi attribuita agli immigrati non raggiunge neppure la metà della spesa. Questa sarà l’ultima rendicontazione prima della stretta sui rimborsi per l’accoglienza, quella che ha fatto dimagrire il grande cuore delle associazioni di volontariato e regredire lo spirito umanitario di chi si dedicava alla cura e sostentamento degli immigrati accolti nelle strutture».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Analisi molto approfondita ed accurata. In pratica oltre il 50 per cento dei finanziamenti pubblici sono spesi per la gestione dei servizi e meno del 50 per cento nei servizi erogati. Mi sbaglio? Mi sembra un’assurdità. Non vorrei che ci fosse più affari privati che sociali dietro l’accoglienza.