Due hanno fatto scena muta, il terzo, sottoposto all’obbligo di dimora, ha negato l’unica contestazione di spaccio e ha solo ammesso di aver fatto dei favori ad un amico (indagato e ai domiciliari), tipo dargli un passaggio. Questa mattina si sono svolti davanti al gip del tribunale di Macerata, Giovanni Manzoni, gli interrogatori di garanzia di tre ragazzi (due arrestati e messi ai domiciliari e un terzo sottoposto a obbligo di dimora) per una indagine sullo spaccio di droga a Cingoli nata da un tentativo di furto ad una sala slot. La settimana scorsa era stato interrogato Michel Innamorati, 25 anni, unico ad essere finito in carcere. Il giovane, difeso dall’avvocato Gian Luigi Boschi, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Per gli altri invece oggi si sono svolti gli interrogatori.
I due giovani, d’origine marocchina, finiti ai domiciliari, Jamal El Montaser, 23 (che deve rispondere anche di tentata estorsione), e Ibrahim Qochih, 20, si sono entrambi avvalsi della facoltà di non rispondere. Sono difesi rispettivamente dagli avvocati Luca Pascucci e Sara Scalpelli. Ha invece deciso di rispondere alle domande del giudice il 21enne marocchino che è sottoposto a obbligo di dimora e che ha una posizione marginale nell’indagine. A lui viene contestata una cessione di droga. «Non ho mai spacciato. Ho fatto dei favori a Qochih, una volta gli ho dato un passaggio» ha detto. Ha ammesso una telefonata ricevuta da un conoscente che gli chiedeva dove potesse trovare droga per farsi uno spinello e di avergli detto «te la trovo io». Il legale del giovane, l’avvocato Emanuele Senesi, ha chiesto la revoca della misura cautelare o la sostituzione con quella dell’obbligo di firma. L’indagine sullo spaccio di droga a Cingoli è dei carabinieri della stazione che per mesi hanno ricostruito i movimenti degli indagati e accertato circa 500 cessioni di droga in sei mesi (a partire dall’ottobre dello scorso anno). Il lunedì della settimana passata è scattata l’operazione dei carabinieri che hanno eseguito le misure cautelari disposte dal giudice su richiesta della procura a conclusione dell’indagine dei carabinieri chiamata Operazione Shelter.
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