Finitu carnuà, finito de magnà… li maccheroni

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

 

di Mario Monachesi

“Carnuà’ bellu, se magna lu lardellu, / Quaresema vecchjaccia, se magna la fojaccia”.
“Finitu Carnuà’, finito amore, / finito de magnà’ le castagnole, / finito de staccià’ farina e fiore”.
“Per santa Cenere, / fori Bacco e fori Venere”. Già all’inizio eravamo stati avvisati: “Ecco Carnuà’ che ce la coje, / ogghj maccarù’, domà’ le foje”. Dopo le libagioni del carnevale quindi, con il mercoledi delle Ceneri, in latino “Feria quarta cinerum”, inizia la Quaresima. In questo primo giorno il sacerdote impone sulla fronte dei fedeli un po’ di cenere, a simboleggiare che polvere eravamo e polvere ridiventiamo. Un tempo la frase di rito era: “Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai”. Oggi ė mutata in: “Convertitevi e credete al Vangelo”.

carnevaleIl martedi grasso allora, vede concludersi la settimana dei sette giorni “grassi” e dell’intero tempo carnevalesco. La Quaresima ė un periodo di quaranta giorni, escluse le domeniche e fino al giovedi Santo, che precede la celebrazione della Pasqua, secondo il rito romano. La sua conclusione. La cenere ha un duplice significato: essa rappresenta da un lato la caducità della condizione umana, dall’altro il pentimento per il male commesso. Questo rito viene celebrato proprio il primo giorno di Quaresima, per aiutarci a prendere la decisione ad iniziare questo cammino “purificatore”. Secondo la consuetudine le ceneri da usare venivano, e credo ancora vengono, ricavate dalla bruciatura dei rami di ulivo benedetti la domenica delle Palme dell’anno precedente. Un tempo il digiuno era cosi praticato e “stretto” che si narra che nel maceratese era usanza appendere con uno spago “un’arenga” (aringa o saraca) salata ad una delle travi in corrispondenza “de lu taulí” su cui in cucina si consumavano i pasti. Ogni boccone di polenta, preparata “su la spianatora”, veniva strofinato sull’aringa pendente, “per daje un minimu de sapore”. Alcuni vi strofinavano anche “fette de pa'”. In questo periodo i cibi erano limitati a polenta, verdure, patate, legumi, sardelle, baccalà. Un ennesimo proverbio infatti recitava: “Non c’ė Quaresema senza vaccalà”.

ceneri-2-1-650x464Sempre nel maceratese, la notte del martedì grasso le campane suonavano due volte: alle 22 e 30 per annunciare la fine “de lo magnà'” e l’avvio delle pulizie “de piatti, vecchjė’, teje, forchette e cucchjare”, e alle 24 per annunciare l’inizio della Quaresima. Mentre i rintocchi decretavano la morte del Carnevale, a Macerata, in piazza del Mercato (attuale piazza Mazzini), veniva dato fuoco ad un pupazzo in abiti femminili. Anche in tempi più recenti, fino agli anni ’70 / ’80, a mezzanotte in punto finiva ogni ballo, sia in case private che nei locali. Si riprendeva a Pasqua.
“Finitu Carnuà’, finito amore, / finito lo vallà’ de ‘ste signore”.
“L’amore de Carnuà’, / dura quanto dura lo vallà'”.
“L’amore de Carnuà’ more in Quaresema”.

ceneri-1-325x217L’inizio della Quaresima era una devozione molto sentita, specialmente nell’ambiente contadino era rigorosamente rispettata. Oggi, diciamoci la verità, un po’ meno.
L’uso di imporsi le ceneri sulla testa in segno di penitenza era praticato già nell’antico Testamento ed era conosciuto anche dai pagani. Fu negli ultimi anni di San Gregorio Magno che si cominciò il digiuno con il mercoledi precedente la domenica di Quaresima. Tale giorno venne chiamato “Caput ieiunii”, cioė inizio del digiuno, o anche “Caput Quadragesimae”, inizio della Quaresima. In chiesa vengono usati i paramenti viola e sono omessi sia il Gloria che l’Alleluia.  In campagna, la mattina del mercoledì delle ceneri, la messa ed il relativo rito iniziavano molto presto. Questo per dar modo ai contadini di tornare a casa per tempo “pe’ goernà’ le vestie e portà’ avanti l’atri laori de stajó'”. Le chiese erano affollatissima e vi si recavano grandi e piccini.
“Chj fa bona Quaresema, fa bona Pasqua”, si diceva con devozione.

 



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