di Marco Ribechi (foto di Fabio Falcioni)
«Amarezza e rabbia». Il generale Mario Mori (condannato in primo grado a 12 anni nel processo che lo vedeva imputato assieme ad altri ex ufficiali dell’Arma, ex politici e boss mafiosi) siede sul palco del teatro Lauro Rossi di Macerata, di fronte a lui il suo ex braccio destro, il colonnello Giuseppe De Donno (anche lui era stato condannato al processo sulla trattativa Stato-mafia).
Tra i due Piero Sansonetti, direttore del quotidiano Il Dubbio che offre ai presenti in sala un’avvincente intervista su quelli che si possono annoverare tra i grandi misteri d’Italia, gli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’incontro è uno degli appuntamenti pomeridiani di Philodiritto, il format di Popsophia che analizza la giurisprudenza con la lente d’ingrandimento della cultura di massa. Un grande evento con due ospiti davvero d’eccezione capaci di far luce su una vicenda conosciutissima ma ancora coperta dal mistero.
Mori e De Donno, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, sono stati attivi in tutte le indagini che hanno portato alla manifestazione del fenomeno mafioso e alla totale trasformazione della Repubblica italiana. «Voi pensate che la morte di Falcone e Borsellino sia legata al tentativo di fare indagini sul dossier Mafia – Appalti?» chiede Sansonetti con una domanda che appare quasi retorica. «Sicuramente ne è stata una delle cause determinanti, una concausa» risponde Mori. Il dossier in questione riguardava la gestione illecita del sistema di aggiudicazione degli appalti in Sicilia e poteri economici e politici avrebbero lavorato per insabbiarlo. Un fascicolo che Paolo Borsellino, dopo la morte di Giovanni Falcone, desiderava consultare rapidamente ma il cui permesso arrivò solo nel giorno della sua morte. Lo stesso fascicolo fu immediatamente archiviato nel Ferragosto del 1992 dopo che il 19 luglio anche il secondo eroe della lotta alla mafia venne ammazzato con la sua scorta in via D’Amelio.
I racconti di Mori e De Donno, densi di particolari che solo chi li ha vissuti in prima persona può conoscere, come un piccolo spiraglio in una densa coltre nera, offrono un barlume di luce sulla tragica storia italiana, sui legami tra politica e mafia e su quelli tra economia e criminalità organizzata. Finisce nel mirino anche il ruolo della magistratura. «Credo che i magistrati – dice Mori – debbano esercitare la propria professione in regioni diverse da quelle di provenienza». «E’ pericolosissimo in Italia – aggiunge Sansonetti – toccare l’operato della magistratura». Il pubblico, fatto per lo più di esperti in Legge, regala un applauso sentito e profondo unito alla commozione del ricordo di chi ha sacrificato la propria vita a favore della giustizia. Philodiritto è proseguito in serata lo spettacolo musicale.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati