di Mario Monachesi
Il baccalà, (“vaccalà” o “mirlucciu”), un tempo considerato cibo povero (oggi diventato piatto ricercato), è un alimento costituito da due specie di merluzzo nordico, il Gadus Macrocephalus (o merluzzo del Pacifico) e Gadus Morhua, salato e stagionato. Da non confondere con lo stoccafisso, che è si un merluzzo ma essiccato senza l’utilizzo del sale. I paesi principali di produzione “de lu vaccalà” sono Norvegia, Danimarca, Islanda, Canada, Portogallo, Spagna. A detta degli esperti, il baccalà più buono arriva dal nord-ovest della Norvegia, dalle isole Lofoten.
La sua prima apparizione in Italia risale al 1600 o giù di lì, grazie ai mercati veneziani che ne scoprirono i pregi, sapore intenso e carni corpose, nelle Fiandre. Tra le popolazioni del Nord Europa era già conosciuto sin dal 1400. Circa la derivazione del suo nome, ci sono più scuole di pensiero. C’è chi dice che derivi dalla parola basso tedesca “Bakkel-Jau”, che significa pesce salato o duro come una corda. Altri sostengono derivi dal portoghese “Bacalhao” o dallo spagnolo “Bacalao”, a loro volta derivanti dal fiammingo “Bakkaliaum” o “Kabeliaw”, cioė bastone di pesce. Altri ancora dal latino “Baculus”, bastone. Nelle nostre campagne, un tempo, veniva cucinato in poche maniere, in umido con le patate, lesso poi condito con “erbetta” (prezzemolo) e aglio o come condimento “su la pulenta”. In altre contrade marchigiane veniva anche cotto “su la vrascia” (brace). Una ricetta dell’ascolano narra “de lu vaccalà ‘mbriacu”. Le nostre vergare lo compravano secco, lo tenevano un paio di giorni “a ‘mmullo” (a bagno), cambiandogli di frequente l’acqua, poi lo cucinavano “su lu focu de lu camì’ o “de lu fornellu”. Spesso vendevano “un puju”, che cotto per tutti non bastava, con il ricavato, acquistavano il baccalà “che je ce ne scappava de più, cuscì tutti se saziava”, granni e picculi”. Del baccalà esiste anche la qualità detta “Grespè” (Gaspè), questo tipo, più ricercato, richiede un ammollo di più giorni, rispetto al baccalà normale. I merluzzi vengono pescati con le reti o con “palamiti”, lunghe lenze alle quali sono attaccati centinaia di ami. Una volta tirati in barca vengono puliti e salati. Giunti a riva vengono sistemati a strati, con ulteriore sale e lasciati riposare per almeno tre settimane. La salatura “de li mirlucci” nasce dal bisogno di conservarli a lungo. I cacciatori di balene, si trovavano spesso in balia di enormi branchi di merluzzi. La pesca molto fruttuosa costrinse i marinai ad usare la stessa tecnica che usavano per conservare la carne di balena. In quei tempi i pescatori usavano il merluzzo salato anche come barometro. Lo appendevano con delle corde agli alberi delle navi, se il sale iniziava a sciogliersi significava che l’umidità stava salendo e che, quindi, c’era in arrivo una tempesta.
Il baccalà, diffuso in tutta Italia, il nostro Paese è secondo consumatore mondiale, dopo i portoghesi, oggi annovera una ricchissima vastità di modi di cucinarlo, sembra esistano oltre 365 ricette (al forno, gratinato, fritto, negli involtini con la pancetta, nelle polpette, con i funghi, con l’arancia, con olive e pomodori, ecc, ecc), a differenza delle poche di anni fa. La sua polpa bianca e morbida, ha più proteine della carne, bassissima presenza di grassi, contiene Lisina (un amminoacido), calcio, omega 3 / 6 / 9 e vitamina A. Tantissimi pregi in pochissime calorie, cieca 103 ogni 100 grammi. Dal 2010 pare esista anche un gelato con questo gusto.
Una ricetta dei nostri nonni lo vedeva spesso in umido con le patate.
Ingredienti per 6 / 8 persone:
Baccalà secco di 1 kg, 1,5 kg di patate, olio, una carota, un gambo di sedano, una cipolla, 500 g di pomodori pelati, sale.
Preparazione:
Tenere a bagno “lu vaccalà” per circa due giorni in un recipiente colmo d’acqua, da cambiare spesso. Al termine, sciacquarlo bene, farlo a pezzi e asciugarlo. In una capiente padella, mettere olio, carota, “selliru” (sedano), cipolla a piccoli pezzetti, poi aggiungere il baccalà a pezzi, le patate a pezzi e mettere sul fuoco. Far insaporire per qualche minuto, aggiungere il pomodoro spezzettato, coprire e lasciare cuocere per circa un’ora. Un’avvertenza, durante la cottura ” no’ smuscinà'” (non girare), per mescolare basta smuovere la padella. A cottura ultimata, il profumo sarà inebriante e il sapore tutto da godere.
Oggi lo si compra ammollato, in confezioni già predisposte, spesso sono “linguine” e non sempre di baccalà, purtroppo. Chi può e ha tempo, lo cerchi secco, come una volta. Il baccalà è un cibo della tradizione, ha la sua storia che è anche la nostra, dei nostri avi, ha il suo gusto importante che non va tradito, va invece, per quello che si può, ricercato e “sposato” anche se questi tempi moderni ci insegnano tutt’altro.
Ricetta (piu vicina ai nostri giorni) per baccalà al forno con patate
Ingredienti:
200 g di baccalà a persona, 500 g di patate, olio, mezzo bicchiere di vino, uno spicchio d’aglio, sale, pepe o peperoncino, prezzemolo, pan grattato.
In una casseruola, con pochissimo olio, disporre le patate tagliate a cubetti, su queste adagiare i pezzi di baccalà. Preparare a parte un trito con aglio e prezzemolo amalgamato con pane grattato. Spargere il tutto su baccalà e patate, aggiungere olio, una spruzzata di vino e infornare a forno già caldo (180°) per quaranta minuti. Negli ultimi dieci, tenere acceso solo il grill superiore in modo da gratinare bene lo strato superiore, le molliche prenderanno un bel colore dorato.
Al baccalà Paolo Conte ha dedicato una bella e ironica canzone: “Pesce veloce del Baltico”, “Pesce veloce del Baltico / dice il menù, che contorno ha? / Torta di mais e poi servono / polenta e baccalà / cucina povera e umile / fatta d’ingenuità / caduta nel gorgo perfido / della celebrità…”.
La parola baccalà è entrata anche nel linguaggio di tutti i giorni: “Si un baccalà”, indica una persona magra, allampanata, stupida. “I fatto la figura de lu vaccalà”, hai fatto la figura dello stupido. “Adè rmastu come un vaccalà”, è rimasto immobile, non ha saputo reagire.
Un’ultima curiosità, il baccalà è anche un piatto tipico della Nigeria, venne importato lì dagli inglesi intorno al 1920.
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