Il nobile cingolano al fianco del re
nei 30 anni più duri della storia d’Italia

STORIA - Il conte Alessandro Mattioli Pasqualini ministro della Real Casa dal 1909 al 1939. La ‘raccomandazione’ per il giornalista Mussolini, il ‘grazie’ di Garibaldi, i documenti riservati di Mazzini e Cavour. Il titolo di Marchese come tfr preferito ad una villa antica a Roma, lo stipendio ‘bloccato’ per propria volontà nell’intero arco dell’alto incarico. Parlano i pronipoti, marchesi Carla e Nando nel loro attico maceratese trasformato in un museo dedicato ad un protagonista ‘dimenticato’ dai manuali scolastici 

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Alessandro Mattioli Pasqualini

 

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di Maurizio Verdenelli

(foto di Marco Ribechi)

Quando il re, dopo averle tentate tutte a trattenerlo si arrese e per il  trattamento di fine rapporto fece tre proposte, lui il cingolano tutto d’un pezzo non ebbe alcun tentennamento. Non a caso, ma al contrario aveva speso interamente fino ad allora l’intera sua esistenza per la monarchia e negli ultimi trent’anni, dal 1909 al 1939, era stato il potente e discretissimo ministro della Real Casa senza mai decretarsi un aumento di stipendio. “Grazie, sire: per me e la mia famiglia gradisco il titolo nobiliare”. Da autentico marchigiano aveva la vista (politica) ed una percezione fulminante: quel cavalier Benito Mussolini, che da direttore di giornale, gli aveva chiesto a suo tempo una raccomandazione, non si fidava troppo. Non era come Giuseppe Garibaldi, che invece gli era simpatico e al quale aveva regalato un appetitoso regalo. E l’Eroe dei Due Mondi: “Grazie per l’eccellente mortadella”. No, i tempi erano diventati oscuri, non come quelli della trasvolata su Vienna nella quale aveva preso parte il fratello Filippo, con il ‘Comandante’, il Poeta, il Vate, l’Immaginifico, ‘Ariele’. In due parole: Gabriele D’Annunzio o dell’Annunciazione come il principe di Montenevoso amava talvolta definirsi.

CAVALLINI-31-325x217Così il Conte, Senatore del  Regno Alessandro Mattioli Pasqualini chiuse i conti con la sua e la storia d’Italia: se ne andò via da Roma per sempre preferendole il suo ‘buen ritiro’, l’antico Palazzo foraneo di Monnece da cui si domina Cingoli e Jesi, portando con sè con il titolo di marchese il biglietto di grazie di Garibaldi, quello del duce ed un’infinità di ricordi che farebbero la gioia di uno scrittore e di uno sceneggiatore di fiction per la tv. E rinunciando, il senatore Alessandro, ad una villa storica con parco nel cuore di quella era tornata ad essere, seppure in via del tutto transitoria, Caput Mundi -ancora da venire i tempi del Sacco (edilizio) di Roma e di mafia capitale. “Vittorio Emanuele III in realtà aveva proposto anche una terza opzione al nostro prozio, ma non ricordo più per la verità” dice il marchese Ferdinando (Nando) Mattioli Pasqualini nel suo bell’attico maceratese lungo il colle di Santa Croce da dove si scopre lo sky line di Macerata. Con lui, la moglie, la marchesa Carla Alpi con la quale divide entusiasticamente l’eredità storica di ‘zio’ Alessandro. Da alcuni anni non c’è più invece la madre di Nando, Emilia Lazzarini dei conti di Morrovalle.

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Luciano Magnalbò con Carla Alpi

“Lei era diventata l’ombra, la fedelissima confidente dell’illustre cognato che accompagnava nelle passeggiate a Monnece, nella bella residenza che era stato un castello a guardia del territorio, acquistato nel 1537 dal fondatore della dinastia, Raimondo Papia Silvestri (radici matelicesi) che si era fatto un nome e ben guadagnato fabbricando ottima polvere da sparo.Lo ricordo ancora, il marchese Alessandro, con le tasche piene di ghiande ed un bastone dalla punta di ferro, con il quale camminando scavava piccole buche lasciandovi cadere il frutto della quercia. Il suo albero preferito (lo è anche della Regione Marche che lo ha preservato per legge ndr). Risultato: il parco di Monnece è ricchissimo di querce: il grande dono di quest’uomo straordinario che nel suo training quotidiano metteva a dimora il seme della pianta: aveva sostituito la guida della Real casa, condivisa con l’inseparabile monarca, con la botanica e l’amore, da sempre peraltro, per la Natura” rivela la marchesa Carla. “Passeggiate anche in bici: ce n’erano due pronte a Monnece. Una per Lui, una da donna per mia madre” ricorda il marchese Nando.

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Ferdinando (Nando) Mattioli Pasqualini con Maurizio Verdenelli

E’ questa una pagina di storia mai scritta, con molti ‘buchi’ purtroppo, pagine strappate ed andate anche a fuoco. Il ministro della Real Casa per trent’anni era stato protagonista e testimone di primo piano di una storia d’Italia (aveva voluto partecipare anche da volontario, grado di tenente, alla prima guerra mondiale) di assoluta importanza. Era un uomo riservatissimo, il senatore. Parlava poco. Un vero peccato per la conoscenza effettiva di quei decenni turbinosi. In realtà, Alessandro Mattioli Pasqualini con qualcuno si era, per così dire, confidato. “Con mia madre, senz’altro sì” dice il marchese Ferdinando, che ha detenuto, unico nelle Marche, anche l’ambita carica, che fu del Marchese del Grillo: Cameriere del Papa. Tuttavia come Onofrio, Nando sarebbe risultato talvolta assente dalle delicate funzioni cui era chiamato. “Alla fine ho rinunciato” dichiara con un sorriso.

CAVALLINI-10-325x217E i segreti di Stato, per trent’anni di cui fu fedele detentore? “Sepolti con lui prima e dopo con mia madre: ci sarebbe stato da scrivere un libro di storia, tutto nuovo”. A Monnece interi faldoni, pile di documenti storici sono andati addirittura a fuoco in un rovinoso incendio, molti anni fa. Recente invece l’assalto di una banda di criminali dell’Est: “Eravamo arrivati a Cingoli: rischiammo molto, per fortuna non li abbiamo incrociati. I carabinieri ci dissero poi che erano molto pericolosi”. Forse colpa di una poltergeist che incomberebbe sul luogo: Monnece che deriva dal latino Mons Necis. “Il monte della strage, che risalirebbe al periodo romano –rivela la marchesa Carla- nei terreni circostanti noi (in particolare nostro figlio Francesco) abbiamo rinvenuto tracce evidenti di una battaglia, elmi e corazze spezzate, appartenenti a soldati che avevano perduto la vita nello scontro sanguinosissimo”.

Forse ‘colpa’ di una leggenda (raccolta in quel di Morrovalle) che pare tratta da un film di Hollywood’. Al centro della quale, sembra, un reperto risalente all’epoca dei faraoni donata all’ambasciatore Mattioli Pasqualini quand’era al Cairo. Già perché il marchese Alessandro Mariano Ferdinando Vincenzo nato nel giorno delle cesariane Idi di marzo del 1863, fu tutto lavoro e monarchia dopo essersi laureato in Giurisprudenza presso la celebre università di Bologna avendo come relatore il generale Fiorenzo Bava Beccaris, il generale che soppresse a colpi di cannone i moti popolari milanesi del 1898. Diplomatico a Berlino, Budapest, Copenaghen, poi ministro plenipotenziario ed ambasciatore in Oriente, l’allora conte marchigiano salì al rango di Ministro della Real Casa il 23 novembre 1909, divenne senatore il 16 ottobre 1913. Meritò a iosa benemerenze, onorificenze, medaglie -interalleate da volontario nella Grande Guerra. E mai dimenticò la sua terra assommando anche la carica di consigliere provinciale di Macerata: dall’agosto del 1911 per tre anni fu pure Presidente del Consiglio provinciale.

CAVALLINI-53-325x217Naturalmente non riuscì’ a trovare il tempo di sposarsi. Era una persona morigerata che in trent’anni di attività ininterrotta non aveva voluto una lira in più rispetto al suo stipendio iniziale: né …scala mobile, né perequazione, né bonus, né scatti di carriera, per sua volontà. Gli bastava quello che aveva, come sarebbe stato sufficiente ad un altro grande marchigiano con ‘ascendenti’ anch’esso matelicesi: Enrico Mattei. Un’unica debolezza per entrambi: il caffè. “Bollente, se possibile” chiedeva il ministro del Re. Quando lui morì, prima di vedere le rovine incipienti del conflitto, era il 29 gennaio 1943: pochi anni dopo il volontario congedo non molti mesi prima dell’entrata nel conflitto del Paese. Vittorio Emanuele III inviò a Cingoli carrozza nera, cavalli bianchi e i ‘suoi’ corazzieri. Mattioli Pasqualini (il doppio nome della nobile famiglia risale al 1886) aveva chiesto d’essere sepolto nella cappella privata a Cima, nella sua terra, tra le sue piante e il bosco di querce che presto sarebbe spuntato rigoglioso.

CAVALLINI-6-325x217Cosa rimane di questo autentico ‘Cincinnato’ marchigiano?
Rispondono ad una voce Carla e Nando: “L’azione discreta, lineare, preveggente di un Uomo eccezionale, protagonista silenzioso e laborioso di un importantissimo tratto della Storia d’Italia. Questo attico maceratese, nel Suo nome è anche un po’ museo che purtroppo le jatture di Monnece (resta tuttavia una delle più belle residenze della regione ndr) hanno limitato”. Nell’attico lungo la salita per Santa Croce, ci sono i ricordi del Cairo, i documenti di Cavour, Mazzini, Garibaldi e D’Annunzio, le foto con dedica dei Reali. E pure del Belgio, i genitori della Regina di Maggio. Particolarmente affettuose le dediche del Principe ereditario, Umberto e di Maria Josè, legata a questo marchigiano potente e silenzioso, da affetto ed intendimento costante: il comune ‘sospetto’ verso il duce, il cavalier Benito Mussolini.

 

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