di Mario Monachesi
L’edicola o “pinturetta”, è una struttura architettonica di piccole dimensioni, con la funzione di ospitare e proteggere un’immagine sacra. Il termine edicola deriva dal latino “aedicula”, diminutivo di “aedes” (tempio). Molto indietro nel tempo, le edicole erano dedicate ai Lares Campitales, divinità che tutelavano i punti critici delle città. Nell’era cristiana, queste divinità pagane vennero sostituite dalla Madonna (o altri santi) ma, senza ombra di dubbio, la Madre Celeste divenne ben presto la figura più adorata dalla popolazione. Si moltiplicarono così nicchie sui muri di paesi e città ed edicole agli incroci di infinite stradine di campagna. All’interno di ogni manufatto, o una piccola statua o un’immagine della Madre di Gesù.
La “pinturetta” mariana è un momento di intimo “dialogo” con la Vergine dei cieli, un luogo che non può non condurre alla preghiera, una sosta sicuramente benefica per l’anima. In tempi passati queste “figurette” (altro appellativo), sparse e sperdute nella campagna più profonda, servivano a rischiarare, con i loro lumini, la notte e a proteggere i viandanti da pericoli e agguati, che non erano certamente rari in quegl’anni. Consolidata la dedica mariana al mese di maggio (leggasi le “Cantiga de Santa Maria” di Alfonso X re di Castiglia e Leon, il “Maggio spirituale” del benedettino Wolfang Seila e l’insegnamento di San Filippo Neri ai giovani di tributare ossequi alla Madonna con fiori, canti, lodi e atti di virtù), le edicole di campagna presero ad ospitare la devozione nei confronti di Maria.
I contadini, di sera, dopo una giornata di pesante lavoro vi si radunavano a recitare il rosario, altre preghiere e ad intonare canti inneggianti la Madonna. Queste serate già tiepide e sotto un manto di stelle diventavano anche piacevoli occasioni di incontri fra giovani e specialmente tra fidanzati. Tornando poi tutti a casa, i ragazzi trovavano ancora il modo di venir rapiti dal suggestivo spettacolo delle lucciole a guardia del grano e vaganti per la campagna tutta. Nel rincorrerle e tentare di acchiapparle si davano a cantare, più spesso a gridare: “Lucciola pénda calla calla, / mitti la vrija a la cavalla, / la cavalla de lu re, / lucciola pénda, vié co’ mme”. Per l’intero mese non vi era edicola, anche la più lontana, che non venisse addobbata di fiori e che qualcuno passandovi a qualsiasi ora non si inchinasse con devozione e non vi lasciasse un ulteriore fiore sia pure campestre.
La campagna maceratese è disseminata di “pinturette”, alcune anche molto antiche. Madonna del Monte, tra le tante di recente costruzione, ne annovera una datata primi dell’800. Si trova al km 7 della strada Potentina, adiacente la “Serva de’ rdiaulu”. All’interno trova spazio un altare con al centro un’immagine della Madonna della Misericordia. I più anziani raccontano che la costruzione avvenne per proteggere quanti un tempo attraversavano a piedi quella zona. Altre molto datate fanno suggestiva e poetica mostra lungo tutto questo nostro sublime territorio Non ne faccio un elenco per paura di dimenticarne qualcuna. Sono tante e tutte meritano rispetto. Nei pressi di alcune di esse è ripreso il rosario, vi è rifiorita una tradizione che solo pochi anni fa sembrava dimenticata, o perlomeno, assopita. Tutto ciò è molto bello. “Ecco maggio ch’è venuto / co’ le scarpe de villuto, / co’ le scarpe de vroccato, / ben venuto e ben tornato”.
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Dal 1955 al 1963 ricordo benissimo il Rosario alla pinturetta della collina a Petriolo. Commozione.