Un contatto su “Snapchat” di un account creato dalla madre di Mithun che cercava informazioni su chi conosceva il figlio sulla chat e cancellato da qualcuno in un periodo successivo alla morte del 27enne, un testimone che cambiano versione, e una perizia stilata dalla criminologa Roberta Bruzzone che ritiene incompatibili i comportamenti del giovane studente con la tesi del suicidio. La madre di Mithun Rossetti, lo studente Unicam trovato senza vita in un annesso di villa Castellano, a Porto Sant’Elpidio, il 7 agosto del 2016, aveva cercato di capire chi conosceva il figlio su di una chat di incontri, Snapchat, e aveva creato un account a nome Bibibum 6. Questo il 14 agosto del 2016. Non avevano avuto esito queste ricerche ma poi il consulente della procura ha trovato il contatto su Snapchat, quello di Bibibum, e quindi della madre di Mithun, Lorena Poddine, cancellato dal cellulare. Il consulente, visto che la data era successiva alla morte, ha ritenuto non rilevante la cosa e che potesse trattarsi di un errore visto che gli inquirenti ritengono che il cellulare sia sempre rimasto dove poi è stato ritrovato. «Invece non si trattava di un errore – dice l’avvocato Federico Valori che insieme al legale Rossano Romagnoli assiste i famigliari di Mithun –. Questo, secondo noi, dimostra che il cellulare è stato usato da qualcuno dopo la morte di Mithun, qualcuno implicato con la vicenda che ha cancellato i contatti su Snapchat e tra questi quello della madre».
Ancora, sulla perizia tecnica, il legale rileva che nelle analisi la scheda microsd non risulta essere stata controllata e che invece il tentativo di accesso risulta fallito. Poi ci sono le dichiarazioni dei testimoni. «Il vicino che in un primo momento aveva detto di non aver riferito nulla a nessuno dell’incontro con Mithun la mattina, successivamente ha riferito di averne parlato. Questo secondo noi nel tentativo di far ritornare la sua versione con quella degli altri testimoni» dice l’avvocato Valori. Il 7 agosto 2016, ai carabinieri aveva riferito: «Verso mezzogiorno sono rientrato a casa non raccontando a nessuno dei familiari quanto mi era capito nella mattinata». Il 7 novembre del 2017, dopo la riapertura delle indagini da parte della procura di Fermo, aveva detto: «Quando sono tornato a casa, intorno all’ora di pranzo, ho saputo da mia moglie, mia figlia e mia cognata che due genitori erano venuti a chiedere informazioni sull’avvistamento del figlio. A quel punto ho raccontato quanto successo e del ragazzo che avevo visto aggirarsi nella nostra proprietà». C’è poi una perizia della criminologa Roberta Bruzzone, come consulente della famiglia di Mithun, che dice che ritiene, visto l’alto tasso di etanolo trovato nel sangue che «I risultati degli esami tossicologici dimostra, con carattere di certezza scientifica che il Mithun non potesse essere in grado di effettuare tali operazioni al momento del decesso. La Bruzzone conclude dicendo che in base ai comportamenti di Mithun, «evidenziano un atteggiamento fortemente protettivo nei confronti di se stesso da parte di Mithun e del proprio futuro a breve e medio termine. Tali manifestazioni comportamentali sono del tutto incompatibili con una ideazione suicidaria autonoma». Bruzzone conclude di ritenere «del tutto priva dei necessari riscontri» l’ipotesi di suicidio.
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un altro omicidio di una persona positiva quindi intelligente che con buone probabilità si è imbattuta con gentaglia criminale.