Sisma, Giuseppetti alla carica:
«Se vogliono farci morire basta dirlo»

POLEMICA - Il sindaco di Caldarola chiede norme adatte per i Comuni con i danni maggiori: «Profonde ingiustizie nella distribuzione dei fondi». E ai primi cittadini che hanno scritto una lettera al governo: «Basta discorsi di campanile, uniamo le forze»

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Luca Giuseppetti

 

«Se l’intenzione è quella di accentrare le popolazioni nelle grandi città facendo morire i piccoli comuni bisogna avere il coraggio di ammetterlo. Ai miei colleghi dico: cerchiamo di pensare ed agire all’unisono altrimenti resteremo sempre delle voci isolate». Luca Maria Giuseppetti, sindaco di Caldarola, non usa mezzi termini per la gestione del post sisma. Né riserva premure per gli altri sindaci che in questi giorni hanno scritto una lettera per chiedere di rimettere mano a una normativa che, paradossalmente, non sta aiutando i luoghi più colpiti dal terremoto (leggi l’articolo).

«Mi lascia quantomeno perplesso il comunicato a firma di diversi sindaci dell’entroterra maceratese, nel quale si usano toni accesi contro il Governo centrale per il modo in cui si sta gestendo l’emergenza terremoto a 19 mesi di distanza dalla prima scossa dell’agosto 2016 – dice Giuseppetti -. Io per primo, nel febbraio del 2017, proposi provocatoriamente, ma non troppo, di riconsegnare le fasce da sindaco per manifestare tutto il disagio con cui noi amministratori locali ci stavamo barcamenando a causa della gestione disordinata, disorganizzata, insostenibile verso la sofferenza del territorio da parte del Governo. Nessuno all’epoca mi seguì. Oggi, a distanza di oltre un anno, li sento alzare la voce sostenendo le mie stesse argomentazioni, senza però pensare che unite le voci di tutti hanno una risonanza maggiore. Come al solito si fanno discorsi di campanile che rischiano di trasformarsi in una guerra tra poveri».

I temi, inascoltati, sono sempre quelli da un anno e mezzo. «Il distribuire i pochi fondi disponibili a pioggia, indistintamente tra chi ha seriamente subito danni dal terremoto con il 100% del patrimonio pubblico danneggiato e circa il 60% delle proprietà private, al pari di quei comuni che hanno segnalato solo qualche crepa nell’intonaco è, a mio avviso, una profonda ingiustizia – dice Giuseppetti -. E mi auguro non abbia una spiegazione meramente politica legata ai numeri dei votanti. Estendere la zona franca fino alla costa ad esempio, coprendo 140 comuni in quattro regioni, quando in realtà ne avrebbero bisogno realmente meno di 40, è una decisione doppiamente dannosa, sia per le casse dello Stato che si vedono introitare molti meno fondi, che per i Comuni seriamente danneggiati, perché la zona franca, diversamente da altre parti d’Italia ha vita breve a causa della eccessiva onerosità. Il mio augurio – conclude – è che prima o poi si trovi il coraggio di definire il cratere con criteri di reale danno al patrimonio pubblico e privato, non solo con calcoli di convenienza politica. Perché ad un comune come Caldarola, dove è praticamente inagibile tutto il centro storico, non recuperare le case e i luoghi di aggregazione mette a repentaglio la sopravvivenza stessa della comunità».

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