Un serata per Remo Pagnanelli, voluta e desiderata dagli amici del Pozzo, storico pub di vicolo Costa. Già, perché questo “luogo” (dei fratelli Francesco e Paolo Braconi) è stato sempre e ancora lo è, un punto d’incontro particolare, un perfetto mix tra ottima cucina e incontri culturali. Uno di questi, a metà degli anni ’80, aveva un titolo particolare : Vizi privati e pubbliche virtù a Macerata. L’evento fece scalpore e si protrasse fino alle tre di notte. Remo e Guido (Garufi), con le parrucche, alzarono il tiro sulla Cassa di Risparmio insieme ad una sorta di mitraglieria a fuoco pieno.
L’altra sera l’evento si è ripetuto proprio per ricordare Pagnanelli che, è stato detto, non può essere congelato o mummificato nell’icona del poeta solitario ed introverso. Ed in questa direzione Maurizio Verdenelli ha letto alcuni articoli usciti per “Il Messaggero”, dove affiora un Remo critico e combattente, impegnato e sarcastico. Con lo pseudonimo di Matteo Ricci (titolo dallo stesso suggerito: “Me ne torno in Cina”), Pagnanelli traccia già nel 1987, l’anno della sua morte a 32 anni, un quadro attualissimo della società maceratese e del cosidetto ‘Male di vivere in provincia’: un tema che per mesi tenne impegnata ancora sulle pagine del giornale romano l’intellighentsia maceratese. E di cui quella fatidica serata al ‘Pozzo’ fu la degna ma non definitiva conclusione.
Inoltre l’amore per la musica da parte di Remo, con particolare riferimento a quella francese è stato tradotto dalla geniale interpretazione di testi classici da parte di Enzo Nardi e Marco Ferrara. Vari gli interventi, coordinati da Guido Garufi, dopo i saluti del vicesindaco Stefania Monteverde, un ricordo commosso e sintetico del senatore Luciano Magnalbò (presente alche alla prima edizione storica), una riflessione dell’amico (di Remo) Piero Feliciotti tesa a valutare il rapporto sempre così presente tra ombra e luce, fuga e desiderio di permanenza. Suggestivo l’intervento sul ‘male di vivere in provincia’ da parte di Fulvio Fulvi (giornalista di ‘Avvenire’), toccante il ricordo del poeta Filippo Davoli e quello, familiare e non solo, di Sabina Pagnanelli. Ottima la lettura di Piero Piccioni.
L’incontro (suggestivo il manifesto curato da Irene Diprè) ha sortito l’effetto desiderato: non quello della commemorazione, ma della “festa”, il lato giocoso e forse più vero e meno esplorato che Remo ci ha lasciato e che solo noi, suoi amici maceratesi, abbiamo conosciuto, Ben oltre la grande caratura di critico letterario e di poeta che ha lascito nel nostro secondo Novecento un traccia ben definita e una memoria ancora viva nelle nuove generazioni della poesia italiana.
G.G.
(foto di Luciano Carletti)
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