di Mario Monachesi
Con la festa di Sant’Antonio Abate prende il via il periodo leggero e spensierato (cronaca permettendo) del Carnevale. “Carnevale, bon compagno, / pozzi vinì’ tre vorde ll’anno!”. Oltre ad una allegra spensieratezza esso reca con se anche i dolci tipici, sia quelli di un tempo che non: scroccafusi, frittelle, fregnacce, sfrappe, chiacchiere o limoncini, castagnole, bomboloni o ciambelline, pesche e cicerchiate. Oggi non più, ma un tempo quasi tutti fritti nello strutto. A Macerata, nel secolo scorso il via a questa festa pagana veniva dato dalla nobile per ultima convolata a nozze, che percorreva mascherata il corso e altre vie centrali in carrozza, gettando confetti. Nel corso degli anni molte sono state le associazioni che hanno organizzato questo appuntamento. È del 1809 la “Società del Casino” o “Casino dei Nobili”, del 1860 quella “Drammatica musicale”, nel 1869 si costituisce la “Compagnia dei begli umori”, ai primi del ‘900 nasce la “Società Carnevalesca Achille Boldrini”, a seguire quella del “Piccolo Carnevale”, la “Società dei quarantacinque”, la “Società della Foglia Verde”, la “Pro Carnevale”, la “Società Borghigiana”, la “Unione e Concordia”, la “Cavour” e la “Cittadina”. Il Carnevale del 1583 data la tanta neve caduta è ricordato per il castello che con essa fu innalzato in piazza Mazzini, dove giovani vestiti da turchi, asserragliati al suo interno, combattono contro altri vestiti da cristiani. La “battaglia” si svolge il 21 febbraio e lo spasso per la popolazione
è enorme.
Nel 1612 un altro carnevale porta in città la “Giostra della Quintana”, alla quale, in maschera, partecipano tutte le autorità cittadine. In quello del 1639 il maceratese Mario Galeotti, realizza al centro di piazza San Giovanni una fontana da cui fuoriesce vino e a cui tutti possono dissetarsi. Durante tutto l’800 a carnevale sono tradizionali, la “Corsa dei Barberi”, cavalli di barberia, lungo lo “stradone di Porta Romana” (attuale Corso Cavour); poi la tombola allo Sferisterio con premio di 870 svanziche, e il martedì grasso “processione dei moccoletti” così detta perche si accompagnava il “morto carnevale” reggendo ognuno una candela accesa. Altro carnevale passato agli annali è quello del 1856. Una grande parata in costume rievoca l’assedio di Sebastopoli (Crimea) con l’espugnazione della torre di Malakoff. La sfilata ha luogo lungo le mura di San Lorenzo (attuale Viale Puccinotti) e lungo Borgo Pio (attuale Corso Cavour). In queste manifestazioni viene profuso un tale entusiasmo da far esclamare, nel marzo 1857, a Massimo D’Azeglio: “a Macerata si sanno divertire più che in tutto il Piemonte riunito”. Nella notte del martedì grasso, ultimo giorno di frizzi e lazzi, in tutto il maceratese le campane suonavano due volte: alle 22.30 per annunciare la fine delle libagioni e l’avvio della pulizia delle stoviglie, e alle 24 per annunciare l’inizio della Quaresima. Mentre i rintocchi decretavano la morte del carnevale, in Piazza del Mercato (attuale Piazza Mazzini) veniva dato fuoco ad un pupazzo in abiti femminili. “Finitu carnuà, finitu amore e finiti a magnà li maccheroni…”. In quello del 1911 nasce al Politeama Marchetti (futuro Cinema Cairoli, oggi un palazzone), promossa dalla Sez. maceratese della “Società per la donna”, la festa in maschera per i bambini. Dopo la forzata pausa degli anni di guerra si tenta invano di rispolverare e riportare agli antichi splendori questa tradizione.
Solo nel 1991 grazie alla Pro loco di Piediripa, con sfilate di carri, gruppi mascherati e ospiti di risonanza nazionale, rinasce il glorioso carnevale maceratese. Dal piazzale del Centro commerciale, nel 1995 la manifestazione trasloca presso l’ovale dei giardini Diaz. Il tutto in collaborazione di Comune e Provincia. Dopo ospiti del calibro di Massimo Boldi, Barbara D’Urso, Maria Grazia Cucinotta, Martufello, Ela Weber, Eva Grimaldi ecc ecc, quest’anno, cioè la 28° edizione, vede madrina la presentatrice televisiva Stefania Orlando. Prima di qualche proverbio è bene ricordare che la parola “carnevale” deriva probabilmente dal latino medievale “carmen levare”, cioè tagliare / eliminare la carne, per rispettare il precetto cattolico della Quaresima.
“Carnevale bon compagno, / pozzi vinì’ tre vorde l’anno”;
“Lu juidì grassu, tutte le padelle fa fracassu”;
“Ecco carnuà’ che ce la coje: ogghj maccarù domà’ le foje”.
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