Alcuni lavoratori presenti alla conferenza
di Mauro Giustozzi
(foto di Fabio Falcioni)
Produzione ferma da luglio, la richiesta di fallimento dell’azienda che sarà esaminata il 12 febbraio, la proprietà che propone un’ulteriore taglio di 64 lavoratori per far ripartire l’attività. Ma soprattutto a rischio il futuro immediato dei dipendenti e della loro famiglie a causa delle lungaggini burocratiche legate al percorso per accedere alla Cassa integrazione straordinaria per i primi sei mesi del 2018, visto che è scaduta quella legata allo scorso anno. Un futuro a tinte fosche quello che si prospetta per la Teuco ed i suoi dipendenti.
Questa la denuncia forte che arriva dai sindacati Cgil, Cisl e Uil e dalle rsu aziendali che stanno vivendo un lungo momento di impasse sia per quanto riguarda il lavoro, fermo da oltre sei mesi, e l’incertezza per il futuro dell’azienda. Ma soprattutto quello economico che vede 120 dipendenti, con relative famiglie, a rischio di trovarsi da subito in gravi difficoltà economiche. Lavoratori che sono in attesa di ricevere in questi giorni le spettanze della Cigs di dicembre. Ma poi tutto è avvolto dal punto interrogativo. Infatti, ad oggi, dal ministero non è arrivata alcuna circolare che indichi qual è il percorso da effettuare per poter accedere agli altri 6 mesi di Cigs richiesta dal sindacato. Non solo. La holding Certina, che detiene la proprietà della Teuco all’80% (il restante è ancora della Fimag della famiglia Guzzini) ha già detto chiaramente che non può anticipare le somme della Cigs, per cui la trafila burocratica della domanda all’Inps comporta per i lavoratori ricevere il denaro non prima di 3/4 mesi da ora. E nel frattempo con che cosa andranno avanti i lavoratori e le loro famiglie, visto che in diversi hanno dovuto attingere anche ai propri risparmi in questo periodo di difficoltà? Un ulteriore inciampo a questa situazione riguarda la scadenza della convenzione, invece attiva in altre regioni, tra gli istituti di credito ed i sindacati per ottenere l’anticipo delle somme ai lavoratori una volta che il ministero dia il via libera alla Cigs. «Non è possibile stare senza stipendio –ha sottolineato Andrea Marincioni, rsu Teuco- le nostre famiglie sono già in difficoltà ora quando percepiamo tra le 700 o le 500 euro al mese di Cigs. Tutti sanno qual è la nostra situazione, che dire drammatica è poco. Se ci vuole un mese per far arrivare una circolare ministeriale quanti mesi ci vorranno poi per approvare la nuova cassa integrazione? E noi intanto che facciamo? Si potrebbe aprire un problema sociale grandissimo. Senza tirare in ballo, poi, tutti i soldi che l’azienda ci deve per gli stipendi arretrati, le ferie non pagate, così come la tredicesima o il recupero del modello 730».
Che la situazione sia da tempo fuori controllo e senza un minimo spiraglio di prospettiva lo denunciano anche i sindacati. «Della situazione – ha ribadito Marco Cesar Bracalente della Filctem-Cgil- tutte le istituzioni, dalla prefettura ai sindaci, sono al corrente. Siamo di fronte a famiglie a rischio sopravvivenza, persone che in questo periodo hanno anche fatto ricorso ai propri risparmi per andare avanti. Chiediamo a tutte le istituzioni di intervenire per sbloccare questa impasse e sostenere economicamente questi lavoratori». Sulla Teuco si allunga anche lo spettro del possibile fallimento che è stato richiesto da sindacati e lavoratori già lo scorso anno e che avrà nel mese di febbraio un passaggio decisivo. «Il sindacato non ci sta a vedere questa costante riduzione di azienda e dipendenti –ha sottolineato Manuel Broglia della UilTec – Si avvicina la data fatidica del 12 febbraio che dovrà decidere sull’istanza di fallimento che è stata presentata. Da quello che ci risulta la Teuco non ha presentato alcun piano di risanamento al tribunale, cioè il tanto sventolato concordato prenotativo. Ad oggi non c’è un futuro per questa azienda. Credo che un’assunzione di responsabilità per risolvere anche la vicenda della Cigs debba essere presa anche dalla Fimag che detiene il 20% delle quote societarie e che non può far finta di non vedere ciò che accade». Infine Giuliano Caracini della Femca-Cisl ha detto come «in questa azienda si parli in continuazione di riduzioni di personale, con l’ultima richiesta della proprietà di passare da 120 a 64 dipendenti, senza che ci sia all’orizzonte un piano di rilancio ed una prospettiva. L’attività è ferma dallo scorso luglio e, ammettendo che anche si arrivi alla ripresa, ci vorranno almeno dai 3 ai 5 mesi per far ripartire la fabbrica. Ammettendo che anche ciò si verificasse che garanzie avrebbero quei lavoratori che restassero in azienda sulle loro spettanze visto il comportamento adottato da questa proprietà? Per cui la priorità è ora salvaguardare lavoratori e loro famiglie economicamente. E nessuno di chi opera sul territorio, istituzioni per prime, può tirarsi indietro».
Ma cosa scrivete...tutto falso....Renzi e ....dicono che siamo in crescita e ci sono state milioni di assunzioni...
La storia si ripete.....la stessa holding ha già acquisito aziende in Italia per poi chiuderle con le stesse modalità lasciando in difficoltà dipendenti e fornitori. La sede produttiva concorrente di Castelraimondo ( ex Merloni Vitaviva ) ha cessato la propria attività nel 2014 dopo il concordato giudiziario e successivo fallimento . In seguito e’ toccata la stessa sorte alla ditta Albatros di Pordenone ed altre del settore sanitari wellness. Quindi parliamo di centinaia di persone che si sono trovate senza stipendio dopo aver lavorato anni per queste aziende leader nella produzione industriale . La cosa che lascia interdetti e’ che dinamiche e personaggi sono sempre gli stessi..... La domanda che mi pongo e’ la seguente: il sindacato che ha avallato la stipula del contratto di acquisto non era a conoscenza di tale modus operandi ? Sembra strano perché le due aziende distano pochi chilometri e le trattative sono durate per anni con articoli continui sui giornali. I lavoratori di Castelraimondo hanno perso il posto di lavoro e molti stipendi arretrati e se non ci fosse stato il fondo di garanzia dell’Imps avrebbero perso anche il TFR.
In passato sarebbe stata l’occasione per far partire altre aziende del settore con il personale "liberato". Ora vorrei vedere a trovare i capitali per finanziare le pur comprovate competenze.
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