di Federica Nardi
«Gli allevatori dell’Alto Maceratese, e stiamo parlando di centinaia di aziende, si trovano in situazioni al limite della sopravvivenza. Con il sisma è venuta meno quella economia locale della vendita dell’agnello, del capretto, dei polli, che ora non hanno più. I funzionari della Regione però non hanno colpa se questi soldi non arrivano. Hanno le mani legate. Il problema è che l’assessore, Anna Casini e i suoi predecessori, non hanno mai avuto il coraggio di istituire un ente pagatore regionale, come hanno fatto altre Regioni. E le associazioni di categoria restano in silenzio. È un sistema marcio». A dirlo Onelio Cingolani. Agronomo, ex Coldiretti (dal ’93 al 2005 a Macerata, dove è anche stato responsabile del Centro di assistenza agricola, poi direttore al 2008 del Caa della Coldiretti regionale). Cingolani al momento è in proprio. Con lui altri ex Coldiretti distribuiti su 5 sportelli sul territorio che gestiscono le domande di contributi per un totale di 1.600 aziende. Tra queste anche alcune che hanno contattato Cronache Maceratesi per denunciare situazioni di estremo disagio a causa dei pagamenti dei contributi (per biologico, gestione dei pascoli, benessere animale e compensativi) che arrivano, da due anni, con il contagocce. In alcuni casi per niente.
Anna Casini, vice presidente della Regione Marche
A doverli pagare l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, articolazione del ministero convenzionata con la Regione. Cingolani vive la situazione dall’interno. «A nessuno – dice – tranne agli allevatori, conviene parlare. Perché con il sistema attuale l’amministrazione di Agea ci riconosce dei soldi per ogni pratica. Non è facile attaccare Agea se con quei soldi ci vivi. I Centri di assistenza agricola, come il mio, per ogni pratica che presentano ricevono dei soldi da Agea, circa 20 euro per ogni fascicolo. A prescindere dall’entità del finanziamento richiesto. Per intenderci, un finanziamento da 200 o da 50mila euro per il Caa valgono comunque 20 euro ciascuno. Quindi con queste premesse la semplificazione non avverrà mai perché più pratiche presento e più soldi prendo».
Insomma, «Agea non è all’altezza – sottolinea Cingolani – non a caso solo 8 Regioni usano ancora questo ente per i pagamenti. Inoltre l’azienda che forniva alla Regione il software per fare le istruttorie dei pagamenti è fallita. L’appalto per la gestione delle procedure informatiche, scaduto nel 2016, non è mai stato rifatto. Per due anni si è rimediato a questa situazione pagando con procedura semplificata gli anticipi che in molti casi sono stati spiccioli se non addirittura nulla. È mai possibile che nel 2018 le pratiche non vengano istruite per due anni? C’è la possibilità poi che qualcuno che ha ricevuto gli anticipi, quando si sbloccheranno queste domande, debba anche restituirli. Di questo problema se n’è parlato sempre ma la politica non ha avuto il coraggio di prendere in mano la situazione. Anzi, la scorsa legislatura, l’allora assessore regionale Paolo Petrini aveva fatto approvare una delibera di giunta per cui le Marche dovevano istituire un ente pagatore regionale. Ma non si è mai concretizzato. Faccio questo lavoro dal 93, facevo le domande a mano e venivano pagate tutte. Oggi che abbiamo una super informatizzazione non riusciamo a pagare. Ho due aziende che dal 2015 non prendono i soldi e non si capisce che cosa manca a queste pratiche. Più aumenta la tecnologia più c’è difficoltà a pagare le domande, un paradosso. Soprattutto perché noi abbiamo strumenti incredibili che permetterebbero di pagare il giorno dopo la richiesta per quanto sono sofisticati i controlli. Quindi il problema – sintetizza Cingolani – è a livello politico. Ad esempio per i 160 milioni di euro in più che la Regione è riuscita ad ottenere per il Psr non ci sono ancora i bandi. Ma quando li vogliamo spendere? Se uscissero i bandi oggi arriveremmo al 2019 per avere la finanziabilità delle domande. La Regione ha 700 milioni di euro dedicati per il settore, vogliamo cominciarli a spendere?».
Una struttura provvisoria per il fieno
Tra gli ostacoli ai pagamenti, anche disposizioni contrastanti sull’antimafia. «A metà novembre 2017 – spiega Cingolani – è uscita una norma che ha portato il limite per la richiesta dell’antimafia da 155mila euro a 5mila euro. La cifra si riferisce al totale dei contributi percepiti da ogni azienda. Tutti i politici volevano far vedere che erano contro la mafia. Ho scritto a tutti, anche a Francesco Comi, Irene Manzi, Mario Morgoni per spiegare quanto sarebbe stato drammatico l’impatto sul territorio. Il 22 dicembre con un emendamento del Governo sulla Legge di bilancio, per le domande presentate nel 2017, il limite veniva riportato a 155mila euro, ma nonostante questo Agea, ignorando completamente la decisione del governo, ha inserito sul portale del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) la richiesta dell’antimafia generando un’anomalia che ha bloccato tutti i pagamenti per le aziende che dovevano ricevere più di 5 mila euro, per cui tutte queste aziende sono state bloccate e non hanno ricevuto un euro. A oggi, nonostante l’emendamento, risultano ancora non in regola nel sistema Sian».
Allevatori, i soldi non arrivano: «Mi restano 60 centesimi in banca, la Regione ci tuteli»
Vediamo il 4 marzo chi deciderà di chiudere col passato e col marciume che ci soffoca da 50 anni
Leggo commenti dove sbeffeggiano i 5 stelle e non ribaltano chi ste condizioni le ha provocate. Strani forti gli italiani
tutto giusto ok.... ma vallo a spiega alle bestie... che fra poco se magneranno le paroleeeeeeeeeee
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È tutto vero, è uno schifo.Dove
sono le Associazioni di categoria?
Dov’è la Coldiretti?Cosa fanno?
Sono buoni solo a intascare le
quote associative e farsi pagare
profumatamente le contabilità.
Quello che sostiene Cingolani é
tutto vero e nel 2018 ancora dob-
biamo capire come poter tutelare
le nostre aziende agricole.
VERGOGNA.