di Gabriele Censi
“Il risorgimento lo ha fatto la massoneria”. L’affermazione è del presidente del collegio circoscrizionale dei maestri venerabili delle Marche, Fabrizio Illuminati. Il contesto è la celebrazione del bicentenario dei moti carbonari di Macerata. Un fatto di due secoli fa dimenticato dalla storia che appassiona e riempe la sala conferenze della Società filarmonico drammatica di Macerata. A chiamare a raccolta il numeroso pubblico, con gente anche in piedi, proprio la massoneria, in particolare la locale loggia Evoluzione e Tradizione del Grande Oriente d’Italia.
Il primo tentativo patriottico italiano torna di dominio pubblico grazie alla pubblicazione di un libro dell’avvocato Domenico Spadoni del 1895 “La cospirazione di Macerata del 1817” in catalogo alla biblioteca Mozzi Borgetti. Il testo è stato ristampato in copia anastatica e sarà distribuito nelle scuole a cura della loggia maceratese. Fatti con risvolti romanzeschi, tra tradimenti e ardimenti, da cui ha preso spunto Renato Pasqualetti per il suo romanzo “Carbonari a Macerata”, testo uscito nelle librerie pochi mesi fa. Di questo tema hanno parlato per oltre due ore venerdì scorso Evio Hermas Ercoli, il citato Pasqualetti, presidente della Form, lo storico Marco Severini, docente di Unimc, Marco Gaetano Gentili, insegnante e autore di numerose pubblicazioni di storia locale e Fabrizio Illuminati che ha appunto rivendicato il ruolo centrale dell’associazione iniziatica. “La nostra attività ha una duplice valenza, una interna e una esterna – ha spiegato illuminati – , quella interna, prevalente, volta alla formazione e al perfezionamento dell’uomo. La massoneria lavora anche per il bene dell’umanità e spesso nostri uomini sono stati l’elemento propulsivo della costruzione del mondo moderno”
Una insurrezione finita in un paio di colpi di schioppo e una fuga nelle campagne, con conseguenti dure pene comminate dal tribunale del Papa Re, anche nunerose condanne a morte poi commutate in detenzione in carcere. Dovevano essere in trecento ad assaltare la città e prendere il potere, nella notte di San Giovanni, la più lunga dell’anno. Quattro falò sulla torre avrebbero comunicato il successo che doveva propagarsi in tutta la regione. Ma solo in pochi decidono di portare avanti l’impresa dopo che le logge di Bologna e Ancona avevano fermato il piano. L’occasione era stata suggerita dalla malattia di Pio VI e dalla carestia che aveva colpito il popolo contadino (due anni senza estate per le conseguenze dell’eruzione del Tambora), ma il papa si era rimesso in salute e il popolo proprio perchè spossato dalla fame non aderì se non con pochi idealisti.
Un piccolo gruppo che aveva scelto come futuro console un nobile osimano, il conte Cesare Gallo. Tra le figure principali c’erano Luigi Carletti ex-ufficiale napoleonico e Francesco Riva, maestro d’Armi. Erano rappresentati tutti i ceti sociali e seppure con l’epilogo infausto, i fatti del 23 giugno 1817 furono presi molto sul serio dal potere vaticano che vedeva contrapposti due potenti cardinali al fianco del pontefice: Agostino Rivarola ed Ercole Consalvi, uno durissimo e l’altro moderato. Questi proprio sulla questione maceratese si scontrarono. Rivarola era per una repressione militare e Consalvi invece voleva seguire le indicazioni del vescovo Vincenzo Maria Strambi, fautore di una colletta per aiutare i poveri in grave difficoltà e sopire lo spirito insurrezionale che covava.
Interessante la ricostruzione di Marco Gaetano Gentili che ricorda anche la vita in carcere dei protagonisti dei moti del 1817. Vicende umane personali e di un territorio che diveniva allora centro della Storia. Anche il Comune ha salutato l’evento con l’assessore Federica Curzi: “Macerata è stata protagonista della storia d’Italia”. “L’idea del riscatto della nazione a due anni dal congresso di Vienna – conferma Marco Severini – partì proprio da Macerata”. Ercoli ricorda che anche Leopardi narrò le lotte risorgimentali ne “La guerra dei topi e delle rane”, dove i topi erano i carbonari e le rane i papalini, tutti finiti poi in pasto ai granchi (gli austriaci).
Comunque la si pensi, il servizio è bello e il resoconto dell'incontro interessante.
La loggia di Mogliano?
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a me rievocano un covo di serpenti con qualche ranocchia che passano il tempo parlando del passato forse non si sono accorti del calendario.