di Walter Cortella
Non c’è due senza tre. E dopo Vendicar don Chisciotte… e Ritorniamo al casolare ecco che puntuale arriva Ieri ero nessuno, la terza raccolta di scritti di Giuseppe Sabbatini. Si tratta di un agile libretto di poco più di cento pagine «dedicato a chi si sente Nessuno ma può diventare Qualcuno», nel quale il prolifico avvocato-scrittore nostrano raccoglie ancora in brevi monologhi pieni di umanità l’essenza delle tante esperienze maturate nel corso della vita, con tutto il loro carico di suggestioni e atmosfere particolari e delicate. Fonte di ispirazione sono le persone che ha conosciuto negli anni e i più disparati avvenimenti della quotidianità che hanno polarizzato la sua attenzione. Nel suo libro c’è posto per il terremoto, per Castelnuovo, il suo borgo natìo, per un caminetto acceso, un’ode al bosco che circonda il Casolare, per la Brexit e tante altre cose ancora. Ci parla del ritorno del fagiano Gervasio e del vispo e inesperto leprotto Pompeo che esorta a diffidare di chi non conosce, specie se armato di doppietta e accompagnato da instancabili cani da caccia; si sofferma sull’incessante andirivieni dell’onda marina che col suo moto invita a tornare col pensiero indietro nel tempo; si interroga se è nato prima l’uovo o la gallina; osserva il suo Nessuno che mentre raccoglie le olive sente imperiosa la voglia di tornare bambino. E dinanzi al monumento funebre di una donna morta da oltre ottant’anni, rimane ammaliato dalla sua bellezza appena intaccata dal tempo impietoso e il pensiero subito va a colui che ha voluto quella scultura per la donna amata e che “forse giace lontano in deserto o in gelida steppa straniera”. Tra i tanti, un brano mi ha colpito, quello dedicato ad una vecchia “cipolla” da taschino che sul punto di essere ceduta al Banco dei pegni ha un’impennata d’orgoglio e ricomincia miracolosamente a funzionare, riscattando in extremis un passato ricco di storia.
Non poteva, infine, mancare il ricorrente, struggente pensiero rivolto alla cara Franca, sua fedele compagna in vita e ancor più dopo la sua prematura dipartita. Mi fermo qui per non defraudare il lettore del sottile piacere di scoprire da sé, pagina dopo pagina, un Sabbatini per certi aspetti sconosciuto. Chi non lo frequenta con assiduità, si troverà di fronte un uomo che crede in certi valori e che ama la vita e la Natura in tutte le sue forme, in tutte le sue espressioni. Un uomo di grande fede che guarda sempre avanti, fiducioso malgrado tutto in un mondo migliore. L’Autore, inguaribile ottimista, ha l’invidiabile capacità di saper cogliere, in ogni situazione della vita quotidiana, per quanto banale possa apparire, il più recondito aspetto umoristico sfiorando il surreale e di trasporlo con maestria sulla pagina scritta. Il suo stile, vagamente bucolico, lo porta ad osservare con attenzione tutto ciò che accade intorno alla sua persona. I testi, brevi e gradevoli, si leggono tutti d’un fiato e, malgrado la loro apparente leggerezza, inducono il lettore a profonda riflessione. In Ieri ero nessuno si nota un’alternanza di prosa e poesia, ma il confine tra le due forme letterarie è davvero esile, impalpabile poiché, grazie all’allegro rincorrersi di concordanze e consonanze, i versi sembrano prosa e la prosa diventa poesia.
Donatella Donati, che ha scritto la presentazione del libro, sostiene che esso «…andrebbe letto ad alta voce per gustarne il ritmo e la sonorità….». Solo così, infatti, è possibile lasciarsi andare e farsi cullare dalla musicalità delle parole. Questa è la «cifra» stilistica di Giuseppe Sabbatini scrittore. E veniamo alla cronaca. La presentazione al pubblico, composto in prevalenza da amici ed estimatori giunti anche da lontano, è avvenuta in una location inedita e di grande impatto: la residenza di campagna dei fratelli Giuseppe e Silvana Sabbatini, in quel di Santa Croce di Recanati, una accogliente dimora circondata da un bel bosco fitto di querce e pini. Con la complicità di una calda estate ormai agli sgoccioli, gli ospiti hanno potuto vivere una piacevole tiepida serata di buona poesia e bella musica. E sì, perché l’evento culturale è stato allietato dalla esibizione del complesso Jazz in Blue Quartet, una piccola band di qualità composta da Carlo Luchetti (tastiere), Pietro Anselmi (contrabbasso), Giulio Taccari (batteria) e Roberta Cantarini (voce), insieme dal 2002. Conduttrice e voce recitante la brava Tiziana Bonifazi accompagnata da Giuseppe Russo.
I due «fini dicitori», ormai noti ai fans di Sabbatini, hanno letto diversi brani della sua ultima fatica letteraria, da lui stesso definita «un omaggio alla vita che corre e non vuole arrendersi mai perché, se le radici sostengono, la speranza non muore». Il volume, racchiuso in un cofanetto è corredato, come ormai da tradizione, da una serie di immagini originali e di estrema delicatezza realizzate al computer dal figlio Lorenzo, che apportano una gioiosa e gradevole nota di colore. Esse non hanno certo il compito di illustrare il testo, ma mirano a fornire una chiave di lettura altra e ad aiutare il lettore nel lasciarsi andare mentre sfoglia il libro. Un gradito rinfresco finale per i saluti ai tanti amici intervenuti, prima che qualche sparuta goccia di pioggia ponesse fine alla bella serata.
(Foto di Albo Tardella)
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Complimenti Avvocato.
Giuseppe sei un grande Nessuno, e come Ulisse entri nei sogni dei tuoi lettori.