“No a lavoro nero e mafia
nei cantieri della ricostruzione”

MACERATA - Firmato il protocollo con cui sindacati e confederazioni del settore edile chiedono una legge regionale o un’ordinanza del commissario Vasco Errani per affidare alle Casse edili ed Edilcasse la verifica che a un determinato appalto corrispondano adeguati pagamenti ai lavoratori e versamenti di tasse

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La presentazione del protocollo. Da sinistra Luciano Ramadori, Pacifico Berrè, Carlo Resparambia, Gianni Niccolò, Jacopo Lasca e Daniel Taddei

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di Federica Nardi

(foto di Fabio Falcioni)

Evitare lavoro nero, concorrenza sleale e infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione. Con questo obiettivo nasce il protocollo di intesa tra le parti sociali del settore edile di Macerata. Sindacati e confederazioni chiedono una legge regionale o ancora meglio un’ordinanza del commissario Vasco Errani per affidare alle Casse edili ed Edilcasse la verifica che a un determinato cantiere corrispondano adeguati pagamenti ai lavoratori e versamenti di tasse. Un meccanismo che in Umbria è in funzione dal 1998. Presentato questa mattina nella sede maceratese di Confindustria ma firmato il 22 giugno, il protocollo vede la sottoscrizione di Cgil, Cisl e Uil (della Federazione italiana lavoratori del legno e dell’edilizia e affini delle Marche), Confindustria, Ance, Confartigianato e Confartigianato imprese e della Cna di Macerata.

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Luciano Ramadori

Quando viene affidato un appalto esistono tabelle che indicano a seconda del tipo di costruzione e dell’importo, la percentuale minima del costo del lavoro. In una parola: la congruità della manodopera rispetto al valore dell’opera. “Abbiamo bisogno di un quadro normativo che tenga conto dell’incidenza della manodopera”, dice Daniel Taddei della Cgil anche perché, aggiunge Luciano Ramadori, direttore della Cna: “Una ricostruzione di qualità si fa con norme chiare e stringenti”. Da qui il protocollo. Un “percorso condiviso – dice Carlo Resparambia della sezione Ance Macerata – per ottenere un’ordinanza sul controllo della manodopera edile negli appalti della ricostruzione”. Il problema al momento, spiegano il direttore di Confindustria Gianni Niccolò e Pacifico Berrè di Confartigianato imprese, è che “le imprese presentano una denuncia di cantiere cumulativa di tutta la manodopera per tutti i lavori, per cui è difficile capire chi è stato impiegato, per quanto tempo e in quale cantiere”. Questo aggiunto al fatto che la documentazione che attesta la regolarità vale per 6 mesi ed è solo cartacea (il cosiddetto Durc, documento unico regolarità), aumenta il rischio che si facciano lavori in nero, così come aumenta il rischio di ribassi di prezzo che vadano a scapito dei lavoratori, della concorrenza leale e della qualità della ricostruzione.

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Da qui l’idea di affidare alle Casse edili (per l’industria) e alle Edilcasse (artigiane), la verifica della congruità tra importo del cantiere e manodopera impiegata. Questi enti (partecipati dalle parti sociali dell’edilizia) con la proposta del protocollo potrebbero conoscere già l’importo dei lavori dei singoli cantieri attraverso il sistema delle notifiche preliminari e quindi il valore dei rispettivi appalti. Questo porterebbe a un controllo efficace e puntuale sulla regolarità dei contributi pagati e anche sul rispetto del numero minimo di lavoratori impiegati nei cantieri a seconda della costruzione. “Dobbiamo trasformare il protocollo in ordinanze o leggi regionali – dice Jacopo Lasca della Filca Cisl Marche: – perché non è accettabile che il territorio già lacerato subisca anche lo sciacallaggio della criminalità organizzata”. Con il protocollo i firmatari si impegnano entro 3 mesi a preparare una proposta organica per il tavolo regionale (convocato per il 20 luglio) e a quello della prefettura.

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