Mithun, la procura chiede l’archiviazione
La famiglia: “Indagini carenti”
Giallo dei messaggi su Whatsapp

MISTERO DI VILLA CASTELLANO - Il legale delle famiglia Rossetti ha presentato opposizione. Diverse le critiche all'inchiesta: dall'assenza di accertamenti su vestiti e luogo dove venne ritrovato il 26enne, alle analisi su pc e cellulare, a inesattezze e ritardi

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Mithun Rossetti

 

di Gianluca Ginella

Ha scritto per 30 minuti su Whatsapp prima di sparire per poi venire ritrovato senza vita: ma di quei messaggi non sarebbe stata trovata traccia. È questo uno dei misteri che l’indagine della procura di Fermo non ha chiarito sulla morte di Mithun Rossetti, lo studente di Unicam, d’origine indiana e che viveva a Treia. Il passato è dovuto al fatto che il sostituto che ha preso in mano l’indagine ne ha chiesto l’archiviazione. Ma la famiglia del 26enne, trovato senza vita in un annesso di villa Castellano, a Porto Sant’Elpidio, il 7 agosto dello scorso anno, ha presentato opposizione, ritenendo che le indagini siano state carenti. I dubbi li ha messi nero su bianco l’avvocato della famiglia Rossetti, il legale Federico Valori. Per la procura la morte di Mithun, studente dell’università di Camerino, è un suicidio, il pm rileva che non ci sono «elementi concreti di valorizzazione a fini di prova attraverso ulteriore attività di indagine preliminare». Però alcuni elementi, portati alla luce dai famigliari stessi, lascerebbero aperti dei dubbi.

WHATSAPP – Come la testimonianza di una ragazza che aveva incontrato Mithun al Tropical di Porto Sant’Elpidio. La ragazza, sentita dal legale dei famigliari, ha riferito che Mithun dalle 4,30 alle 5 aveva scambiato messaggi su Whatsapp con qualcuno. Secondo lei poteva trattarsi di una donna. I famigliari, avuta copia, con la richiesta di archiviazione, dei risultati dell’acquisizione del contenuto informatico del cellulare, hanno cercato se vi fosse traccia di questo scambio di messaggi: «il risultato è stato negativo» dice l’avvocato Valori. Per questo è «assolutamente necessario ripetere l’acquisizione del cellulare al fine di verificare se esso sia stato manomesso e se siano stati cancellati messaggi o chiamate effettuate mediante Whatsapp» scrive il legale.

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La mappa delle ultime ore di Mithun e dei vari ritrovamenti

LE CRITICHE – I famigliari, nell’opposizione alla richiesta di archiviazione, sostengono che le indagini svolte dal sostituto Alessandro Piscitelli, che definisce «minuziosi» gli accertamenti disposti dalla procura, dicono che se ne deve «rilevare la loro sommarietà che emerge innanzitutto dal fatto che gran parte delle attività di indagine rilevanti sono state effettuate solo a seguito degli innumerevoli solleciti avanzati da questa difesa – dice l’avvocato Valori – e, dunque, in ritardo rispetto alle tempistiche che dovrebbero essere osservate per assicurarne l’efficacia, come avvenuto per il mancato rilevamento della temperatura basale al momento del ritrovamento del cadavere, accertamento fondamentale per stabilire l’ora esatta del decesso e che è stato realizzato solo il giorno successivo».

GLI ABITI – Mithun quella notte si era spogliato e i vestiti erano stati ritrovati sparsi in un raggio di alcune centinaia di metri. «Non sono stati oggetto di alcun tipo di accertamento utile a far emergere la presenza di Dna riconducibile ad eventuali soggetti terzi» dice Valori.

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L’avvocato Valori con la sorella di Mithun, Putrika e la madre del 26enne, Lorena Poddine

L’ANFRATTO – Inoltre «la procura non ha provveduto a disporre accertamenti di alcun tipo con riguardo al portafoglio ed alla confezione di tabacco di Mithun che sono stati rinvenuti, insieme al suo telefono cellulare, soltanto il 9 settembre 2016 in un anfratto di un muretto di recinzione situato a pochi metri dall’inizio di via Castellano» dice Valori. A trovarli è stato un residente «che abitualmente parcheggia la propria auto in quel luogo e che, dunque, difficilmente avrebbe potuto non notare la presenza degli oggetti se gli stessi fossero stati presenti nell’anfratto già da un mese».

INDAGINI FRETTOLOSE – «Ulteriore elemento a conferma della frettolosa valutazione dei fatti svolta dalla Procura – dice Valori – è rappresentato dalla circostanza che la richiesta di archiviazione è intervenuta il medesimo giorno in cui il pm, stando a quanto da lui stesso riferito nel provvedimento emesso il 5 maggio ha preso visione dell’elaborato peritale del ctu incaricato, Luca Russo, avente ad oggetto gli accertamenti tecnici irripetibili effettuati sul telefono cellulare e sul computer portatile: appare inverosimile che una sola giornata sia stata sufficiente per valutare attentamente il contenuto della perizia». Sugli accertamenti sul telefono la famiglia si è rivolta ad un consulente, Marco Calonzi, che lavora con la procura di Roma. «E’ emerso come l’attività svolta dal ctu sia inesatta e non esaustiva». Ad esempio, rileva Calonzi, non sono state fatte indagini su eventuali file cancellati sul computer, ma è stata limitata alla cronologia internet. Inoltre, nella relazione mancano riferimenti alla scheda di memoria micro sd presente sul telefono cellulare e «nessuna indagine è stata svolta in merito al cosiddetto “cloud”, in particolare alla sezione “google drive”».

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L’interno dell’annesso di villa Castellano dove è stato trovato il corpo di Mithun

IL GIACIGLIO – Non ci sarebbero state indagini sul giaciglio realizzato da Mithun nell’annesso di villa Castellano. C’erano una arella e un telo agricolo bianco, presi da un magazzino della villa. Per il legale però la circostanza era importante visto che al momento della morte, Mithun aveva un tasso di alcol nel sangue di 1,77 grammi per litro, così alto «da rendere altamente improbabile il fatto che egli abbia potuto realizzare tale giaciglio da solo» dice Valori, anche perché aveva dovuto scendere una scala ripida e senza illuminazione. «Oltre a ciò, per quale motivo Mithun, prima di togliersi la vita – continua Valori –, avrebbe dovuto dilungarsi nella ricerca dei materiali suddetti e nella realizzazione stessa del giaciglio? Vi è un’unica plausibile ragione: Mithun quella notte non era solo e dunque quel giaciglio potrebbe essere stato utilizzato per la consumazione di un rapporto sessuale, ipotesi che rende opportuna l’effettuazione di prelievi sui materiali utilizzati, al fine di rilevare liquido seminale, secrezioni o residui di altro tipo; infatti, l’assenza di evidenti segni di violenza sulla salma, non esclude tuttavia che lo stesso abbia avuto un rapporto consensuale o che tale rapporto, iniziato come tale, si sia poi tramutato in una violenza sessuale che, tuttavia, non ha lasciato evidenti segni fisici». Il legale poi ribadisce la richiesta di analisi sui tamponi prelevati durante l’autopsia per rilevare presenza di Dna».

IL CAVO ELETTRICO Altro punto: «né il cavo elettrico che ne ha causato la morte per asfissia né la tuta e la maglietta indossate al momento del ritrovamento, sono stati sottoposti ad accertamenti volti al rilevamento di eventuali impronte digitali o tracce biologiche presenti sugli stessi ed appartenenti a soggetti terzi» dice Valori.

I GENITORI – La famiglia, visti i risultati dell’inchiesta e la richiesta di archiviazione dice: «Chiediamo che le indagini che dovevano essere svolte già da tempo vengano fatte. E che Mithun venga trattato come un cittadino italiano, quale era».



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