di Emanuela Addario
Sacerdote sfollato festeggia i 100 anni. Don Ermenegildo Cicconi, per tutti don Gildo, di Camerino, è ospite dell’hotel Giannino di Porto Recanati dai primi di novembre scorso. Don Gildo è stato parroco di Polverina, una frazione di Camerino, per ben 76 anni, prima del recente terremoto che ha messo in ginocchio le Marche. Sesto di otto fratelli, dopo gli studi liceali entra in seminario a Camerino e studia teologia per 4 anni. “Subito dopo sono stato ordinato sacerdote e ho iniziato a prestare servizio a Polverina. Avevo appena 24 anni e tutti i giorni facevo 12 chilometri a piedi da Camerino a Polverina. Brutti tempi, c’era la guerra” racconta sorridente don Gildo.
L’assessore ai Servizi sociali di Porto Recanati, Pierpaolo Fabbracci, consegna la pergamena a don Gildo
Il sacerdote anche oggi, puntualmente alle 16,30, come fa dal primo giorno che è stato ospite dell’albergo, ha celebrato la messa. Al suo fianco l’arcivescovo di Camerino Francesco Giovanni Brugnaro. Il comune di Porto Recanati è stato rappresentato dall’assessore ai servizi sociali Pierpaolo Fabbracci che ha donato a don Gildo una pergamena. Parenti e amici, oltre agli ospiti dell’hotel, hanno festeggiato tutti insieme i 100 anni con don Gildo.
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Per diversa residenza non son mai stato parrocchiano di don Gildo, parroco di San Lorenzo e Polverina. Il mio incontro con quel grande uomo fu quando nel settembre del 1962, alla festa di Valdiea, presi una sonora cotta per Bruna Giuseppucci il cui padre era “affetto” da conclamata circospezione nei confronti dei numerosi pretendenti della sua bella unica figlia. Ero, pertanto, consapevole di dover lottare contro numerosi pretendenti tra i quali c’era anche il mio amico di sempre Gianfranco Palmieri.
Avendo io notato la puntuale frequenza domenicale di Bruna sempre a messa con sua madre e constatando l’assenza in parrocchia di un organista, colsi felicissimamente l’occasione per propormi a don Ermenegildo quale volontario addetto all’ausilio liturgico musicale.
Affare fatto in quattro e quattr’otto: se non altro per l’imminenza del Natale. Don Gildo felicissimo, io più di lui e tutti i parrocchiani accolsero benevoli e festosi quella mia disponibilità su cui nessuno avrebbe immaginato.
Ma Bruna non era stata mai canterina e la sua presenza alle prove per i canti natalizi fece immediatamente balenare al buon don Gildo una azzeccata intuizione.
Divenuto ridicolo ogni mio eventuale diniego sull’intenso sentimento per quella ragazza di Polverina, vuotai ben presto il sacco a don Gildo proprio in occasione di una bella e molto lunga confessione in casa sua nel suo studio mentre la perpetua Genoveffa preparava anche per me un risotto che solo lei sapeva magistralmente preparare.
Il buon don Gildo mi portò all’attenzione argomenti che il bollore del sentimento a 18 anni nasconde a tutti i ragazzi afflitti dalle perturbazioni sentimentali dei primi innamoramenti.
Mi disse che nei fidanzatini coetanei diciottenni, lei è già una donna fatta mentre lui è ancora un immaturo bamboccione e pertanto occorreva aspettare cinque o sei anni ancora ma per lei un uomo più anziano avrebbe anche potuto portarla all’altare dopo pochi mesi. Non so né mai voluto sapere se don Gildo in confessione fosse stato invitato dalla stessa Bruna, a cui ero tutt’altro che indifferente, a sentire i buoni consigli alla fidanzata cristiana. Ma Bruna nell’estate del 1963 si fidanzò con un bel ragazzo di Caldarola, maturo e già impegnato nel lavoro.
Io continuai per un paio d’anni ancora a prestare il mio talentino musicale in occasione delle grandi feste religiose ma quando il gruppo dei ragazzi coristi si assottigliò rapidamente per assenza di ricambio, io fini per non andare più ma resi sempre il mio servizio al buon don Luigi Silenzi, il mio parroco, ora anch’egli a Caldarola ospite di consanguinei.
Nemmeno Bruna Giuseppucci rividi mai più. Le mandai i miei saluti da un paio di persone di Caldarola che la conoscevano bene e che mi ribadirono la felicità del suo matrimonio.
Don Gildo però non l’ho più dimenticato nel senso di occasionali ma lieti incontri nei quali toccare ogni volta di più con mano la vera essenza di quell’uomo: una persona squisitissima, generosa e sincera più del dovuto che nelle sue confessioni sapeva portare i penitenti nei più struggenti pentimenti e suscitare in essi i più energici proponimenti a non più peccare. Auguri don Gildo amato. Tieni duro per non andare via. Se un giorno tu dovessi mancare sappi che ti porterai via una parte importante della mia educazione.