di Maurizio Verdenelli e Federica Nardi
(foto di Andrea Petinari)
Non c’è che dire: a Recanati di ‘Giovani Favolosi’ non c’è solo Giacomo Leopardi. I ragazzi Messi, ad esempio. Anche loro autentici geni a cominciare dalle estremità degli arti, anche se queste a differenza del Poeta non gli servono per scrivere. Tutto al più per disegnare virtuali, imprendibili geometrie su un terreno di calcio come Lionel Messi, il n.1 nel gioco più popolare al mondo: il football. O, per Leandro, splendidi presepi e meravigliosi mobili in legno massiccio, fatti a mano. Già Lionel e Leandro Messi, due ragazzi di uguale età (entrambi hanno 29 anni), somigliantissimi nelle fattezze del volto (ma non nell’altezza: la mitica ‘Pulce’ dai molteplici Palloni d’Oro, misura 165 cm, il cugino recanatese cm180), discendenti da due fratelli contadini di Montefiore: i loro bisnonni. Che un secolo fa divisero le loro esistenze per cercare di poter ‘andare avanti’ senza l’assillo quotidiano della miseria. Per questo motivo, le famiglie dei coloni, erano spesso costrette a separarsi al loro interno a causa della ‘magrezza’ delle campagne marchigiane.
Il 29enne Leandro Messi
I due fratelli non si rividero né più si scrissero. Non potevano: erano analfabeti. Succedeva quasi sempre che quei viaggi della speranza erano ‘piccole morti’: partire era come scomparire l’uno per l’altro. Ricorda Leandro: «Erano contadini che come tantissimi altri non sapevano scrivere, non serviva all’ombra del castello di Montefiore, legati a terreni con risorse certo non sufficienti per tutti. Così un giorno, nel casolare dei Messi, Angelo salutò la sua famiglia d’origine e il fratello Giovanni. Salì sul treno ad Ancona, poi prese la nave per varcare l’Oceano e sbarcare in Argentina. Non si rividero più, i due fratelli recanatesi, né dati i tempi e la povertà ebbero modo di potersi scambiare telefonate intercontinentali: il loro analfabetismo troncò ogni possibilità di rapporti ulteriori. Da parte mia, una sola volta ho provato a raggiungere al telefono Lionel, nella casa di Rosario in Argentina prima del trasferimento di tutta la famiglia a Barcellona: riuscii a parlare solo con la sorella più piccola che mi fu “passata” dalla donna delle pulizie».
Quasi una leggenda: dalla povertà assoluta delle campagne recanatesi alla ricchezza assoluta dei guadagni del calciatore più bravo del Pianeta, ‘erede’ del poverissimo contadino Angelo. Una storia quasi incredibile eppure non così estranea a quella complessiva dell’emigrazione italiana di cento anni fa. Dice Leandro: «Sono assolutamente orgoglioso di questa umile discendenza. Il racconto di quegli anni, di quella dura condizione (era mio nonno Aurelio, figlio di Giovanni a parlarmene, quand’ero bambino) ha prodotto in me un attaccamento a valori importanti di sacrificio, di lavoro ed una nostalgia che sento e riproduco nei miei presepi». Che sono appunto il disegno appassionato di quell’epoca «quando eravamo poveri». Rappresentando un richiamo irresistibile per i tanti turisti arrivati a Recanati nel lungo ponte natalizio. Il magico presepe meccanizzato realizzato a mano da Leandro Messi è stato in questo contesto come un eurogol del cugino Lionel in una finalissima. Non a caso, come “La Pulce” ha dedicato la sua vita fino ad oggi, alla ricca professione di calciatore, così il falegname Leandro ha dedicato 17 dei suoi 29 anni allo studio del presepe, anch’esso icona identitaria dell’Occidente come il football stesso: impegno, ricerca e sperimentazione anche per il Messi recanatese. Nella chiesa di San Vito, a Recanati, chi entra e attende pazientemente il fila, può ammirare in un percorso breve, ma solo dal punto di vista logistico (c’è bisogno di tempo per apprezzare tutti i dettagli degli scenari natalizi di Messi) uno dei presepi artistici più belli delle Marche.
«L’allestimento del presepe dura tre mesi – racconta Messi – ma il lavoro di recupero dei materiali è frutto di una ricerca che mi impegna tutto l’anno. Sono tutti elementi naturali, dalle rocce di montagna al legno, che raccolgo a Castelluccio d’estate». Ad incantare i paesaggi nevosi, realistici in ogni dettaglio: dalla polvere di resina che copre i monti alla schiuma che crea l’illusione di una vera e propria nevicata. Le statue (dai 10 ai 30 cm) in movimento e non, sono anch’esse di resina. Di fronte al presepe di Messi si torna nuovamente bambini. Ci si ferma incantati a osservare l’accuratezza della meccanica che anima le figure del presepe, ad ascoltare i rumori familiari dei ruscelli e degli arnesi in ferro che riempiono la sala di tintinnii. «Direi che è andata molto bene, le presenze hanno superato quelle scorse edizione che pure avevano fatto registrare ottimi numeri. In generale ho notato un incremento di visite durante i giorni lavorativi. Da Bologna, Saronno, Parma, Taranto, Milano, Rovigo, Roma e Padova: da tutt’Italia, in una parola. E per sabato 9 è atteso un gruppo proveniente dalla provincia di Roma che arriverà a Recanati proprio per il mio presepe».
L’appuntamento naturalmente è nella splendida “San Vito”, luogo altamente evocativo per i “Giovani favolosi” di Recanati: fu in questa storica chiesa, cara alla tradizione cittadina e alla tradizione della rievocazione della passione di Cristo, che il giovinetto Giacomo dei conti Leopardi di San Leopardo meravigliò per la precoce sapienza nobiltà e popolino tenendo, un Venerdì santo, il rituale discorso in morte del Redentore.
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Lionel je spiccia casa!