Estorsioni, rapine, incendi, spaccio di cocaina: in manette 12 componenti di un presunto sodalizio criminale (un 13esimo è ricercato) che da mesi, in base alle indagini dei carabinieri del Ros di Ancona, avevano cercato di allungare le mani su diverse attività criminali nelle Marche e in particolare nel Maceratese. L’idea era di ricostituire la banda della Mafia della movida, di cui allora (nel 2009) facevano parte anche Marco Schiavi e Gaetano Abaco (oggi collaboratori di giustizia). Ma le mosse del presunto sodalizio sono state arginate per mesi dall’attività dei carabinieri del Ros che alla fine questa mattina hanno teso la rete e arrestato 12 persone su ordine di custodia cautelare in carcere. Le operazioni criminali avvenivano soprattutto lungo la costa maceratese, a Civitanova e Porto Recanati.
All’inizio del 2013 diversi degli imputati al processo per la Mafia della movida tornano liberi per scadenza dei termini delle misure cautelari. E’ allora che comincia qualcosa, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros, coordinati dalla procura distrettuale antimafia di Ancona. Nasce l’idea di ricostituire quella che era stata la banda di cui facevano parte, oltre a Schiavi e Abaco, anche Salvatore Perricciolo, Mirco Calvari, Alessandro Petrolati e Francesco Maenza. Questi ultimi quattro (imputati al processo per la Mafia della movida, che si sta svolgendo al tribunale di Macerata) sono stati tutti arrestati questa mattina nel corso del blitz del Ros.
Nasce una associazione per delinquere finalizzata, da un lato ad estorsioni, rapine, ricettazione, furti, incendi, e dall’altro al traffico di droga (in particolare a Porto Recanati, Civitanova e Tolentino). Ma il sodalizio commette un passo falso che richiama l’attenzione della Dda. E’ la fine di luglio dello scorso anno e, secondo gli investigatori, in un casolare nelle campagne di Montegranaro si riuniscono diverse persone, tra cui esponenti della ‘ndrangheta. La procura distrettuale, preoccupata, delega le indagini ai carabinieri del Ros. I militari cominciano un monitoraggio attento e silenzioso: fatto di intercettazioni ambientali e di riprese video. Viene fuori quell’idea di ricostruire il vecchio gruppo di cui facevano parte Schiavi e Abaco. Ma senza Schiavi e Abaco, diventati collaboratori di giustizia. I carabinieri iniziano a tenere sotto controllo diverse persone. L’attenzione è massima. Ma le indagini non sono semplici anche perché gli indagati utilizzano sofisticati strumenti elettronici come rilevatori e disturbatori di frequenza per ostacolare eventuali indagini tecniche di polizia, e sono molto accorti nel comunicare: cambiano spesso cellulari e numeri telefonici. Nonostante queste accortezze i carabinieri sono più abili. Riescono a monitorare ogni movimento del presunto sodalizio.
Ed è così che le indagini portano a Davide Storlazzi e ad un residence dove il giovane (finito in manette il 26 marzo dello scorso anno, trovato in auto con diversamente sostanza stupefacente) aveva un arsenale: 5 pistole e varie munizioni. In base alle indagini dei carabinieri quelle armi, proprio la sera prima dell’arresto di Storlazzi, vengono prese da alcuni dei componenti il sodalizio (ripresi a loro insaputa in un video dei militari) con cui vanno davanti ad una sala scommesse, la Gold bet di Porto Recanati, perché c’era stato un diverbio con i gestori. Questo sempre secondo la ricostruzione dei carabinieri. In un video si sente uno degli indagati dire: “Dico al buttafuori di cacciarli fuori e gli sparo”. I militari si attivano immediatamente e quella notte fanno passare diverse pattuglie davanti al locale e non accadde nulla. Ma, sempre secondo le indagini, a distanza di pochi giorni il sodalizio avrebbe appiccato un incendio al locale (a fuoco erano andati alcuni tappetini e l’insegna). Dalle indagini emergono anche episodi di estorsione. Tre di queste (due di loro perché non avevano pagato lo stupefacente) sarebbero stati portati in una concessionaria di Porto Recanati, formalmente di proprietà di Storlazzi, ma secondo gli inquirenti gestita da Petrolati e Perricciolo, e lì picchiati. Ci sarebbero poi episodi di furti su commissione (degli oggetti più disparati, dalla bici al pianoforte), di ricettazione, di rapine a danno di spacciatori di droga. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno recuperato e sequestrato circa 30 chili di cocaina ed hashish, oltre a 35mila euro in contanti, ritenuti provento dell’attività di spaccio. Per quanto riguarda la droga il presunto sodalizio aveva un canale di approvvigionamento a Milano, gestito da due albanesi, (uno di loro è stato arrestato, l’altro è ricercato al’estero). In tutto sono 31 gli indagati, a vario titolo, e 12 le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite oggi, in una operazione a cui ha collaborato anche la procura di Macerata con l’appuntato dei carabinieri della Pg Maurizio Iannone. In manette sono finiti, oltre a Petrolati, Perricciolo, Calvari e Maenza, anche il 33enne Mauro Darian Ballarini, di origini argentine, Daniele Cocchi, di Frascati, 48 anni, Antonio Corleto, di Torino, 49 anni, Giovanni Cristalli, 30, di San Giovanni Rotondo, Ahmed Hidri, 33, tunisino, residente a Tolentino (ritenuto il fornitore dell’hashish), Davide Storlazzi, 27, Bernardo Pietrinferni, 44, di Teramo e Marku Santu, 26, albanese (catturato a Milano). E’ invece ricercato Gjergi Margjini, 28, albanese.
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Un plauso alle forze dell’ordine per la professionalità messa in campo.
Magnifica operazione. Peccato che, leggendo il curriculum degli arrestati (i cui reati arrivano all’omicidio e sconfinano spesso nel tentato omicidio), anche stavolta c’è da aspettarsi di ritrovarseli presto in giro.