di Walter Cortella
Tutto comincia nel buio più totale con la scena assolutamente vuota. In proscenio solo cinque scudi allineati e scintillanti, come quelli usati dai pupi nel loro teatro. Nella fioca penombra si intravvedono sul fondo solo sagome vestite di nero che si muovono lentamente. Se ne percepiscono appena i contorni. Aguzzando la vista, si può notare che una decina di figure avanza in maniera impercettibile. Per alcuni minuti marciano su e giù per il palcoscenico. Sono i vivi e i morti mescolati insieme, quasi a dire che questi dopo il trapasso continuano a state in mezzo a quelli. I nostri cari defunti sono sempre accanto a noi, non ci lasciano mai. Intanto, mentre la musica di Paul Cantelonva, dal gruppo informe esce una figura femminile che si muove a passo di danza. È Maria (Alessandra Fazzino), la prima di sette figlie, Le sorelle Macaluso, protagoniste dell’omonimo dramma scritto e diretto da Emma Dante, con il quale si è conclusa la stagione di prosa del Lauro Rossi di Macerata. Fin da piccola Maria aveva la danza nel sangue ma, a causa delle ristrettezze economiche in cui viveva la famiglia, aveva dovuto mettere da parte per sempre il suo sogno e dedicarsi alla cura delle sorelline più piccole dopo la morte della mamma. Pian piano, anche le altre figure diventano più nitide mentre guadagnano il proscenio. Sfilano come in processione dietro un crocefisso, per il funerale della primogenita Maria e così facendo riportano in vita, attraverso il racconto, il loro passato familiare costellato di perdite, rappresentate dai cinque scudi metallici e altrettanti pugnali che evocano le battaglie dei pupi, metafora di quelle che si combattono ogni giorno per la sopravvivenza. Lentamente cominciano a togliersi gli abiti neri,fino a restare in sottane colorate e poi in costume da bagno intero. Tornano indietro nel tempo. Canticchiano ripetutamente alcuni passi di ‘U pisci spada, la toccante poesia in musica di Domenico Modugno. È la storia di una femmina di pescespada che, catturata durante una mattanza, invita il suo maschio a fuggire, a salvarsi ma inutilmente,perché lui si lascia di propositocatturare. Non potrebbe più vivere senza la sua amata. Potenza dell’amore!
Intanto l’orologio del tempo continua la sua corsa a ritroso, fino al giorno in cui le sette sorelle videro per la prima volta il mare. Ridendo e scherzando tra loro, rievocano in un’atmosfera di grande ilarità la pantagruelica scorpacciata di pasta al forno sulla spiaggia, il rosso cocomero dimenticato sulla strada, il primo bagno ed altri momenti festosi di quella inebriante e maledetta esperienza. Sì, maledetta, perché giocando a chi rimaneva più a lungo sott’acqua, una di loro, Katia (Leonarda Saffi), strinse oltre il dovutoil naso della sorellina Antonella (Elena Borgognoni), provocandone senza volerlo la morte. E il padre, in uno slancio di grande amore, se ne accollerà la responsabilità per non aver saputo controllarle a dovere. È la prima tragedia che colpisce la famiglia Macaluso e non sarà l’ultima. Morirà presto anche la mamma (Stephanie Taillandier) lasciando le figlie ancora in tenera età sole con il padre(Sandro Maria Campagna) che per molti anni continuerà ad arrabattarsi tra mille umili mestieri per portare avanti con dignità la famiglia. Purtroppo anch’egli finirà prematuramente i suoi giorni, da solo, sulla strada. I due, innamoratissimi l’uno dell’altro, adoravano il ballo. Continueranno a volteggiare a suon di musica e a fare l’amore in lunghissimi abbracci e reiterati girotondi, in un angolo semibuio della scena, come eterei fantasmi.Qui la Dante indulge al romanticismo, mentre qualche spettatore tira fuori discretamente il fazzoletto. Intanto, anche la figlia più grande, Maria la ballerina, muore. Ma la catena di decessi sembra inarrestabile. C’è ancora un’altra giovane vittima nella disgraziata saga dei Macaluso, è Davidù (Davide Celona), figlio di Gina (Italia Carroccio).
È un giovane e promettente calciatore, che veste con orgoglio la maglia azzurra del Napoli col numero 10 che fu del grande Maradona. Il ragazzo muore sul campo di calcio per un attacco di cuore. Non è riuscito a «scartare» la morte, ma sulla scena ripeterà ancora i funambolici e ormai inutili dribbling del suo intramontabile idolo. Adesso le sorelle indossano di nuovo i loro abiti neri, mentre dal gruppo si stacca Maria che accenna ancora qualche passo di danza e ancora su musiche di Paul Cantelon. Finalmente libera da quelle difficoltà economiche che l’avevano costretta da bambina a rinunciare, può finalmente danzare, leggera come una piuma. Incoraggiata e incitata da Cetty (Marcella Colaianni) e Pinuccia (Daniela Macaluso), si spoglia sino a rimanere nuda, ma quando indossa il tutù bianco sembra proprio una bambolina di porcellana che piroetta sopra il coperchio di un carillon. Il Lauro Rossi ha registrato in due serate il tutto esaurito. In lunghi anni di lavoro, costellati da innumerevoli riconoscimenti, la regista siciliana ha conquistato ormai saldamente il suo pubblico. Tratta sempre storie che affondano le radici nella cultura popolare, storie vere a tinte forti, non mette mai in scena storie inventate, non appartengono al suo universo. Osserva il mondo circostante e lo ripropone allo spettatore senza orpelli. Non ha bisogno di scenografia né di particolari giochi di luci e usa un linguaggio asciutto, scarno, duro, talvolta anche truculento, quello della sua terra. Il suo realismo non conosce limiti. E ogni suo nuovo lavoro diventa per gli spettatori un evento da non perdere. Anche questa volta l’aspettativa non è andata delusa. Il pubblico ha applaudito a lungo i bravi interpreti di questa pièce di grande qualità.
(Foto di Carmine Maringola)
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