di Laura Boccanera
(Foto di Guido Picchio)
Il diavolo forse non vestirà più Prada, ma il Made in Italy va salvato nonostante il 2014 sia stato un anno da dimenticare per i calzaturieri del distretto maceratese fermano. Numeri non incoraggianti, anche se la lavorazione e la qualità della produzione italiana rimane un asset da giocarsi sul mercato internazionale e su internet. Questo in sostanza il messaggio che Renato Mannheimer ha voluto dare ai calzaturieri riuniti in occasione della tradizionale conviviale di fine anno organizzata da Confindustria. Il sociologo ha illustrato i risultati dell’indagine condotta da Ispo, volta a comprendere il “sentiment” di consumatori e buyer verso il Made in Italy. Una luce nel tunnel dell’andamento poco incoraggiante del mercato dal momento che il risultato del sondaggio mostra come il made In Italy sia amato moltissimo sia in Italia che all’estero e i consumatori ne riconoscono il valore in termini di qualità, anche se poi non tutti sanno come si fa a riconoscerla.
Lo studio mostra anche come ormai l’online costituisca un mercato rilevante: il 56% dei consumatori ha acquistato almeno una volta online e tra le aziende che hanno chiuso l’80% non aveva un sito internet: “La Rete ha cambiato tutto – spiega Mannheimer – non è solo una svolta tecnologica, è culturale, oggi non si compra nulla se prima non si dà un’occhiata su internet. E il prezzo delle calzature Made in Italy è considerato congruo dalla maggior parte dei consumatori e buyer, mi meraviglio moltissimo però che la sfida del prezzo, con i negozianti cinesi sia giunta anche qui. Mai mi sarei aspettato in piazza un negozio di scarpe cinesi. La scarsa tutela e la contraffazione affossano il Made in”.
E se lo studioso ha indicato una strada, la crudezza dei numeri offre uno spaccato di grandi difficoltà. I consumi interni non presentano miglioramento e nel Far east dove le quantità esportate sono aumentate nell’ultimo quinquennio del 57%, nei primi 7 mesi del 2014 la crescita si è interrotta pur con un +9.1%. In totale fuori dai confini nazionali sono state vendute 137,4 milioni di paia di scarpe, 246mila paia in più rispetto a gennaio-luglio 2013. Un risultato tutt’altro che brillante, inferiore del 7,3% rispetto al 2008. Il segmento messo peggio è quello delle calzature da passeggio (scese del 4.4% in quantità) soprattutto quelle destinate alla clientela femminile (-6,7%) +3,1% invece per scarponcini e stivali e +3,8% per i sandali. Le scarpe sportive registrano un -11,5%. L’unico segmento con segni positivi è la calzatura per bambino e ragazzo dove in termini nominali si registra un +18%. Flette la scarpa da uomo. Per quanto riguarda la disposizione geografica dell’export sulle quantità numeri negativi si registrano nei Paesi Bassi (-10.4%), Ucraina (-26%), Russia (-17,4%) e Giappone(-5,6). Nel 2014 nelle Marche sono scomparsi nei primi 9 mesi del 2014 111 calzaturifici al netto del rapporto fra aziende attive e passive per una perdita di posti di lavoro pari a 347 unità.
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Mannheimer è bollito, così come tanti “professori” italioti, bravi solo a difendere la propria poltrona invece che ad esere competenti. Ma ci vuole anche uno come questo qua, che deve le sue fortune a Bruno Vespa, per interpretare le difficoltà che attraversa il paese? E’ chiaro che in periodi di crisi, il fattore prezzo assume più importanza che altri fattori che possono portare all’acquisto di un bene. E la crisi in Italia dura ormai da più di 5 anni, niente di strano che nel frattempo i cinesi, che puntano tutto sul prezzo e sull’imitazione dei beni, abbiano aperto dei negozi. Ma Mannheimer un giretto in Via Paolo Sarpi a Milano se l’è fatto mai? non ha mai visto che ci sono i cinesi che vendono di tutto anche nella capitale della moda italiana? e si stupisce se poi aprono anche un negozio a Civitanova??? ma questo qua mandatelo in pensione che mi sa che è rimasto alle informazioni/nozioni di 20 anni fa!
nessuno ha spiegato a Mannheimer che di solito nei mercati cittadini la genta va per risparmiare qualche soldo cercando prodotti a prezzi popolari. se voleva poteva farsi un giro a casette d ete
“Buyer” che significa? Sono una particolare categoria di compratori?
Qualcuno si è accorto, si, che rispettoa 20 anni fa (quando la roba cinese era ‘monnezza) ora parte della produzone ha la stessa qualità nostra??
Beh, uguale alla nostra non direi, ma comunque è vero, i nostri prodotti non sono gli stessi di 20 anni fa questo è indubbio.