Un po’ provati, stanchi, ma soprattutto preoccupati per il futuro della loro attività. I fratelli Fedele e Vincenzo Amato e il loro marinaio Stefano Diamanti questa mattina hanno fatto ritorno al porto, alla Capitaneria, per rendere la loro testimonianza. Ieri sera, dopo il naufragio ed il salvataggio, sono stati dimessi dall’ospedale (leggi l’articolo). Solo qualche giorno di prognosi per curare gli acciacchi del corpo, probabilmente molto di più servirà per cancellare dagli occhi l’immagine di Nika che sprofonda nell’Adriatico e il senso di terrore e di impotenza. Sull’incidente la procura di Macerata ha aperto un fascicolo e ha chiesto alla Capitaneria di porto di Civitanova una informativa per capire se vi siano ipotesi di reato. L’incidente, comunque, è avvenuto in acque internazionali, e lì la giurisdizione, per fatti legati a imbarcazioni non militari, è dello Stato a cui appartiene la nave che ha causato l’incidente o quello di appartenenza dei responsabili. Per procedere, la procura ha necessità vi sia la denuncia delle parti offese o la richiesta del ministro della Giustizia. Al momento una denuncia non c’è stata. E’ comunque in corso una inchiesta sommaria della Capitaneria, diretta dal comandante Michele Grottoli, e occorreranno 60 giorni per concluderla. Questa mattina sono stati sentiti i testimoni per iniziare a ricostruire la dinamica dell’incidente. E intanto comincia a farsi più preciso il quadro entro cui è maturata la collissione. Parrebbe infatti dalle prime testimonianze rese che la nave cargo battente bandiera maltese, proveniente da Ravenna e diretta in Turchia, non si sia fermata dopo la collisione con Nika. Evenienza che, se confermata, potrebbe portare a due ipotesi di reato: naufragio colposo e omissione di soccorso. Ipotesi che dovranno trovare conferma nelle deposizioni e nei documenti che verranno acquisiti in questi giorni. Intanto la Fides, la nave cargo, è ancora ferma al porto di
Ancona e questa mattina è stato sentito l’equipaggio. A seguire dal punto di vista legale la ditta Fratelli Amato è l’avvocato Giuseppe Micucci: «al momento siamo in attesa che l’inchiesta muova i primi passi – afferma Micucci – sarà acquisita anche la scatola nera della nave. Da quello che abbiamo potuto constatare l’imbarcazione Nika era in pesca con le reti e non poteva fare manovra, inoltre aveva la precedenze e nonostante le segnalazioni l’altra nave ha mantenuto rotta e velocità costante. Non abbiamo ancora neanche quantificato il danno economico che è quello dell’imbarcazione colata a picco a cui si somma la perdita per il mancato lavoro nel periodo di fermo, parliamo comunque di centinaia di migliaia di euro». Nel frattempo la marineria non ha fatto mancare solidarietà e appoggio alla famiglia Amato e si dice pronta ad iniziativa di vicinanza e sostegno.
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la nika non poteva avere la precedenza se ha intralciato la rotta di navigazione del cargo perché i pescherecci non possono interferire sulle rotte predefinite delle linee cargo e passeggeri, oltretutto segnate sulle carte nautiche aggiornate, e nei navigatori satellitari, un cargo non ha la possibilità di fare zig zag sulla sua rotta ogni volta che trova un peschereccio o una barchetta, casomai sarà il contrario , non si va a buttare le reti sulle rotte predefinite.
se Tony Manero ha ragione come mai la Capitaneria avrebbe tentato, invano, per 3 quarti d’ora, di avvisare la nave cargo, anzichè la nika, di cambiare rotta???
@ Pantos: forse è meglio che Tony Manero parli di John Travolta e non di navigazione marittima…