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Il ritratto di Leopardi
e la scelta poco fedele di Martone

RECANATI - Il regista de "Il giovane favoloso" per aver dipinto i tratti caratteriali del poeta in modo non preciso. l giovane Pierfrancesco, discendente dall’omonimo fratello di Giacomo, la cui figura snella e sottile e lo sguardo pieno di grazia può ben rappresentare oggi il suo famoso antenato

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Donatella Donati

Donatella Donati

di Donatella Donati

Testimonianze sull’aspetto fisico di Leopardi ce ne sono abbastanza da poter tracciare un suo ritratto e da poter percorrere l’arco della sua breve vita studiando i cambiamenti e le deformazioni del suo corpo. Di certo fino all’adolescenza inoltrata aveva caratteristiche assai comuni ai maschi Leopardi e a quanto si sa al padre Monaldo. Fisico esile, magro, altezza modesta, colorito chiaro e fronte alta e spaziosa.
Dalla madre aveva preso gli occhi celesti caratteristici della famiglia Antici che si sono trasmessi anche a molti degli attuali discendenti.
Per il corpo esile, i capelli bruni, il naso importante ma regolare e la dolcezza del viso e dell’incarnato basterebbe fare attenzione ad uno degli ultimi Leopardi il giovane Pierfrancesco, discendente dall’omonimo fratello di Giacomo, la cui figura snella e sottile e lo sguardo pieno di grazia può ben rappresentare oggi il suo famoso antenato.
Giacomo, paragonandosi al fratello Carlo e parlando di lui con amici e confidenti aveva sempre messo in evidenza la loro somiglianza per quanto riguardava il volto ma la diversa complessione del corpo definendo Carlo “fatticcio” rispetto a lui. Pietro Giordani e lo zio Carlo esortavano Giacomo a uscire dal chiuso dello studio e dall’immersione nei libri facendo un po’ di sport, equitazione, ginnastica, nuoto proprio per interrompere all’inizio quel processo di decalcificazione e di scoliosi che avrebbe determinato alla fine le due gibbosità, una sullo sterno, una nel dorso.

Giacomo Leopardi nel ritratto di Domenico Morelli

Giacomo Leopardi nel ritratto di Domenico Morelli

Dopo la morte di Giacomo, Ranieri commissionò il suo ritratto a Domenico Morelli che aveva relativamente ai lineamenti come modello la maschera mortuaria. Per quanto riguarda il busto, aveva indicato le due gibbosità tanto che Morelli con delicatezza gli aprì appena la camicia per far intravedere quella dello sterno. Questo ritratto è forse il più veritiero che sia stato fatto di Giacomo con l’unica eccezione dell’apertura dell’occhio che il Ranieri gli aveva indicato come più larga ma che Morelli non riuscì a modificare secondo le intenzioni dell’amico.
Dunque di statura mediocre, di viso aggraziato e dolce, di colorito pallido, imberbe, di lineamenti regolari, ampia fronte circondata dai capelli sottili e castani, occhi cerulei, questo è il Giacomo alle soglie della morte nel 1837.
Perché dunque trasformarlo in un ridicolo personaggio piegato esattamente a metà come ce lo ha mostrato il regista Martone nel suo pur bellissimo film? Perché ridurlo a un vero sgorbio lasciando nella parte finale del film un’ immagine tragica? Né aiutano a rilevarne la grandezza le esperienze che gli fa fare nei postriboli napoletani e tra la rozza popolazione gaudente.
Leopardi si intendeva di sesso anche se forse non lo aveva praticato, ma questo è il mistero della vita di ogni essere umano per il quale ci vogliono riservatezza e pudore. Nel periodo della sua prima giovinezza a Recanati, la complicità con Carlo lo rendeva ben edotto di quello che significa il sesso a quell’età. Parlavano di ragazze, le cercavano pure con la discrezione e il sotterfugio dei giovani di allora. Quando partì per Roma a 24 anni fu inseguito dalla curiosità del fratello che gli chiedeva notizie e informazioni sulle donne romane con l’invidia di chi non poteva sperimentarle. Giacomo gli risponde che “le donne romane la danno con la stessa difficoltà di quelle recanatesi” alludendo a uno degli scopi principali del rapporto con le ragazze.
Del film di Martone la seconda parte, quella napoletana, è forse la meno indovinata a completare la storia di un giovane favoloso. Sabato 29 novembre al teatro delle Api di Porto Sant’Elpidio durante la cerimonia di assegnazione del premio Volponi ai tre romanzieri finalisti, il conduttore Pavolini intervistando Corrado Stajano cui è stato conferito il premio alla carriera gli ha chiesto il suo giudizio sul film e Stajano ha molto lodato la prima parte considerando invece un po’ “sgangherata” quella relativa a Napoli.
Napoli ha prevalso su Recanati un po’ come è accaduto nella stessa serata a Recanati all’assemblea del Centro nazionale di studi leopardiani, avvenuta in concomitanza, dove sono stati eletti nel cda tre rappresentanti della cultura napoletana, anche questa una conclusione un po’ “sgangherata” della storia del Centro.



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