Il 12 maggio di quarant’anni fa si svolse in Italia il primo referendum della storia repubblicana. Riguardò la legge sul divorzio, approvata tre anni e mezzo prima, da un fronte politico trasversale che andava dalla sinistra alla destra liberale. A promuovere il referendum contro quella legge fu il giurista cattolico Gabrio Lombardi, con il sostegno dell’Azione Cattolica e della Democrazia Cristiana. Per milioni di italiani si trattava di una novità assoluta e gli elettori risposero in massa alla “chiamate alle urne”. Con l’88% di votanti (93% nel maceratese) quella del 1974 è rimasta la consultazione referendaria più partecipata. Nell’infuocata campagna elettorale trovò posto anche una polemica politica sul sistema di voto.
La prima scheda referendaria
Oggi, a distanza di quarant’anni, in cui gli italiani sono stati chiamati a pronunciarsi per ben 66 volte su altrettanti referendum abrogativi, il significato del SI e del No da barrare sulla scheda elettorale è assodato, ma nel 1974 non lo era affatto. Il sistema referendario sulle leggi ordinarie in Italia, infatti, non è propositivo, ma abrogativo. Non si vota cioè a favore di una determinata legge, ma solo a favore, o meno, della sua eventuale abrogazione. Quindi, nel 1974 coloro che erano contrari al divorzio avrebbero dovuto votare SI (indicando con ciò di essere favorevole all’abrogazione della legge) e chi invece la legge sul divorzio voleva mantenerla avrebbe dovuto votare NO. All’epoca per tanti italiani – specie per i più anziani – il solo temine “abrogazione” rappresentava una parola difficile da comprendere e di conseguenza anche il meccanismo del reale significato referendario del SI e del NO.
La celebre vignetta di Forattini
La campagna elettorale assunse subito un forte carattere politico, impresso soprattutto dal Partito Comunista contro la DC, tanto che è rimasta famosa la vignetta con cui il giorno dopo il referendum Forattini commentò a suo modo il successo dei “divorzisti”: una bottiglia di spumante con la scritto NO nell’atto di essere stappata in segno di vittoria e, sul tappo che salta, raffigurata la faccia di Amintore Fanfani, cioè dell’allora segretario della Democrazia Cristiana.
Alla schiacciante vittoria del NO a livello nazionale (59,1%) fecero eccezioni solo le regioni del sud (non le isole) il Veneto e il Trentino Alto Adige. Nel restante territorio italiano, tra le poche aree geografiche del centro nord dove prevalsero i SI (contrari al divorzio) ci fu anche la provincia di Macerata. Nel maceratese il fronte del SI (93.405 voti, pari al 50,6%) vinse con poco più di duemila voti di scarto. Il SI s’impose in 45 Comuni su 57. Tra i centri più grandi, gli antidivorzisti ottennero le percentuali maggiori a Cingoli (62,1%), Treia (58%) e Corridonia (56,8%). Anche a Recanati (51,3%) e San Severino (51,2%) prevalsero i SI. A Macerata, dove le percentuali furono in linea con la media provinciale, lo scarto a favore degli antidivorzisti fu appena di 381 voti (14.391 SI e 14.010 NO). Il fronte del NO ottenne vittorie schiaccianti a Civitanova (62,7%), Tolentino (61,2), Matelica (61,0) e in altri dieci Comuni: Potenza Picena, Camerino, Porto Recanati, Esanatoglia, Pioraco, Muccia, Appignano, Caldarola, Belforte del Chienti e Serrapetrona.
La vittoria del SI a livello maceratese e quella del No a livello nazionale, diedero localmente soddisfazione ad entrambi i fronti. Ciò mise ben presto fine a Macerata al dibattito politico, che sul referendum era stato alquanto acceso tra la Dc di Rodolfo Tambroni e il Pci di Domenico Valori. Dibattito nel quale si era inserita anche una polemica tutta interna al mondo cattolico, poiché il costituito movimento “Cristiani per il socialismo”, con esponente di punta Pio Pennacchietti, invitava i cattolici a votare per il “NO”. Già due giorni dopo il referendum le cronache dei quotidiani locali non parlavano più del referendum e l’argomento che stava prendendo piede era di carattere sportivo.
A fine maggio, infatti, Macerata avrebbe ospitato il traguardo di una tappa del 57° Giro d’Italia. Anche sul fronte nazionale, la forte affermazione del NO non provocò scossoni politici e gli stessi partiti di centrosinistra, che per il referendum sul divorzio si erano trovati alleati del Pci (Psi, Pri, Psdi), si affrettarono a rilanciare l’alleanza di Governo con la Dc. Del resto, più che il divorzio, anche nel 1974 i veri problemi degli italiani erano di carattere economico, con l’inflazione che galoppava. Eloquente, al riguardo, la vignetta di Fremura pubblicata il 15 maggio su Il Resto del Carlino, che qui riproduciamo insieme ad altre foto tratte dallo stesso quotidiano e dal catalogo del Sistema bibliotecario dell’Università di Macerata.
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