La clessidra sussurra alla zampa del leone,
giorno e notte le torri dell’orologio dicono
ai giardini qual numero d’errori il Tempo tolleri,
quale sbaglio commettano essendo sempre giusti.
Ma per quanto sonori i suoi rintocchi o fondi,
per quanto corra il suo fiotto precipite,
il Tempo mai distolse il leone dal suo salto
o alla rosa incrinò la sicurezza.
Perché, a quanto pare, essi vogliono solo il successo,
mentre noi per il suono scegliamo le parole
e giudichiamo dalla difficoltà un problema:
e il Tempo è sempre stato popolare tra noi.
Quando non preferimmo qualche deviazione
A una strada che portasse diritto dove siamo?
W. H. Auden, “Un altro tempo”, (Adelphi, Milano, 1997)
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