“Da una finestra”. Pietro Zampetti: la passione esclusiva

Le Marche scomparse, in filigrana nel ritratto del grande storico e critico dell'arte anconetano. Questo il cuore del nuovo corsivo firmato da Francesco Scarabicchi

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SCARABICCHI

Francesco Scarabicchi

di Francesco Scarabicchi
“Ancona con la prima e la seconda guerra mondiale vide disastri immani, vide il proprio volto mutato, antichi monumenti scomparsi, chiese distrutte, l’aspetto dei suoi rioni storici alterato per sempre. […] La città riprendeva a guardarsi attorno, a riconoscersi: quei quadri disposti con estrema semplicità negli spazi di una sede, che è il simbolo delle sue vicende storiche, ebbero il merito di sollevare gli animi, di proporre un modo anche diverso di vivere, dopo anni e anni di violenze inaudite, di tragedie, di macerie e di morte. […] San Ciriaco con le ferite ancora aperte, Santa Maria della Piazza chiusa da staccionate ed inavvicinabile, la chiesa di San Pietro cancellata dal suolo: e con essa quella della Misericordia, di San Primiano, di Sant’Anna dei Greci, ed altre ancora. Anche palazzi, vie e piazze erano spariti, così come le ripide stradine e le scalinate che del Guasco conducevano al porto. Si camminava tra gli scheletri di edifizi poi abbattuti, su sentieri che sormontavano le macerie. S’ergeva invece, mole quasi insospettata, la facciata a mare del Palazzo degli Anziani che, ‘liberato’ dalla incombente chiesa di Santa Maria della Misericordia con la sua bella cupola coperta da pietre di ‘azulejo’ rivelava finalmente il suo prospetto altissimo, ritmato dalle belle finestre romaniche a sesto ribassato, e sostenuto dagli archi gotici in pietra d’Istria.” Autore di questo brano è Pietro Zampetti nell’introduzione a Lorenzo Lotto nelle Marche. Il suo tempo, il suo influsso (luglio 1981), ricordando, fra l’altro, la mostra del ’50 a Palazzo degli Anziani – Pittura Veneta nelle Marche – che egli curò e che precederà di soli tre anni quella fondamentale di Venezia – sempre a lui dovuta – allestita a Palazzo Ducale e integralmente dedicata a Lorenzo Lotto. L’Ancona di cui ci parla nei passi citati (e nella quale era nato nel 1913, spegnendosi a Treviso nel 2011) non esiste più: né quella cancellata dai disastri della guerra, né quella che la guerra ci ha lasciato in eredità. Il paesaggio che egli poteva osservare, andandosene a Treviso nel dicembre 2001, era assai diverso, nel bene come nel male, tolte le macerie, recuperata gran parte di ciò che alle incursioni e agli insulti della storia è sopravvissuto, salvata la bellezza residua, cresciuto il cemento e gli inserti che, verso il cavalcavia che porta alla stazione, spezzano sguardo e umore e incombono su chi passa nella luce zebrata del primo pomeriggio. Zampetti lasciava un’Ancona e una regione, le Marche, che gli dovevano e devono (oltre alla vastità della sua ricerca e della sua opera di storico e critico) l’etica di un’educazione silenziosa e lunga al senso di una passione esclusiva per l’incessante domanda sulla vita attraverso la pittura, le forme, gli stili, gli autori, le epoche, le città, gli eventi. Un interrogatorio senza requie che, volta per volta, ha assunto, su tutte, l’identità di Lotto e poi di Giorgione, Carpaccio, Crivelli, Bellini, Gentile da Fabriano, nelle trame complesse di un’esistenza davvero intensa che la sua figura portava come dono e destino, nella cadenza del bastone che ritmava il passo salendo o scendendo il Viale della Vittoria, qualunque fosse la stagione, nella vivida luce degli occhi.

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Pietro Zampetti



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